Annunciazione. Annunciazione

dipinto ca 1540 - ca 1540

Il dipinto raffigura la Vergine, a destra, in piedi e frontale, vicino ad un leggio con una mano poggiata sul petto. A sinistra, l'angelo annunciante, in ginocchio e di profilo, le porge un giglio. In secondo piano, un interno con un letto e l'ingresso nel fondo; in alto a sinistra il Padre Eterno circondato da nubi

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tavola/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Raibolini Giacomo Detto Francia (1486/ 1557)
  • LOCALIZZAZIONE Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Già attribuita a Girolamo da Treviso da Berenson (1906) e a Nicolò Giolfino da Venturi (in comunicazioni al Museo dell’ottobre 1903 e del settembre 1906), l’opera transitava dall’area veneta a quella veneto-ferrarese con Trecca (1912), che la riferiva al Garofalo. In un appunto manoscritto del 1932 Antonio Avena la giudicava addirittura una «falsificazione del XIX secolo» (nella scheda del dipinto presso l’archivio del Museo). Successivamente, invece, seguendo un suggerimento di Mauro Lucco, Marinelli (1987) attribuiva l’opera a Giacomo, primo figlio di Francesco Francia. Le notizie biografiche su questo pittore sono strettamente legate a quelle del fratello minore Giulio e sono comunque piuttosto scarse. La data di nascita di Giacomo non è certa, ma da documenti e testimonianze è verosimile che sia nato nel 1486, mentre Giulio nasce sicuramente nel 1487. Ben documentata è la partecipazione di entrambi agli organi direttivi delle corporazioni bolognesi, dal 1519 al 1553: una sequenza di incarichi pubblici che conferma il successo della loro attività. Copiosissima è la loro produzione, documentata da opere datate, da firme congiunte («I. I.») o da opere firmate singolarmente. Certo che, alla morte del padre nel 1517, i due fratelli ne ereditarono l’attività e per trent’anni collocarono sugli altari bolognesi un numero elevatissimo di pale, affiancate da numerose piccole opere di devozione privata. Difficile è tuttavia individuare precisamente le due personalità (quella di Giulio sembra alquanto sfuggente, poiché l’unica opera tradizionalmente attribuita solamente a lui, la "Discesa dello spirito santo nel Cenacolo", già nell’oratorio dello Spirito Santo a Bologna, è perduta), ma attraverso il bisturi così criticamente affilato degli studi più recenti (Roio 1986; Ugolini 1997; Negro, Roio 1998) si è giunti a una buona approssimazione nella lettura critica. Giacomo sarebbe stato il più dotato e produttivo tra i due: è nota infatti anche una sua attività come incisore (le incisioni sono siglate «I F»), molto importante come campo di indagine specifico per verificare la compresenza di formazione franciana e novità raffaellesche (Faietti 1988). L’opera pittorica dei due fratelli si caratterizza per un ampliamento delle forme, monumentali e solide, che si suppone derivato dalle opere di Raffaello che si trovavano in Bologna, come la "Santa Cecilia". Un precedente soggiorno a Roma, al seguito di Marcantonio Raimondi, e uno a Firenze, anche se non documentati, sono stati ipotizzati dalla critica come occasioni di aggiornamento culturale da parte di Giacomo. La presenza, dalla seconda metà del secondo decennio, all’interno di alcune pale di andamento tradizionale, di paesaggi fantastici, di castelli, di torri «a metà strada fra Dosso e Garofalo» (Roio 1986), in cui si collocano gli episodi sacri, ha indotto Ugolini (1997) a tentare una distinzione delle due mani. Dove spetterebbe a Giulio l’interesse per il paesaggio di stampo veneto-ferrarese e nelle figure una pennellata più sciolta nel modellare le forme ("Compianto su Cristo morto", Bologna, Pinacoteca, 1520 ca.; "Madonna in trono con il bambino e i santi Paolo, Maddalena e Giovannino", Bologna, Pinacoteca; "Assunzione della Vergine", Modena, Galleria Estense, 1523). I successivi avvenimenti della scena artistica bolognese li vedono partecipi, pur nell’impianto arcaico delle loro opere, dei nuovi apporti sia del raffaellismo romano (Baldassarre Peruzzi, Girolamo da Carpi), come della grazia di Parmigianino. Prima che la parabola artistica si irrigidisca in risultati di freddo accademismo, nel confronto con lo spirito inquieto delle nuove generazioni della maniera, l'"Annunciazione" si avvale ancora di una condotta pittorica molto accurata e di una impaginazione armoniosa. La qualità della pennellata varia dal cangiante giallo-arancio del vestito dell'angelo alle trasparenze del velo della Madonna e conferma la forte e originale cromia di un'opera intorno al 1540 (Marinelli 1987). Nonostante la fissità quasi iconica dei personaggi, questi non perdono quella caratterizzazione ritrattistica che, soprattutto nella Madonna, si richiama a un fare tipico dei Francia. Come sottolineato da Daniela Scaglietti Kelescian (2010, pp. 446-447), seppur sia problematico definire con sicurezza la paternità dell'opera, alcuni caratteri trovano punti di contatto con la "Madonna con il bambino e santi", già nella chiesa interna del monastero delle suore domenicane di Sant'Agnese a Bologna (Berlino, Gemäldegalerie) recentemente riferita a Giulio (Negro, Roio 1998, p. 269 n. 201), come anche con alcuni dipinti che, riuniti sotto il nome di "Maestro della Madonna Parrish" (Ugolini 1997), spetterebbero almeno in parte al minore dei fratelli Francia. Del dipinto la studiosa segnalava anche un'altra versione, già a Bologna (Dotti, 57 x 44,3 cm; Negro, Roio 1998, pp. 273-274 n. 213.a: scuola del Francia).||||(da Daniela Scaglietti Kelescian 2010, pp. 446-447)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717742
  • NUMERO D'INVENTARIO 95
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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