Salomè. Salome

dipinto ca 1530 - ca 1530

Il dipinto ritrae Salomè a mezza figura, in abiti cinquecenteschi, con il capo inclinato verso sinistra, che regge il vassoio di metallo sul quale giace la testa del Battista ritratta di profilo. Ai lati, un uomo e una donna

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tavola/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Piazza Callisto (1500 Ca./ 1561)
  • LOCALIZZAZIONE Museo di Castelvecchio
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La tavola proviene dalla collezione di Francesco Caldana (Ferrari 1871) e venne acquistata da Cesare Bernasconi prima del 1851. Nel catalogo della collezione Caldana, pubblicato nel 1822 (e in quello redatto subito dopo la morte del proprietario, avvenuta nel 1854), il quadro non è registrato, ma l’indicazione della provenienza non è affatto peregrina, in quanto gli stessi redattori dichiararono che molti dipinti non erano stati indicati perché di autore ignoto. Sulla collocazione antica dell’opera si scontrano ipotesi differenti. Nel catalogo a stampa della collezione Bernasconi redatto da Aleardo Aleardi e dallo stesso collezionista (1851) si afferma che essa proviene da una galleria romana spogliata dai Francesi all’inizio dell’Ottocento, che alcuni elementi (cfr. Guzzo 1995-1996, pp. 400-403) indurrebbero a riconoscere in quella di papa Pio VI. Sergio Marinelli (1989) ha proposto di identificarla nell’«Erodiade con il capo di S. Gio. Battista e due altre figure di mano dello Schiavon» che nel 1672 è citata nel Museo del conte veronese Ludovico Moscardo, da dove sarebbe passata nella raccolta Caldana. Più convincentemente, Guzzo (1992-1993) ha suggerito invece di riconoscerla nella «Erodiade col capo di s. Giovambatista, e figure dai lati, si tiene opera del Romanino», ricordata da Giambattista Da Persico (1821, pp. 30-31) nella collezione Sambonifacio. L’attribuzione a Callisto Piazza compare per la prima volta nel catalogo della collezione di Cesare Bernasconi (1851), e fu confermata da Bernardini (1902), Frizzoni (1904) e Berenson (1907). L’opera fu invece riferita a Romanino da Carlo Ferrari (1871), espunta dal catalogo di Callisto Piazza da Rossana Bossaglia (1963), per poi essere restituita all’artista lodigiano da Maria Luisa Ferrari (1965). Secondo il parere di Caterina Gemma Brenzoni (2010, pp. 426-427), l'opera è databile intorno al 1530, al momento del ritorno di Piazza a Lodi dopo le esperienze bresciane. L’artista riprende stilemi lombardi con un linguaggio che presuppone la conoscenza della pittura veneziana, traducendo tali suggestioni con uno spirito più profano e vernacolare. La sensibilità post-giorgionesca appare nel delicato incarnato di Salomè e nell’intensità della luce del piatto di peltro, mentre il robusto impianto plastico delle figure e gli impasti e la luminosità dei colori risentono dell’apporto di Romanino e Moretto. Il tema della "Decollazione" sembra avere nel primo quarto del Cinquecento una certa fortuna non solo nell’area tedesca ma anche in ambiente lombardo, ed è prediletto dal nostro autore. Callisto Piazza si mostra qui debitore di quei fertili repertori iconografici che furono le incisioni di Dürer, da cui trae la tipologia metallica delle pieghe degli abiti e il taglio compositivo. Gemma Brenzoni (2010) notava, inoltre, che la figura centrale del dipinto è ripresa in altre opere di Callisto quali la "Decollazione del Battista" dell’Accademia di Venezia, del 1526, e la "Predica del Battista" della cappella di San Giovanni Battista nella chiesa dell’Incoronata di Lodi (1530-1532). La bella Salomè, priva di una spiccata definizione di ruolo e di identità, è addolcita e accarezzata dalla luce che scivola lenta sulle carni. Il copricapo simile ad un turbante, il cosiddetto ‘balzo’, era molto di moda negli anni venti e trenta del XVI secolo, e sembra fosse stato inventato da Isabella d’Este, duchessa di Mantova. Ulteriori stringenti confronti, che riguardano tutte le figure della tavola di Castelvecchio, si trovano in una composizione più vasta e articolata, la "Decollazione di san Giovanni battista" già del Kunsthistorisches Museum di Vienna (Venturi 1928, p. 861, fig. 597), e nel "Concerto" conservato nella Johnson Gallery di Philadelphia (1530-1533). Un'ulteriore segnalazione è la versione attribuita ad un seguace di Piazza passata sul mercato antiquario (Wetterwald, Nizza, 14 novembre 1998, lotto 37; olio su tela, 95 x 77), nella quale Salomè è diventata una giovane donna che offre della frutta su un vassoio, ritratta senza turbante ma affiancata dalla stessa coppia di figure della tavola veronese. Sorprende in Callisto la mancanza di drammaticità e la dolcezza della protagonista del racconto. La rappresentazione dell'evento brutale è resa in maniera del tutto teatrale, dove i personaggi posano più che agire, traghettando il leonardismo verso esperienze manieriste che richiamano quelle di Pordenone e di Romanino. (da Caterina Gemma Brenzoni 2010, pp. 426-427)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717762
  • NUMERO D'INVENTARIO 1764
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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