Le sante Marta e Maria Maddalena. Le sante Marta e Maria Maddalena

dipinto 1500 - 1510

Il dipinto raffigura la Maddalena in primo piano, di profilo con l'ampolla tra le mani; Marta in secondo piano, in posizione frontale guarda Maddalena tenendo in mano l'aspersorio e il secchiello

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tavola/ pittura a tempera
  • ATTRIBUZIONI Giovanni Agostino Da Lodi (notizie 1492/ 1511-1520 Ca)
  • LOCALIZZAZIONE Museo di Castelvecchio
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto, parte di un trittico già nella Certosa di Pavia, poi disperso in seguito alla soppressione dell'ordine certosino alla fine del Settecento, divenne di proprietà dei Melzi d'Eril insieme a molti altri dipinti della Certosa. Il trittico, smembrato, passò in parte nella collezione milanese Gallarati Scotti, in parte nella collezione veronese di Cesare Bernasconi e in parte scomparve. La nostra tavola, entrata nelle collezioni civiche veronesi nel 1871, fu attribuita a Marco d'Oggiono e poi allo "pseudo Boccaccino" (Frizzoni 1904; Berenson 1907). Si deve a Giacomelli Vedovello (1981) la ricostruzione del complesso originario, la cui immagine si ricava da tre tele a figure intere, probabili copie fatte eseguire alla fine del XVI o all'inizio del XVII secolo dagli stessi monaci, conservate nel Museo della Certosa. Tali copie rappresentano le "Sante Marta e Maria Maddalena", la "Presentazione al Tempio" e le "Sante Agnese e Apollonia". Lucia Simonetto (1988) ha ricondotto a Giovanni Agostino da Lodi l'originale della "Presentazione al Tempio" e un frammento del pannello laterale con "Sant'Agnese" conservati nella collezione Melzi d'Eril fino agli anni venti e ora dispersi, che vantavano un'attribuzione ottocentesca a Ambrogio Bergognone e a Bernardino Luini, come il pannello che qui viene presentato (Catalogo della scelta Galleria Melzi, p. 193 n. 255). Dal confronto con la copia nel Museo della Certosa, la tavola di Castelvecchio risulta mutila da ogni lato, specialmente nella parte inferiore. Le due sante erano infatti inserite, come Agnese e Apollonia, in un ampio contesto architettonico e paesaggistico che comprendeva un pavimento policromo in prospettiva convergente nella tavola centrale del trittico, la "Presentazione al tempio", un portico aperto pure in prospettiva sostenuto da pilastri e un paesaggio sviluppato in profondità, secondo un collaudato modulo del primo Rinascimento lombardo. Nel restauro del 1979 è apparso il pilastro con capitello corinzio sullo sfondo, che rimanda ad un'ambientazione architettonica classica certamente più complessa e di grande effetto, che rispecchia gli indirizzi moderni promossi da Ludovico il Moro nello sviluppo della cultura artistica del ducato intorno all'ultimo decennio del XV secolo. Si può concordare con Giacomelli Vedovello (1981) nell'ipotizzare un completamento del trittico nel registro superiore, data la presenza dell'architettura a portico. L'ubicazione più appropriata nella chiesa della Certosa potrebbe essere nella prima cappella a sinistra, dedicata alla Maddalena, «data la vistosa presenza della santa, prima a sinistra nel complesso della scena» (Marinelli 1987). L'opera ascritta al catalogo di Giovanni Agostino da Lodi, tramite culturale e interprete della civiltà artistica lombarda e di quella veneziana, è da riferire al periodo successivo al ritorno in patria, intorno al primo decennio del Cinquecento. Formatosi nell'ultimo decennio del secolo precedente a contatto con Leonardo, Bramante e Boltraffio, e inserito quindi all'interno della koinè leonardesca, egli fu il primo divulgatore di questa cultura nel Veneto grazie ai suoi ripetuti soggiorni a Venezia. Secondo l'analisi condotta da Caterina Gemma Brenzoni (2010, pp. 428-429), nei volti delle sante, Giovanni Agostino da Lodi adotta una soluzione chiaroscurale di matrice leonardesca con morbidi passaggi di sfumato chiaroscuro, mentre l'insistenza grafica delle pieghe, secche e taglienti, il gioco complesso delle mani e la resa brillante del colore lo legano all'avvenuto incontro a Venezia con l'arte di Dürer. Secondo uno schema più volte adottato dal pittore, le due figure dai pesanti panneggi, costruite alla maniera bramantinesca, di forte robustezza formale, si stagliano sullo sfondo azzurro del cielo, poste una di profilo e una frontalmente. Nel muto colloquio tra le due figure viene confermata l'indagine dei moti dell'animo e la diretta influenza di Leonardo. (da Caterina Gemma Brenzoni 2010, pp. 428-429)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500715234
  • NUMERO D'INVENTARIO 1003
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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