Crocifissione. Crocifissione

dipinto ca 1510 - ca 1520

Il dipinto raffigura la crocifissione di Cristo con i due ladroni. A destra in primo piano, la scena presenta un gruppo di astanti, tra cui un personaggio in piedi di spalle. A sinistra, in secondo piano, la Madonna sviene ed è sostenuta da san Giovanni. Ai piedi della croce, Maria Maddalena rivolge lo sguardo verso Cristo. Sullo sfondo, un paesaggio fluviale con edifici e un corteo di cavalieri

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tavola/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Engebrechtsz Cornelis (cerchia)
  • LOCALIZZAZIONE Museo di Castelvecchio
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE L’attinenza del dipinto all’ambito di Luca di Leida fu individuata già prima che esso giungesse al Museo nel 1855, ma presto la storiografia nordica chiarì che si trattava di una mano diversa: «bensì della medesima scuola di Luca di Leida e Cornelio Engelbrechtz ma che ha un carattere a sé» (Franz Dülberg, comunicazione al Museo dell’aprile 1902). Come analizzato da Francesca Rossi (2010, pp. 368-370), la "Crocifissione" di Castelvecchio rientra in una casistica di esemplari ben definibile, ma di problematica attribuzione, riconducibile alla cultura figurativa olandese del cosiddetto ‘manierismo gotico’ fiorita a Leida in particolare tra il 1510 e il 1520, ad opera di un’intricata concentrazione di artisti che dovettero frequentare la bottega appunto di Cornelis Engebrechtsz (1468-1533). Il difficile riordino delle opere prodotte in tale ambiente stilistico è reso ancora più complicato dal tentativo di individuare le personalità autonome dei figli di Engebrechtsz ricordati da Karel van Mander (1604): Pieter Cornelisz detto Kunst, specialista nella pittura di vetrate, Luca Cornelisz detto De Kock e Cornelis Cornelisz, detto anch’egli Kunst. Di nessuno dei tre si conoscono dipinti firmati o dati per certi da fonti documentarie, ma di Pieter Cornelisz. esistono disegni per vetrate che non si è mancato di mettere a confronto con il dipinto veronese ricavandone la suggestiva ipotesi di un’identità di mano (Limentani Virdis 1993). L’iscrizione «L» che sigla il singolare e raffinatissimo dipinto non lascia dubbi sull’appartenenza dell’autore alla scuola di Leida. Fermo restando il riferimento alla cerchia di Engebrechtsz, sono stati avanzati altri suggerimenti di attribuzione all'anonimo Maestro del Ripudio di Agar, molto probabilmente uno dei figli di Engebrechtsz, così soprannominato dal soggetto di un’opera al Kunsthistorisches Museum di Vienna (inv. 6820) intorno alla quale sono stati raggruppati, ma non con il parere unanime della critica, altri dipinti ritenuti della stessa maniera (Gibson 1977). In realtà, come già sottolineato da Rossi (2010) e più di recente studiato da Jan Piet Filedt Kok (2014; e ribadito da Federico Giannini, 2022) riguardo all'attività di Engebrechtsz e della sua bottega, si individuano una serie di varianti del tema della "Crocifissione", tutte condotte sulla base del prototipo, oggi allo Stedelijk Museum di Leida (inv. 93). In particolare il dipinto veronese trova scene corrispondenti in due trittici della cerchia del maestro, pure dipendenti dal prototipo di Leida, conservati rispettivamente alla Nàrodnì Galerie di Praga e al Kunstmuseum di Basilea. La presenza di diverse opere pressoché analoghe nella composizione rende piuttosto difficile affrontare la questione attributiva dei singoli esemplari. La versione di Castelvecchio offre del modello un’interpretazione meno arcaizzante, frutto di un’originale commistione di tratti stilistici fiammingo-anversesi (il paesaggio con una città turrita familiare a quelle di Patinir) e leidensi (i colori vivaci e chiari e la stilizzazione curvilinea delle figure alla Engebrechtsz) che contraddistinguono le soluzioni attribuite al Maestro del Ripudio di Agar, come si può notare in particolare nella “Crocifissione” del Nationalmuseum di Stoccolma (inv. 264, cm 55 x 46; ibidem, pp. 252-253 n. 52, fig. 54), da taluni considerata però un’opera del caposcuola Engebrechtsz o di generica collaborazione con la bottega, e nel “Portamento della croce” recentemente acquisito dalle collezioni del Louvre (inv. R.F. 1993-16, cm 85,5 x 60; cfr. Foucart 1996, pp. 68-70), dove si rileva un gusto per l’accentuazione grottesca delle figure dai volti malvagi, spesso di tre quarti o di profilo, un aspetto chiaramente derivato dall’arte di Bosch comune anche al dipinto di Verona. Rossi (2010) notava che il fitto disegno soggiacente visibile agli infrarossi mostra numerosi pentimenti nella primitiva impostazione del gruppo delle tre croci e in particolare nel corpo di Cristo, che il pensiero iniziale dell’artista aveva fissato con il capo caduto in avanti, abbandonato al dolore estremo in un’immagine ancor più drammatica e dolente di quella poi realizzata. L’estroso carattere dell’opera interessa anche l’iconografia, per cui si segnala soprattutto la bizzarra sfilata di cavalieri che si allontana sullo sfondo, tra cui spicca un cardinale, esplicita allusione alla Chiesa cattolica che proprio in quel periodo, verso il 1520, nei paesi nordici si trovava a fare i conti con l’avanzata della protesta luterana. Comunque siano da interpretare i contenuti sottesi all’immagine, tale indizio induce a sospettare una fede riformata dell’artista, così come il fatto che la “Crocifissione”, insieme all’omogeneo gruppo di opere prodotte dalla scuola di Leida del tempo, si pone tra le rare testimonianze di pittura religiosa olandese sopravvissute alla feroce iconoclastia protestante che colpì i Paesi Bassi del Nord tra il 1560 e il 1580. ||||(da Francesca Rossi 2010, pp. 368-370)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500715220
  • NUMERO D'INVENTARIO 1793
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
  • ISCRIZIONI in basso al centro - L - capitale -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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