Cristo e l'adultera. Cristo e l'adultera
La tela raffigura la pericope dell’adultera, episodio narrato nel Vangelo di Giovanni (8, 1-11). Nove personaggi si dispongono attorno alla figura centrale di Cristo, ritratto in posa benedicente. A sinistra, gli scribi e i farisei, riconoscibili grazie alle iscrizioni sui copricapi e alla sfarzosa ricchezza delle vesti che allude all’avidità del popolo ebraico, si rivolgono a Cristo. In basso a sinistra, l’anziano ministro è colto nell’atto di enumerare, contando sulle dita, i peccati della donna accusata. A destra, l’adultera si porta una mano sul petto e confessa il tradimento, mentre alle sue spalle si riconosce il marito che cerca lo guardo dello spettatore. In secondo piano, altri personaggi assistono alla scena. L’episodio è ambientato sotto il portico di un tempio con colonne corinzie a sinistra, mentre sul lato opposto si intravede un cielo cosparso di nuvole
- OGGETTO dipinto
-
MATERIA E TECNICA
tela/ pittura a olio
-
ATTRIBUZIONI
Marconi Rocco (scuola)
- LOCALIZZAZIONE Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle
- NOTIZIE STORICO CRITICHE La tela proviene dalla collezione di Antonio Pompei ed entrò a far parte delle raccolte di Castelvecchio nel 1892 come opera riconducibile alla mano di Bonifacio Veronese. Questa prima attribuzione non è stata presa in considerazione dalla critica successiva e, se si eccettuano due pareri orali di Modigliani (18 settembre 1905) e Paoletti (13 novembre 1906), il dipinto venne identificato quale mediocre creazione spettante ad un seguace di Rocco Marconi nella scheda manoscritta del Museo. Tale proposta è stata confermata da Enrico Maria Dal Pozzolo (2010, pp. 219-220), il quale ha ricondotto il nostro dipinto all’interno di un corpus di opere imputabili ad un anonimo seguace di Marconi, pittore di origine bergamasca segnalato a Venezia dal 1504 al 1529, anno della sua morte. Caratterizzate da modi ‘capricciosi’ e da una forma mentis piuttosto artigianale, le sue realizzazioni ripropongono quelle di maggior successo commerciale di Rocco: alcuni "Cristo a mezza figura" derivano dai prototipi del maestro al Museo Civico di Padova e nella chiesa di San Trovaso a Venezia, mentre dalle affollate scene in cui Gesù è visto ora con l’adultera e ora tra Marta e Maria dipendono varie sue prove. La tela di Castelvecchio richiama alla mente una serie di dipinti raffiguranti il medesimo soggetto iconografico, raccolta da De Vecchi (1976, pp. 348-354) e riordinata e ampliata da Dal Pozzolo (1997, pp. 14-15). Quest’ultimo segnalava la prossimità del lavoro veronese con un’“Adultera” quasi identica, già sul mercato antiquario genovese (si veda in Dal Pozzolo 1997, p. 20; poi in asta presso Rubinacci, Genova, 6-7 aprile 2000, lotto 410) e ad un’altra apparsa a un’asta londinese di Sotheby’s (Olympia, 9 dicembre 2003, n. 369, come di un seguace di Rocco Marconi). Di dimensioni similissime (118 x 170,6 cm), quest’ultima si differenzia solo per l’inserimento alle spalle di Gesù sulla destra di un vecchio inforcante gli occhiali, probabile espediente iconografico per alludere alla cecità del popolo ebraico, incapace di riconoscere il Cristo. A questi confronti, Marco Mattedi (2019, p. 356) segnalava un ulteriore esemplare apparso ad un’asta italiana di Sotheby’s (Milano, 16 novembre 2010, lotto 15, cm 124,5 x 170,5). Dal Pozzolo (2010, pp. 219-220) sosteneva l’ipotesi secondo cui, alla base di tali redazioni, stia un perduto archetipo di Marconi, non però identificabile nell’esemplare firmato a Budapest, che sembrerebbe pure eseguito dall’anonimo seguace. Secondo lo studioso, infatti, si potrebbe supporre che alla morte di Rocco, quest’ultimo possa aver rilevato la conduzione della bottega, portando a compimento le opere lasciate interrotte, come appare desumibile dal suo intervento in un esemplare di evidente eterogeneità esecutiva quale è l’"Adultera" delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, dove al maestro spetterebbero le figure del Cristo e forse della donna, mentre all’anonimo i personaggi di contorno. Sulla base dei dati stilistici che attestano la vicinanza al clima manieristico lagunare tipico del quarto e quinto decennio del secolo, con caratteri che rinviano alla conoscenza dei prodotti del giovane Tintoretto e di Paris Bordon, Dal Pozzolo collocava la tela veronese non prima degli anni quaranta del Cinquecento. Più recentemente, invece, Mattedi ha proposto di riconoscere proprio nell’“Adultera” ungherese, che egli ascrive alla tarda attività artistica di Rocco (inv. 54.17, cm 111 x 167) «il prototipo ispiratore per l’ignoto artefice della tela di Castelvecchio la cui attività sarebbe opportuno inquadrare nell’ambiente di bottega che perpetuò nel secondo quarto del Cinquecento la poetica del maestro» (2019, p. 356). Le due opere condividono, infatti, una pressoché identica disposizione dei personaggi principali, nonché la definizione delle architetture sullo sfondo. Minime discrepanze sarebbero da attribuire, secondo Mattedi, al desidero da parte dell’autore di conferire qualche elemento di originalità alla sua diligente, ma impersonale, versione del modello concepito dal caposcuola. (da Enrico Maria Dal Pozzolo 2010, pp. 219-220)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
-
CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717863
- NUMERO D'INVENTARIO 13841
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
- ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0