Madonna con il bambino, san Giovannino e sant’Elisabetta. Madonna con Bambino, San Giovannino e Sant’Elisabetta
dipinto
ca 1510 - ca 1520
Zenone Veronese (1484/ 1552-1554)
1484/ 1552-1554
Il dipinto raffigura la Madonna inginocchiata in un prato con san Giovannino e, a sinistra, Gesù bambino sdraiato a terra ai piedi di un albero. Alle spalle della Vergine, sant'Elisabetta. Sullo sfondo, un paesaggio con alberi e montagne in lontananza
- OGGETTO dipinto
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MATERIA E TECNICA
tavola/ pittura a olio
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ATTRIBUZIONI
Zenone Veronese (1484/ 1552-1554): Autore
- LOCALIZZAZIONE Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle
- NOTIZIE STORICO CRITICHE La tavola, descritta nel catalogo a stampa della collezione Bernasconi (1851) come autografa di Raffaello e illustrata da un’incisione di Lorenzo Muttoni, si trovava già in questa raccolta con la stessa attribuzione nel 1838, quando Da Persico annotava: «Qualunque amatore poi di belle Arti non dovrà certo omettere di contemplare un quadro di piccola dimensione bensì di rarissimo pregio: potrebbe intitolarsi l’Amore Materno. Due sono le Madri, Nostra Donna e s. Elisabetta coi due putti, e tutte due assorte nell’amore veramente celeste del Divino Gesù. Alla fusione delle tinte, alla perfezione del disegno, alla prospettiva aerea perfettamente conservata, non potrei d’altri ritenerlo che del gran Rafaello». Il 20 gennaio dello stesso anno Giovanni Bonfanti pubblicava un opuscolo in forma di lettera indirizzata al marchese Luigi Montecuccoli, Imperial Regio Ciambellano e Capitano a Vienna, nella quale descriveva, su esplicita richiesta del destinatario, il «quadro in asse, che fu a’ questi giorni comperato dal Signor Dottor Cesare Bernasconi di qui e che si ha per molti di Raffaello», anzi, secondo il parere degli esperti, «degli ultimi lavori della prima maniera di quel sapientissimo ingegno» (Bonfanti 1838, pp. 3, 7). L’opuscolo, corredato da un’anonima incisione e da un sonetto del pittore e letterato veronese Francesco Personi, non nuovo a questo genere di composizioni (Guzzo, 1992-1993, p. 481), si conclude con l’assicurazione da parte dell’autore che tale lettera non era stata scritta su istigazione del Bernasconi «per mettere in fama il quadro medesimo, com’è costumanza di molti che fanno pubblicar colle stampe i quadri loro per trarne maggior profitto». Sospetto che, in questo caso, Bonfanti giudicava assolutamente infondato, essendo noto a tutti «che il Signor Bernasconi non vende ma compera quadri, e che questo di cui abbiamo parlato, non sarà mai per uscire dalle sue mani» (p. 8). Al di là delle esagerazioni e del tono enfatico d’obbligo in questo genere di pubblicazioni, la descrizione del dipinto fornita dall’opuscolo sembrerebbe suggerire che la tavola avesse già subito un primo radicale restauro. Carlo Ferrari (1871) ricordava infatti che «questa tavoletta, quando la vide per la prima volta, la trovò da capo a pié tutta orribilmente ridipinta», soprattutto sullo sfondo, nel quale sembrava fosse rappresentata «una grande città che pareva in fiamme», in palese contraddizione con la prospettiva aerea ancora perfettamente conservata descritta da Da Persico e, ancor più, con il cielo sereno per la «lucente aurora» e il lume «sfumato con mezze tinte dolci e unite» magnificato da Bonfanti (pp. 4, 5). Malgrado l’alta considerazione di cui il dipinto godeva ancora al momento del suo ingresso al Museo, come conferma la stima di quattromila lire attribuitagli da Ferrari (1871) che ne eseguì anche il disegno per una copia oggi in collezione privata (Marinelli 1996, p. 54 nota 3), la sua attribuzione a Raffaello era già stata posta in discussione. Otto Mündler, visitando il 29 novembre 1855 la collezione Bernasconi, giudicava infatti tale attribuzione assolutamente ridicola; Luigi Giro (1869, II, p. 211) non citava neppure la tavola tra le opere più pregevoli della raccolta; Ferrari (1871) suggeriva il nome di Mariotto Albertinelli, mentre Spaventi (1892; 1895) la classificava come opera della scuola. Come opera di scuola, scrostato e in gravissime condizioni di deperimento, il dipinto figura in un elenco dei quadri della Pinacoteca bisognosi di urgente restauro redatto il 13 luglio 1893 (AMCVr, anni 1883-1896). Tale restauro non fu probabilmente eseguito, perché nel 1914 la tavola risulta ancora «tra le opere principali bisognose di riparazione» (AMCVr, anno 1914, fasc. I). Nel 1902 Bernardini la definiva come un prodotto di un lontano e debole imitatore di Raffaello e nel 1904, in accordo con l'opinione di Morelli, Frizzoni proponeva il nome di Alberto Piazza, confermato in seguito da Lotze (AMCVr, anno 1904, fasc. I, comunicazione del 12 aprile 1904), Trecca e Berenson. Si deve a Sergio Marinelli (1996) la restituzione della tavola a Zenone Veronese, sulla base del confronto con la "Madonna con il bambino e san Giovannino" già nella raccolta Giovannelli a Venezia (Vertova 1998, p. 477) e oggi in collezione privata, pubblicata come opera inedita di Zenone da Ballarin (1988-89), ma nota in precedenza sul mercato antiquario milanese con tale attribuzione (Volpe 1975, n. 17). Entrambi i dipinti, secondo Marinelli, documentano una fase di intenso raffaellismo intorno al 1520, ma la tavola veronese, forse destinata in origine alla zona del Garda, dove il pittore è documentato dal 1513, dovrebbe essere anteriore all'altra per il carattere più scopertamente raffaellesco e per l'aspetto più evidente di imitazione da modelli compositivi, quali la "Madonna del velo" e la "Madonna del diadema", conosciuti attraverso copie o stampe.||||(da Marina Repetto Contaldo 2010, pp. 460-461)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717737
- NUMERO D'INVENTARIO 5178
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
- ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0