Edicola della tenda. San Taddeo

altare a portelle 1470 - 1490

Il frammento mostra San Taddeo a figura intera, intento a sfogliare un libro

  • OGGETTO altare a portelle
  • MATERIA E TECNICA tavola/ pittura a tempera
  • AMBITO CULTURALE Ambito Tirolese
  • LOCALIZZAZIONE Museo di Castelvecchio
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La tavola, assieme ad altre tre (invv. 221-1B0171, 222-1B0174, 223-1B0172), faceva parte della “collezione di Cesare Bernasconi, che le aveva acquisite tra il 1851 e il 1869, ma provenivano in origine dal monastero delle agostiniane di Santa Lucia a Venezia, soppresso nel 1806 e più tardi demolito per la costruzione della stazione ferroviaria. (…) Facevano parte di un altare a portelle ("Flügelaltar") di tipo ‘tedesco’, ma già Marinelli (1987, p. 73) evidenzia la problematicità della sua ipotetica ricostruzione. Infatti, gli altari a portelle erano composti, nelle tipologie più diffuse, da uno scrigno contenente statue a tutto tondo, sormontato da una cimasa e concluso inferiormente da una predella, e da due portelle con dipinti o rilievi che venivano aperte solo nelle festività. (...). Più probabile, invece, che le portelle fossero incernierate ‘in linea’ a due a due ai lati di uno scrigno, ora perduto. In questo caso a sinistra si dovevano trovare "San Bartolomeo" e poi "Santo Stefano", a destra "San Taddeo" e quindi "Sant’Agostino". Le due portelle esterne si richiudevano su quella interne che, chiuse a loro volta, presentavano un motivo, tuttora conservato, a "trompe-l’oeil", raffigurante una tenda, decorata con melograne stilizzate su fondo rosso, ottenute con applicazioni di cuoio dorato. La tenda è appesa ad una stanga tramite degli anellini e termina con delle frange. Il fondo, che si intravede superiormente, è blu con stelline dorate, applicate con la stessa tecnica. A portelle chiuse il motivo a stoffa combacia. Tenuto conto di ciò si può ipotizzare una forma dell’altare originario, rara e scarsamente diffusa, simile a quella del "Kastenaltar" della chiesa di St. Servatius a Streichen, nel Salisburghese, datato al 1420 circa (Rukschcio 1972, p. 50, ill. 1-2) con due statue nello scrigno e quattro portelle ‘in linea’. Una volta richiuso, l’altare, nel caso di Streichen corredato da semplice cimasa dentellata, si ‘trasforma’ in un armadio: questa curiosa soluzione bene si accorda nel nostro caso con l’inusuale motivo a tenda presente all’esterno delle portelle, e con una collocazione dell’altare in un monastero e non in una chiesa. Con questa ipotesi ricostruttiva non torna però l’ombra ‘portata’ di "Santo Stefano" (peraltro del tutto assente nel "pendant" con "Sant’Agostino") e la diversa proporzione dei santi delle portelle più esterne rispetto a quelli interni. Questo problema sarebbe invece risolto ipotizzando un altare con due portelle mobili e le altre due fisse, come in numerosi esempi soprattutto carinziani; ma in questo caso la decorazione esterna a tenda perderebbe significato. (...) Sempre Marinelli (1987) riconosce due diversi artisti per le quattro portelle: l’autore di "Santo Stefano" e di "Sant’Agostino", interprete di una pittura acutamente realistica che tende al monumentale, quello di "San Bartolomeo" e di "San Taddeo" dai tratti più marcati e insistiti, quasi una declinazione vernacolare del precedente. Per Marinelli vanno considerati entrambi attivi nella stessa bottega e di probabile origine tirolese; la scarsa fortuna critica precedente aveva considerato i dipinti opera di Giovanni d’Alemagna (Ferrari 1871), influenzati da Witz (Kristeller, in una comunicazione al museo del giugno 1907) o forse di Michael Pacher (scheda cartacea; Trecca 1912). In effetti per entrambi gli artisti l’ambientazione nella cerchia pacheriana rimane tuttora quella più convincente: Santo Stefano e Sant’Agostino mostrano punti di contatto con opere del Maestro di Uttenheim (Altare di Sant’Agostino per Novacella, Flügelaltar della parrocchiale di Uttenheim; cfr. Madersbacher 1998, pp. 133-140, 147-154), mentre per San Bartolomeo e San Taddeo qualche più generico riferimento si può trovare anche in opere di Friedrich Pacher. Ciò che, invece, rende inusuali le portelle all’interno dell’ambiente tirolese di seconda metà del Quattrocento è l’impostazione delle figure fortemente orientata in senso monumentale, la ricerca sensibile dei passaggi chiaroscurali nella definizione dei volti, e la totale rinuncia agli apparati decorativi prediletti dal gotico maturo e tardo (il Pressbrokat, i paesaggi dettagliati degli sfondi, le incorniciature architettoniche). Sembra che i pittori all’opera si siano, in qualche misura, ambientati a Venezia e conoscano bene la pittura lagunare di pieno Quattrocento. Anche il modellino di chiesa tenuto in mano da Sant’Agostino, per quanto diverso dalla chiesa di Santa Lucia così come risulta dalle fonti iconografiche quattrocentesche, è però inequivocabilmente riferito a una chiesa veneziana e non certo a un modello tedesco o tirolese. Per l’ambientazione cronologica proponiamo il terzultimo o il penultimo decennio del XV secolo: forse una data non distante dal 1477, anno in cui il monastero passa di proprietà dalle monache del Corpus Domini alle agostiniane dell’Annunziata” (Spada Pintarelli 2010, cat. 93)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500715154
  • NUMERO D'INVENTARIO 220
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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