Discesa al limbo. discesa di Cristo al limbo
predella dipinta
1500 - 1549
Al centro del dipinto, Cristo in ginocchio, ritratto di profilo, porge la mano all'anima di Adamo, raffigurato come un uomo barbuto. In alto a destra, un diavolo si affaccia da una finestrella. Alle spalle di Cristo, i ruderi di un arco in pietra
- OGGETTO predella dipinta
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MATERIA E TECNICA
tavola/ pittura a olio
- AMBITO CULTURALE Ambito Veronese
- LOCALIZZAZIONE Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle
- NOTIZIE STORICO CRITICHE La tavoletta, unitamente alle tre complementari raffiguranti "San Pietro" (n. inv. 6560-1B0943), "San Paolo" (n. inv. 6561-1B0944) e "Cristo risorto" (n. inv. 6612-1B0945), proviene dalla chiesa di San Fermo in Cortalta ed entrò a far parte delle collezioni civiche nel 1812 in seguito alle soppressioni ecclesiastiche del periodo napoleonico. L’insieme delle tavole fu attribuito dapprima a Nicola Giolfino ([Dalla Rosa, Pompei] 1829), in seguito alla scuola del Caroto (Ferrari 1850), a un ignoto artista di scuola veronese ([Balladoro, Bernasconi] 1865), e infine considerato «un lavoro di bottega, con qualche ricordo di Nicola Giolfino» (Repetto 1961-1962). Nelle due tavolette raffiguranti i santi Pietro e Paolo, le figure sono molto allungate e piuttosto mosse, ritratte ambedue con un piede che sopravanza il limite dell’arco. Le nicchie sono ben realizzate nella prospettiva e definite nelle cornici, nei profili, nelle ombreggiature, e gli angoli che includono l’arco sono trattati con pennellate a finto marmo di colore giallo, bianco e rosso. Nella terza tavola, il Cristo risorto, con le ferite alle mani, ai piedi e al costato, è avvolto dal perizoma, porta l’aureola quadrilobata e poggia su nuvole vaporose. Alza la mano destra in atto di benedizione mentre la sinistra regge l’asta, con il vessillo della resurrezione e la croce terminale. La figura è robusta, con larghe spalle e braccia. Nell'ultima tavola, Cristo, con il vessillo della resurrezione, varca la soglia di un arco in muratura e blocchi di pietra, quasi un rudere di reminiscenza romana, e afferra la mano di un uomo barbuto e dai lunghi capelli, Adamo, che sbuca sotto un edificio da un’altra apertura ad arco, sempre sottolineata da blocchi di pietra. Da una finestrella in alto sporge un diavolo dagli occhi infuocati. Se la rappresentazione della "Discesa al Limbo", qui raffigurata secondo la versione del Vangelo apocrifo di Nicodemo, costituiva un tema comune nel Medioevo, in particolare a conclusione dei cicli sulla Passione di Cristo, divenne invece un soggetto piuttosto raro a partire dal XVI secolo. Quest'ultima scena è indubbiamente la più vivace del gruppo ed è anche la più indicativa nei riguardi di una possibile attribuzione dell'insieme delle tavole. L’espressione dei volti tristi e problematici, dagli occhi infossati nelle profonde occhiaie, il trattamento dei capelli minutamente descritti e tratteggiati, i panneggi assai rigidi, quasi cartacei, richiamano l'estrosità narrativa di Nicola Giolfino. Le quattro tavole erano forse altrettanti elementi di una predella, probabilmente opera di un pittore veronese, da collocare entro il terzo o il quarto decennio del XVI secolo. (da Caterina Gemma Brenzoni 2010, pp. 466-467)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717725
- NUMERO D'INVENTARIO 6611
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
- ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0