Madonna con il bambino. Madonna con il bambino

dipinto ca 1480 - ca 1485

Ambientata in uno spazio definito dallo stacco dell’alto parapetto, oltre il quale si apre un paesaggio montano, la scena vede la Madonna giocare porgendo al figlio un garofano. Il bambino, disteso e avvolto in un drappo, allunga la mano per afferrare il fiore

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tavola/ pittura a tempera
  • ATTRIBUZIONI Montagna Bartolomeo (1449 Ca./ 1523)
  • LOCALIZZAZIONE Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La scheda manoscritta del dipinto suggerisce una sua provenienza dalla collezione di Giulio Pompei, anche se esso non è riconoscibile nell’inventario redatto da Carlo Ferrari e Lorenzo Muttoni nel 1853, dopo la morte del proprietario. Riferito a Bartolomeo Montagna prima da Riccardo Lotze (comunicazione al Museo del primo giugno 1904, nella scheda del dipinto) poi da Cavenaghi (comunicazione del 12 agosto 1904), la tavola fu ricondotta all’ambito veronese da Kristeller, che suggerì dubitativamente il nome di Domenico Morone (comunicazione del giugno 1907). L’attribuzione al caposcuola vicentino, definitivamente confermata da Borenius (1909), fu poi condivisa dall’unanimità della critica. Ad eccezione di Foratti (1908), che propone una datazione al 1504-1506, riconducendo la tavola al periodo dell’attività veronese di Montagna nella chiesa dei Santi Nazaro e Celso, la critica è concorde nell’assegnare il dipinto all'attività giovanile del maestro. Più specificatamente Borenius (1909) lo collocava intorno al 1481, data d’esecuzione dell’affresco di Magrè di Schio oggi a Londra. Venturi (1915) propose l’accostamento alla grande pala dipinta da Montagna per l’altare maggiore di San Bartolomeo, oggi al Museo di Vicenza, la cui datazione è andata attestandosi al 1485 (Barbieri 1962, pp. 153-161). Puppi (1962), infine, nel sottolineare i riflessi antonelleschi della tavoletta, avvicinava la "Madonna con il bambino" di Verona a quella di Filadelfia e al frammento d’affresco oggi a Londra, fissando l’esecuzione intorno al 1480-1481, nel momento di massima attenzione di Montagna alla pittura di Giovanni Bellini. Destinato alla devozione privata, il dipinto rappresenta una delle invenzioni più poetiche sul tema di forte suggestione belliniana che Montagna abbia dipinto. Ambientata in uno spazio definito dallo stacco dell’alto parapetto, oltre il quale si apre un luminoso paesaggio montano di straordinaria profondità, la scena è pervasa da toni quotidiani di forte umanità. La madre assorta gioca porgendo al figlio un garofano, allusivo alla Passione di Cristo. La figura del bambino, che allunga con naturalezza la mano per afferrare il fiore, è distesa e avvolta in un drappo dalle rigide pieghe accartocciate; essa ricalca quella che compare nella giovanile tavoletta raffigurante la "Madonna adorante il bambino" del Museo di Vicenza (inv. A 6). Il gesto elegante della mano che tiene il garofano tra le dita compare identico nella figura della Vergine nella citata pala di San Bartolomeo. Secondo Chiara Rigoni (2010, pp. 251-252), questo confronto sosterrebbe l'ipotesi, già suggerita da Venturi, di una datazione intorno al 1485, nel cuore del «decennio solare di Montagna» (Barbieri 1962, p. 157). Più recentemente, invece, Mauro Lucco (2014, pp. 295-296) ha riconosciuto nel vasto paesaggio montuoso alle spalle della Vergine un omaggio belliniano, in riferimento a opere come la "Madonna Davis" e quella "Lehman" al Metropolitan Museum. In relazione al modo di indicare la luce divina sui personaggi, lo studioso segnalava, inoltre, il confronto con la "Madonna Lochis" di Bergamo, datata attorno al 1475. Con questi riferimenti, uniti all'appoggio cronologico della pala di Worcester a cui la nostra tavola sembra avvicinarsi, Lucco (2014) proponeva una datazione attorno al 1480. La tavola è formata da un'unica asse di pioppo che presenta ancora lo spessore originale di due centimetri circa. La preparazione è costituita da uno strato abbastanza consistente di gesso e colla animale. Le condizioni molto patite della superficie pittorica, che in alcune zone si presenta fortemente impoverita, lasciano comunque intendere l’alta qualità del dipinto e consentono di apprezzarne la raffinata esecuzione. Si osservino le lumeggiature del manto blu soppannato di seta marezzata violetto, e la ricca veste intessuta d’oro impreziosita da un gioiello a castone sullo scollo. Particolarmente consunti paiono gli incarnati pallidi, che sembrano aver perduto quella nitidezza plastica nella definizione delle forme tipica di questa fase di Montagna, ancora apprezzabile nelle vesti. Del tutto incongrua appare infine l’aureola della Vergine, probabile frutto di un vecchio restauro, come documenta una fotografia realizzata in occasione della mostra del 1947. (da Chiara Rigoni 2010, pp. 251-252)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717851
  • NUMERO D'INVENTARIO 1256
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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