Santa Caterina. Santa Caterina
dipinto
ca 1485 - ca 1490
Carpaccio Vittore (1465 Ca./ 1526 Ca)
1465 ca./ 1526 ca
Le due Sante, Caterina e Dorotea, sono ritratte a figura intera con i loro simboli iconografici
- OGGETTO dipinto
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MATERIA E TECNICA
tavola/ tecnica mista
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ATTRIBUZIONI
Carpaccio Vittore (1465 Ca./ 1526 Ca)
- LOCALIZZAZIONE Museo di Castelvecchio
- NOTIZIE STORICO CRITICHE "Le riproduzioni edite da Ludwig e Momenti (1903 e 1906) documentano non solo che le due tavole erano unite, ma anche un cattivo stato di conservazione. In occasione della mostra veneziana del 1963 il dipinto fu restaurato e le tavole separate. Il risultato dell’intervento è documentato dalla riproduzione edita da Zampetti nel 1966. Lo stato conservativo risulta ora mediocre. Le due tavole giunsero ancora unite al Museo nel 1871 con il legato Bernasconi. (...) La figura femminile stante del disegno di Oxford risulta di qualificazione formale e luministica più elaborata, e presenta un diverso modulo proporzionale, per cui riesce più massiccia e monumentale. Lo studio dei panneggi è nel suo complesso più ricco, con increspature cartacee aderenti alla gamba destra che non rientrano nello stile di Carpaccio del primissimo momento; soluzioni simili sono semmai avvertibili a partire dal polittico di Zara. Affattodiverso è peraltro lo stile grafico di questo foglio rispetto a quello più tipico dell’artista, per cui è preferibile mantenere per esso il riferimento pur generico all’ambito belliniano. Senza il vincolo posto da tale confronto, le due sante veronesi sono avvicinabili stilisticamente soprattutto al Salvator Mundi e quattro santi Stanley Moss, firmato e collocabile circa il 1485, e al poco più tardo Compianto già Contini Bonacossi. Altrettanto può dirsi ora a proposito di una recente restituzione a Carpaccio da parte di Rearick (2003) della Madonna in adorazione del bambino e san Giovannino del Museo Correr di Venezia. A tali dipinti segue nel catalogo di Carpaccio ante 1490 solo il polittico di Zara, per il quale si indica su base documentaria la data del 1487, valida sostanzialmente anche per il Compianto. Si tratta di pochi esempi che rivelano nel giovane maestro soluzioni diverse di uno stesso linguaggio. L’antonellismo della tavola Stanley Moss, avvertibile nella scelta compositiva e nel risultato plastico, si abbina a un sentimento della luce e del colore di carattere prettamente belliniano, qui esaltato dal fondo unito scuro alla ponentina. Le due sante veronesi presentano una soluzione di piena luminosità meridiana, come avviene nella tavola del Correr, rivelando per prime, in quanto fuori dal condizionamento di uno schema belliniano, il modulo compositivo base delle sue figure stanti e gli stilemi ormai del tutto propri di un panneggiare secco e angoloso esaltato dal traslucido ricercato nella qualità delle stoffe. Sono aspetti che risultano già diversamente arricchiti nel polittico di Zara, a cui si approssima il Compianto già Contini Bonacossi, pervaso da una maggiore descrittività naturalistica. La matrice disegnativa in generale, e lo studio dei panneggi in particolare, può rivelare un debito anche nei confronti di Bastiani e alla sua personale interpretazione dello stile belliniano. Tuttavia, al confronto, Carpaccio indulge in effetti più spigolosi, specie nelle due tavole in oggetto. I volti dei due santi in secondo piano nella tavola Stanley Moss sono paragonabili a quelli delle sante di Castelvecchio anche per quanto riguarda l’alleggerimento dei piani formali dovuto alla piena luminosità. Il volto della Vergine del Compianto già Contini Bonacossi, pur anch’esso patito per i restauri, manifesta una perfetta coincidenza tipologica. È merito di Humfrey aver risolto l’identificazione della santa di destra, generalmente riconosciuta come santa Veneranda. Si tratta in realtà di santa Dorotea di Cesarea, alla quale apparve Gesù bambino (altre volte un angelo con il canestro di fiori) prima di essere messa al martirio (Réau 1958, pp. 403-404; Kaftal 1978, coll. 268-269). Humfrey afferma che la santa era più venerata a Verona che a Venezia, lasciando intendere una provenienza originaria veronese del complesso del quale dovevano far parte le due tavole. Tuttavia non è possibile portare alcuna conferma a questa ipotesi. Rimane aperto inoltre il problema relativo alla loro collocazione. Muraro (1966) sottolinea come «l’ubicazione originaria dei dipinti doveva trovarsi piuttosto in alto, come sembrerebbe indicato dall’accentuato sotto in su». L’ipotesi è puramente congetturale e deriva forse dalle dimensioni contenute delle due tavole. Senza escludere potersi trattare degli scomparti di un piccolo polittico smembrato, l’alternativa rimane quella di pensare agli sportelli di un mobile oppure di un altare a scrigno. Una cornice poteva separare le due sante, che risultano ora fin troppo ravvicinate al piano di osservazione, considerata anche la ristrettezza dei margini. Il piano di posa e il muricciolo di fondo, come pure la porzione di cielo, garantiscono comunque la continuità spaziale suggerendo l’originaria collocazione in sequenza" (da Giorgio Fossaluzza 2010, cat. 129)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500715173
- NUMERO D'INVENTARIO 870
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
- ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0