Madonna con il bambino e san Giovannino. Madonna con Bambino e San Giovannino
dipinto
ca 1520 - ca 1540
Il dipinto raffigura la Madonna reggente il bambino. A sinistra, san Giovannino si rivolge, con le mani giunte in preghiera, a Gesù, il quale lo benedice ponendo la mano destra sulla sua fronte. Alle spalle del gruppo, un pesante tendaggio verde
- OGGETTO dipinto
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MATERIA E TECNICA
tavola/ pittura a olio
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ATTRIBUZIONI
Giovanni Pietro Rizzoli Detto Giampietrino (cerchia)
- LOCALIZZAZIONE Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Le sparute notizie relative a questo dipinto ne indicano innanzitutto la provenienza dalla collezione di Andrea Monga, dove lo segnalavano Vignola (1911) e Avena (1914). In entrambi i cataloghi sono inoltre riportate le iscrizioni, attualmente quasi illeggibili, che compaiono sul verso della tavola: «R.M.», più sotto sciolta in «P. Raseghini Mantova», evidentemente allusive a un precedente passaggio di proprietà non meglio circostanziabile. Il commento di Avena, che etichetta l’opera come «derivazione vinciana», insinuandone in termini quanto mai generici la discendenza da Cesare da Sesto, ne individua l’ambito stilistico di appartenenza, rimanendo però assai sul vago rispetto alla possibile cronologia, lasciata fluttuare sull’intero arco del XVI secolo. La formulazione di un più netto giudizio era d’altra parte ostacolata dalle pessime condizioni conservative della superficie pittorica, che lo studioso definiva «molto sciupata» (Avena 1914) e che in effetti era alterata da una spessa patina di sporco e da ridipinture, e diffusamente intaccata da spellature e da vistose lacune. Già la pulitura realizzata nel 2004, seguita da un ulteriore intervento di consolidamento nel 2014, aveva permesso di esaminare la trasparenza delle stesure e, in particolare, una certa delicatezza di resa degli incarnati, che, congiuntamente a quanto indicato dai rimandi culturali sottesi all’invenzione figurativa, fecero ipotizzare una datazione al terzo o quarto decennio del Cinquecento. Alla valutazione tecnica si aggiunge, inoltre, una considerazione sul dato stilistico in quanto l’assestamento piramidale del gruppo sacro denuncia un adattamento dello schema messo a punto da Leonardo nel cartone londinese con la “Madonna, il bambino, sant’Anna e san Giovannino”, di cui l’autore della tavola veronese aveva probabilmente una conoscenza indiretta, come sembrerebbe provare, oltre alla ripresa in controparte del terzetto, la sostanziale banalizzazione dello spunto originale conseguente alla soppressione di Anna e alla normalizzazione dei nessi dinamici tra i personaggi. Sulla base di queste considerazioni, Monica Molteni (2010, pp. 438-439) proponeva di riconoscere l’intervento di un pittore prossimo all’entourage vinciano, da cui avrebbe potuto attingere senza sforzo spunti per l’elaborazione di un tema iconografico ribadito in numerose varianti dai seguaci del maestro, tra i quali Cesare da Sesto, cui spetta una tavola del Museo Nacional de Arte Antiga di Lisbona (cfr. Carminati 1994, pp. 148-150 n. 3) in cui la Vergine e i due fanciulli si stagliano contro una tenda verde analoga a quella emersa nel quadro di Castelvecchio sotto la precedente, grossolana stesura brunastra. Tuttavia, il significato compositivo assunto dal tendaggio nell’opera del milanese, dove è utilizzato per concentrare l’attenzione del riguardante sulla sacra apparizione e al tempo stesso per mediare la scansione dei piani fino alla veduta paesistica che dà respiro allo sfondo, risulta invece semplificato – se non frainteso – nel caso in esame, in cui la pesante cortina delimita claustrofobicamente lo spazio, limitandosi a suscitare con l’andamento dei drappeggi un modesto gioco di riverberi luminosi. Riscontri più stringenti si individuano, invece, con il catalogo del Giampietrino (Molteni 2010), dalla cui “Madonna con il bambino e san Girolamo”, già a Parigi in collezione Duveen (Suida 2001, p. 471, fig. 272), è stato tratto il bambino, che in entrambi i dipinti tiene la manina sinistra in prossimità dei genitali, come ad alludere al mistero dell’Incarnazione (cfr. Steinberg 1986). La puntualità di tale citazione spingerebbe dunque a individuare l’intervento di un pittore gravitante nella cerchia del lombardo, che, dotato di modesti mezzi espressivi, traduceva le invenzioni del capobottega imprimendo una fissità stereotipa alle fisionomie e incappando in vistosi scadimenti nella definizione delle anatomie. A riprova dell’appartenenza dell’opera ad un medesimo contesto culturale, queste caratteristiche, unitamente alla conduzione dei panneggi per pieghe rigonfie, con i vaporosi risvolti del manto della Vergine che si involvono intorno alla spalla e al braccio della figura, consentono di intravedere un’analogia tra la tavola veronese e un piccolo nucleo di lavori che fa capo al “Cristo in passione” del Museo Antoniano di Padova, riferito ad un seguace del Giampietrino con una datazione tra il terzo e il quarto decennio del Cinquecento (Dal Pozzolo 1995, pp. 110-111, n. 21). (da Monica Molteni 2010, pp. 438-439)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717749
- NUMERO D'INVENTARIO 5187
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
- ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
- ISCRIZIONI sul retro - R.M°. / P Raseghini / Mantova - capitale -
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0