Ritratto di Frantz Kolb. Ritratto virile

dipinto ca 1510 - ca 1515

Il dipinto ritrae un uomo, di età avanzata, con la barba bianca, in abito nero e con una cuffia ricamata. Il personaggio è ritratto a busto intero di tre quarti. Nella mano destra, appoggiata sul parapetto in primo piano, tiene un foglio piegato e nella sinistra un bastone. Sul fondo un paesaggio alpino

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tavola/ pittura a olio
  • AMBITO CULTURALE Scuola Nordica
  • LOCALIZZAZIONE Museo di Castelvecchio
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La raffinatezza della stesura pittorica minuta, l’identità del personaggio effigiato e lo stile italianizzante fanno del dipinto un documento interessantissimo per l’approfondimento dei rapporti tra la pittura nordica e veneta nel Rinascimento. L’anonimo autore dell’opera, per il quale si sono tentate diverse attribuzioni pensando perfino a un artista di scuola italiana senza purtroppo ancora giungere a un’ipotesi convincente, dimostra di conoscere bene lo stile in voga nella Venezia belliniana fortemente contaminata, agli inizi del Cinquecento, dall’arte di Dürer, e ci presenta, affacciato a un parapetto sullo sfondo di un chiarissimo scenario alpino lontano, il busto di tre quarti di un grande vecchio con barba bianchissima ben pettinata, elegantemente vestito e curato, con il capo coperto da una cuffia ricamata in oro, degno del paragone con l’anziano, monumentale "Doge Leonardo Loredan" di Bellini (Londra, National Gallery) e nondimeno con l’autorevole "Jakob Fugger" di Dürer (Augsburg, Staatsgalerie). Vari indizi suggeriscono che il dipinto sia stato realizzato per una committenza altolocata proprio in territorio veneziano: la tavola di supporto usata è di pioppo, un’essenza generalmente impiegata in Italia e non al di là delle Alpi. Ma soprattutto, il vecchio barbuto raffigurato è, come scritto sul biglietto che ha in mano, il ‘provvido e savio Frantz Kolb’ («Dem Fürsichtigen / und weisen / Frantz Kolb»), ovvero un membro di un’illustre famiglia di Norimberga che tra Quattro e Cinquecento allacciò stretti rapporti commerciali con la capitale della Serenissima, insediandosi perlopiù stabilmente presso il Fondaco dei Tedeschi a Rialto, come risulta in particolare per Paul Kolb, registrato al Fondaco nel 1484, e a breve distanza, nel 1500, per il più famoso Anton Kolb, editore noto per i suoi legami di committenza con Jacopo de’ Barbari (cfr. in proposito Martin 1994, pp. 84-94). Per la somiglianza fisionomica e l’età avanzata, l’effigiato ricorda vagamente l’ignoto vecchio canuto con barba lunga raffigurato all’estrema sinistra tra i personaggi della confraternita tedesca di San Bartolomeo ritratti nella celebre pala veneziana di Dürer con la "Festa del Rosario", realizzata nel 1506, durante il secondo soggiorno italiano dell’artista (n. inv. 6527-1B2378). Ma anche senza avventurarsi in ardui discorsi di identificazione, il dipinto veronese sembra da collocare non più tardi del 1515 e certamente deve attribuirsi a un maestro nordico che viaggiò in Italia, forse un tirolese, come già supposto (Brücker 1963), uno svizzero o comunque un artista di area tedesca meridionale. La parentela iconografica con un gruppo di ritratti assegnati a Conrad Faber von Kreuznach (Francoforte, 1500-1552), di esecuzione invece più avanzata, verso il 1525-1530, ha a lungo orientato la fortuna critica del dipinto in quella direzione (cfr. in particolare il "Ritratto di Hamman von Holzhausen" di Francoforte, Stadelsches Kunstinstitut, inv. 1730; e il "Ritratto di nobile" di Syon House, The Duke of Northumberland, inv. 266, illustrati in Brücker 1963, catt. 5, 7, figg. 7, 9). Ma a un’analisi approfondita, tenendo anche presente la forte codificazione a cui sottostava il genere ritrattistico in area nordica nei primi decenni del secolo, la presunta familiarità con le opere dell’artista di Francoforte è risultata debole e casomai si potrebbe anzi dedurre che sia stato Faber a ispirarsi a prototipi simili al dipinto in questione (conclusione a cui giunse già De Hevesy 1925). In primo luogo, la fonte luminosa proviene da destra e non da sinistra, come invece di regola nei ritratti di Faber. Anche considerando che il dipinto ha sofferto la perdita delle velature pittoriche superficiali a scapito della maggiore incisività formale che doveva avere in origine, rispetto al maestro di Francoforte si rileva uno stile più grafico e fine sia nella descrizione fisionomica della figura sia nella presa del paesaggio, indagato in punta di pennello con delicate trasparenze e modulazioni di luce. Oltremodo raffinata è la tecnica esecutiva, per quale sono stati impiegati materiali preziosi quali l'oro e il blu lapislazzuli che conferisce al cielo una speciale trasparenza. Finissima è pure l'intesa psicologica del personaggio, Frantz Kolb, che regge in una mano un biglietto e nell'altra un bastone da comando, simbolo di indubbia autorità, ma è fissato in un atteggiamento altero e spirituale che esprime tutto il senso del distacco e del ritiro dal mondo di un eremita (non a caso fu chiamato 'vicario' Kolb nella guida Baedeker del 1899). La vecchiezza estrema è sottolineata da una resa sapiente della consunzione fisica del viso e delle mani affilate e nodose, a metà strada tra i modelli di un Vivarini e quelli fiamminghi ancora più pungenti di Marinus van Reymerswaele. (da Francesca Rossi 2010, pp. 364-366)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500715218
  • NUMERO D'INVENTARIO 1794
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
  • ISCRIZIONI sul retro della tavola su un cartiglio incollato al centro - Dem fürsichtigen / und weisen / Albert Kolby / traduz / Al provido e savio Alberto Kolbi / Mercante di Augusta / residente a Ve / nezia al fondaco / dei Tedeschi / e spesso nominato / nell’Archivio Veneto / Meister des Schön […] da Cristoforo Amberger / pittore Augustano - corsivo -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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