Adorazione dei Magi. Adorazione dei Magi

dipinto 1505 - 1508

Il dipinto raffigura la Madonna con in braccio il bambino nell'atto di ricevere i doni dai re Magi. Sullo sfondo a destra si apre un paesaggio campestre nel quale si riconoscono due cervi

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tavola/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Francesco Di Simone Da Santacroce (1470-1475/ 1508)
  • LOCALIZZAZIONE Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Nella vecchia scheda di catalogo del Museo, il dipinto era identificato con un’opera attribuita a Vincenzo Catena facente parte della pinacoteca di Giovanni Albarelli nel 1815, descritta e riprodotta graficamente in un manoscritto di Paolo Caliari (1815). In realtà, la composizione illustrata in quel contesto, una «pittura ove si veggono poco più che le teste», non corrisponde precisamente al soggetto del dipinto pervenuto al Museo dalla collezione Bernasconi, dal quale diverge nella posa della figura del moro Baldassarre all’estrema destra e nello sfondo completamente privo di paesaggio. Trattandosi di un soggetto derivato da un prototipo mantegnesco di cui sono note parecchie riprese cinquecentesche, va quindi preso atto che la versione appartenuta a Giovanni Albarelli non è la stessa giunta a Bernasconi prima del 1851, ritenuta inizialmente proprio opera di Catena. L'attribuzione del dipinto di Castelvecchio fu poi corretta da Carlo Ferrari (1871) che, avvicinando l'opera all'ambito belliniano, si pronunciava a favore di Francesco Bissolo (comunicazione di Adolfo Venturi al Museo, 18 ottobre 1903). In seguito, con l'intuizione di Giuseppe Frizzoni fu possibile ascrivere il dipinto alla bottega dei Santacroce e venne proposto prima il nome di Francesco Rizzo da Santacroce (Frizzoni 1904), attribuzione poi ridefinita a favore della bottega di Francesco di Simone da Santacroce, maestro di Rizzo (Della Chiesa 1975), ma in seguito restituita pienamente a quest’ultimo (Tempestini 2001; lo studioso si è tuttavia espresso a favore di Francesco di Simone in una comunicazione orale a Francesca Rossi, 2003). Si tratta di una composizione derivata da un dipinto dell’età matura di Andrea Mantegna (Los Angeles, The J. Paul Getty Museum, inv. 85.PA.417, tela, cm 54,6 x 70,7), di cui è effettivamente nota la filiazione di copie e varianti nell’ambito della bottega di Francesco di Simone. Le caratteristiche stilistiche e la tenuta qualitativa di questa versione vanno proprio nella direzione del caposcuola, che del giovane Rizzo fu maestro fino a poco prima di morire, nel 1508, iniziandolo agli esempi mantegneschi conosciuti a Venezia all’inizio del secolo. L’atmosfera di intima fusione naturalistica tra il gruppo dell’"Adorazione" e il paesaggio, la morbidezza dei contorni e del modellato delle figure, la densità della materia pittorica non denotano un intervento autonomo di Rizzo, che di suo tenderebbe piuttosto a indurire le fisionomie dei personaggi, come nel dipinto già in collezione Spiridon a Parigi (Tempestini 2001, p. 44, fig. 3), quando non a ingigantire e comprimere le mezze figure in primissimo piano riducendo le aperture sugli sfondi (si veda, per esempio, lo "Sposalizio mistico di santa Caterina a Castelvecchio inv. 5181-1B337). Risulta, inoltre, valido il confronto con una versione firmata da Francesco di Simone molto vicina al dipinto veronese e leggermente differenziata nello scenario paesaggistico, già a Berlino (Kaiser Friedrich Museum, inv. 22; Fiocco 1916, pp. 181-182, fig. 4) che, tuttavia, è andata distrutta nel 1945 ed è quindi confrontabile soltanto da vecchie fotografie (Heinemann 1962, I, p. 151, S.412, fig. 629). Ma il modello della figura della Madonna e il trattamento pittorico del soggetto sono simili pure nella "Madonna con il bambino, san Giovannino, santa Caterina d’Alessandria e un donatore" conservata ad Aachen, Suermondt Museum, un’opera sicura della produzione tarda di Francesco di Simone (inv. 456; Tempestini 1999, p. 963, fig. 1064). Il prototipo di Mantegna fu eseguito tra il 1497 e il 1500 e tutti questi dipinti si collocano certamente nella fase estrema della produzione di Francesco di Simone, con ogni probabilità tra il 1505 e il 1508, quando il giovane Rizzo era già all’interno della bottega. Secondo Francesca Rossi (2010, pp. 210-211) sarebbe, quindi, del tutto naturale che l’allievo abbia potuto contribuire alla redazione dei vari esemplari, a maggior ragione trattandosi della produzione di soggetti replicati in serie con minime varianti compositive, ma voler distinguere un suo intervento nel dipinto veronese sarebbe un’operazione puramente congetturale. Con ciò, l'educazione a una radicale imitazione dell'arte di Giovanni Bellini coltivata da Francesco di Simone si riflette nella traduzione piuttosto ingenua del modello di Mantegna, declinato al senso del colore e della natura del grande maestro veneziano e a un'interpretazione della scena biblica addolcita e priva di tensione espressiva. Al fondale nero unito, che nel prototipo aveva la funzione di isolare le figure in un'atmosfera di assoluta astrazione metafisica, fu preferito un delicato paesaggio collinare con cittadella cinta da mura in lontananza. La ricercatezza del dettaglio naturalistico su subito riconosciuta come nota dominante del soggetto, intitolato "Epifania del cervo accosciato" per la presenza dell'animale che riposa indisturbato dietro la testa di Baldassarre. (da Francesca Rossi 2010, pp. 210-211)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717873
  • NUMERO D'INVENTARIO 1264
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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