Amore e Psiche. Amore e Psiche
dipinto
1490 - 1510
Al di sotto di un loggiato classicheggiante, Psiche si avvicina con una lampada accesa ad Amore dormiente. Ai piedi del letto, si riconosce l'arco con la faretra vuota, mentre una freccia giace vicino a Psiche
- OGGETTO dipinto
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MATERIA E TECNICA
tavola/ pittura a tempera
- AMBITO CULTURALE Ambito Veronese
- LOCALIZZAZIONE Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Per la singolarità del soggetto raffigurato, il dipinto è quasi certamente identificabile con quello descritto nel 1672 nella collezione di Lodovico Moscardo a Verona come «Psiche con Cupido, Architetura, mano del Carotto» (Moscardo 1672, p. 470). Pervenuto al Museo di Castelvecchio nel 1911 con il lascito Bortolo Monga come opera della maniera di Girolamo Mocetto (Vignola 1911, pp. 61-62) e come tale catalogato da Antonio Avena (1914), è stato in seguito riferito dallo stesso Avena (1937, p. 22), sia pure con riserva, all’attività giovanile di Nicola Giolfino. Marina Repetto Contaldo (2010, p. 390), più cautamente, assegnava l’opera ad un anonimo artista veronese, attivo tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo. Tale proposta è stata successivamente accolta da Mattia Vinco che, pur mantenendo un’attribuzione anonima, segnalava l’affinità della tavola con l’arte di Nicola Giolfino, evocata in particolare «nella presenza della loggia con arco a tutto sesto poggiante nella parte anteriore su colonne di porfido decorate con i tipici capitelli in fino bronzo impreziositi da protomi di ariete» (2018, pp. 401-402). Come specificato da Patricia Lurati (2014, pp. 98-99), si tratta di un tema iconografico raffigurato a partire dalla seconda metà del Quattrocento su cassoni o spalliere commissionati in occasione delle nozze. La vicenda qui raffigurata, tratta dalle “Metamorfosi” di Apuleio (V, 22), mostra il momento in cui Psiche si avvicina furtivamente al letto dove giace Amore addormentato, tenendo nella mano destra una lucerna accesa, per scoprirne i tratti del viso. L'episodio è ambientato al di sotto di un'improbabile architettura classicheggiante nascosta tra gli alberi, allusiva alla fastosa reggia del dio, «aedificata non humanis manibus sed divinis artibus» (ibi, V, 1). Appoggiate al letto si scorgono la faretra e l’arco appartenenti al dio dell’amore e, poco più avanti, la freccia che raccolta da Psiche la farà innamorare. La giovane abbigliata secondo i dettami della moda corrente è ritratta nell’istante che precede il risveglio del dio causato dalla goccia d’olio bollente che lo indurrà a fuggire provocando le sofferenze dell’innamorata. Dopo questo evento, infatti, ebbero inizio i tormenti e le prove inflitti da Venere alla giovane per conquistare il perdono ed essere ammessa all’Olimpo, dove, una volta trasformata in creatura celeste immortale, ella sposò Amore. Realizzata forse anche sotto l’influenza degli affreschi di Falconetto nella chiesa dei Santi Nazaro e Celso e nella cattedrale (Repetto Contaldo 2010), la tavola di Castelvecchio costituisce la prima testimonianza veronese dell’interesse per la favola di Amore e Psiche, diffusa in quegli anni dalle edizioni delle opere di Apuleio stampate a Vicenza (1488), a Venezia (1493) e a Bologna (1500). (da Marina Repetto Contaldo 2010, p. 390)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717797
- NUMERO D'INVENTARIO 5559
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
- ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0