Madonna con il bambino in un roseto. Madonna con Bambino nel roseto
dipinto
1590 - 1599
Raibolini Francesco Detto Francia (maniera)
1450 ca./ 1517
Il dipinto raffigura la Madonna in piedi, con le mani incrociate sul petto, in adorazione del bambino adagiato a terra. La scena è ambientata in un roseto, oltre il quale si apre un ampio paesaggio con colline, alberi ed edifici
- OGGETTO dipinto
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MATERIA E TECNICA
tela/ pittura a olio
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ATTRIBUZIONI
Raibolini Francesco Detto Francia (maniera)
- LOCALIZZAZIONE Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle
- NOTIZIE STORICO CRITICHE La tela di Castelvecchio è una derivazione dalla "Madonna che adora il bambino in un roseto" di Francesco Francia (Monaco, Bayerische Stadtsammlungen Alte Pinakothek, inv. 994, tavola, 174,5 x 131,5 cm), la cui destinazione originaria doveva essere la chiesa dei Cappuccini di Modena: lo suggeriva Venturi nel 1885 sulla base di una stampa che mostra la Madonna adorante il bambino sullo sfondo di un roseto con la scritta «Ritratto della Madonna di Capuccini di Modena» (stampa riprodotta in Negro, Roio 1998, p. 190 n. 65.I). Nella descrizione delle "Pitture nelle chiese di Modena" di Lazzarelli (1714) veniva citata una pala di questo stesso soggetto nella medesima chiesa modenese, ma senza che ne fosse nominato l’autore. Il suo nome finalmente compare in quella che tuttora risulta essere la prima citazione certa dell’opera nella "Descrizione delle pitture, sculture ed architetture che si osservano nella città di Mantova e nei suoi contorni" di Cadioli (1763): la descrizione del convento francescano delle monache di Sant’Orsola a Mantova. Margherita Gonzaga, figlia del duca Guglielmo e vedova di Alfonso d’Este, fondò il convento nel 1604 e la pala dell’altare nella cappellina privata del suo appartamento viene precisamente descritta e riferita a Francesco Francia, bolognese. Il dipinto, rimasto a Mantova almeno fino al 1786, ha in seguito avuto varie vicende, che lo hanno infine portato alla attuale collocazione. Di questo prototipo, famoso e di squisita fattura, si conoscono numerose repliche, di cui si dà ampio conto nella monografia su Francesco Francia (Negro, Roio 1998, pp. 189-192). La versione di Verona è probabilmente da identificare con l’opera un tempo nella chiesa mantovana dei santi Simone e Giuda, dove, alla fine del Settecento, la ricordava Francesco Bartoli (ed. 1985, p. 73). È probabile che, data la fama del prototipo, non molto tempo dopo la sua realizzazione ne sia stata fatta una replica molto fedele (le misure divergono solo per una ventina di centimetri in altezza): le analisi chimiche e stratigrafiche condotte in occasione del restauro nel 1977 hanno confermato che l’esecuzione deve essere avvenuta entro la fine del Cinquecento. Nonostante che la precaria conservazione ne renda difficile una compiuta lettura, le parti superstiti meglio conservate ancora consentono di apprezzarne la qualità esecutiva. La Madonna che adora il bambino sullo sfondo di un roseto è soggetto di grande popolarità devozionale a cominciare dalla fine del Medioevo. La forma più antica presenta la Vergine seduta col bambino sulle ginocchia davanti ad una spalliera o sotto una pergola di rose e deriva il suo significato dall’hortus conclusus, il giardino chiuso del Cantico dei Cantici, e dal «giardinetto del paradiso» della Genesi. Mentre Maria stessa è detta «giardino del paradiso», i fiori, e in particolare le rose, simboleggiano le sue virtù: la rosa è la più antica, la più significativa e intensa di tutte le metafore mariane, perché nella rosa bianca si identifica la sua verginità, in quella rossa il suo amore perfetto. Nella prima metà del Trecento nasce in Italia la forma iconografica della "Madonna dell’Umiltà", legata al mondo della pietà francescana, in cui la Madonna siede a terra rivolta al bambino, mentre, sul finire del XV secolo, la macchia di prato si estende in un giardino recintato e la Madonna siede su un sedile contro una spalliera di rose. Si giunge così al tipo iconografico, affine e tuttavia autonomo, della "Madonna del roseto". Questo motivo sembra si sia presentato per la prima volta in un oggetto di oreficeria francese detto il «piccolo cavallo d’oro di Altoetting», donato da Isabella di Baviera al marito Carlo VI nel 1404: rappresenta il re che, sceso da cavallo, si inginocchia ai piedi della Vergine seduta sotto un pergola di rose. Il dolce tema devozionale ebbe molto successo nell’ambito della cultura cortese, presso i conventi femminili e all’interno del gusto per i giardini privati, che erano detti anche 'paradisi' e in Europa si diffuse nella pittura renana e alsaziana nel corso del Quattrocento, con Martin Schongauer e Stephan Lochner, fino all'inizio del Cinquecento, con Hans Burgkmair, per esaurirsi poi con Dürer e Grünewald. In Italia il tema è legato ancora al mondo francescano e se ne trovano diversi esempi, da Stefano di Giovanni al Francia a Luini. Lo sfondo dorato delle prime tavole viene sostituito da un'ambientazione naturalisticamente più aperta, che indaga il paesaggio che ora si apre dietro la siepe di rose. (da Daniela Scaglietti Kalescian 2010, pp. 445-446)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717743
- NUMERO D'INVENTARIO 5667
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
- ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
- ISCRIZIONI sul retro - P.F.M.G - capitale -
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0