decorazione pittorica,
Leonbruno Lorenzo (attribuito)
1477/ 1537
L'accesso al primo camerino sussidiario, che si affaccia sul Giardino Segreto, è previsto dal corridoio interno dell'ala di Grotta (ultima soglia a destra, prima del giardino). Il piccolo ambiente, con soffitto a volta ribassata concluso da lunette perimetrali, conduce ad un secondo leggermente meno esteso. L'illuminazione è data da due finestre poste sul lato orientale verso il giardino. Nella prima lunetta della parete nord si conserva l'unico lacerto pittorico dell'originaria decorazione (il soggetto non è più leggibile)
- OGGETTO decorazione pittorica
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ATTRIBUZIONI
Leonbruno Lorenzo (attribuito)
- LOCALIZZAZIONE Complesso Museale di Palazzo Ducale
- INDIRIZZO Piazza Sordello, 40, Mantova (MN)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Isabella d’Este (1474-1539), consorte del quarto marchese di Mantova Francesco II (1466-1519), in seguito alle nozze celebrate nel febbraio del 1490, principiò la predisposizione di alcuni ambienti privati collocati attorno alla torre di sud-est del Castello di San Giorgio (Sala delle Armi), ancora identificabili nel piano nobile. Oltre all’organizzazione del noto Studiolo con la sottostante Grotta, disposti in allineamento verticale, l’estense volle allestire anche altri camerini i cui attuali accessi sono presso la Sala delle Armi (Camerino dei Nodi e delle Catenelle) e la Cappella di Castello (Camerino delle Fiamme). Due ulteriori ambienti ubicati al primo livello della fortezza sono certamente ascrivibili all’epoca della marchesa e del consorte: la torre di nord-ovest ospitava probabilmente la camera nuziale di Francesco e Isabella (Sala delle Sigle), mentre in quella di sud-ovest si trovava un grande locale voltato a crociera (A1, 30), modificato per larga parte dalla successiva realizzazione del sottostante Scalone di Enea. Alla morte del coniuge, avvenuta nel 1519, l’estense si trasferì presso la parte trecentesca di Palazzo Ducale, nell’ala sud-occidentale del pianterreno di Corte Vecchia, in ambienti che già avevano ospitato le consorti dei Gonzaga, quali Paola Malatesta prima e Barbara di Brandeburgo poi (forse in seguito anche Margherita di Wittelsbach). La scelta di Isabella di occupare due interi corpi di fabbrica, originariamente collegati e intersecati ad angolo retto attorno all’attuale Cortile d’Onore (già Cortile dei Quattro Platani con la perduta decorazione della Loggia delle Città), si intreccia probabilmente a concomitanti motivazioni: la comodità del piano terra oltre alla necessità di lasciare al figlio Federico II gli ambienti di Castello. La dimora vedovile - più ampia della precedente - era dunque composta dall’appartamento residenziale di rappresentanza posto nell’ala ovest di Santa Croce (dall’adiacente cappella palatina), cui spiccavano la Galleria e la Sala Imperiale, e dall’appartamento che ospitava la sua preziosa collezione di antichità e di pitture, ovvero l’ala meridionale di Grotta, con la Scalcheria, il ‘nuovo’ Studiolo e la ‘nuova’ Grotta, oltre alle delizie del Giardino Segreto (per un maggiore approfondimento degli ambienti ricordati, si rimanda alle relative schede di catalogo). Con il trasferimento presso Corte Vecchia, confermato già nell’ottobre del 1520 dal figlio Federico in una missiva ai prozii (Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, b. 2926, libro 262, cc. 97r-98r), Isabella fece spostare parte degli arredamenti dei due ambienti di Castello, Studiolo e Grotta, per riallestirli nel nuovo appartamento con il supplemento di integrazioni. Il destino di ‘migrazione’ dei due camerini non si concluse negli anni Venti del Cinquecento, ma si replicò ad oltre un secolo di distanza: dopo il sacco di Mantova del 1630, con il ritorno al potere del ramo cadetto dei Gonzaga, Carlo I Nevers volle, a conferma della linea di successione, trasportare nel suo Appartamento del Paradiso in Domus Nova, entrambi gli arredi. Se con i provvedimenti anti-aerei prescritti dopo Caporetto nel corso della Prima Guerra Mondiale, i cosiddetti ‘Gabinetti del Paradiso’ vennero smontati e trasferiti in Toscana (Gerola in Bollettino d’Arte, settembre-dicembre 1918), soltanto negli anni tra le due guerre ritornarono nell’ultima collocazione voluta da Isabella, nell’Appartamento di Grotta in Corte Vecchia. La residenza vedovile di Isabella d’Este, ben più ambiziosa della precedente in Castello, venne installata in una serie di ambienti di origine medievale (presumibilmente della seconda metà del Trecento e destinati a divenire sin da subito “sedi privilegiate di appartamenti di esclusivo utilizzo privato” grazie alla loro posizione defilata, Rodella in Algeri 2003), prevedendo diversi interventi strutturali coordinati dall’architetto Giovan Battista Covo. Gli apparati decorativi vennero piuttosto affidati in buona parte all’artista mantovano Lorenzo Leonbruno, il cui capolavoro è certamente la Sala della Scalcheria. Rispetto al piano nobile del Castello, nel quartiere di Corte Vecchia la marchesa poté usufruire di diversi spazi all’aperto come il Viridario con impluvium (nell’ala di Santa Croce), il Cortile di rappresentanza con la Loggia delle Città ed il Giardino Segreto, a carattere privato. L’ala vedovile di Grotta comprende l’intero prospetto sud del Cortile d’Onore, articolato dapprima nella grande sala della Scalcheria, passaggio d’obbligo verso la zona più riposta dei camerini di Studiolo e di Grotta, cui seguono due piccoli locali, conclusi dal Giardino Segreto. [SI PROSEGUE IN OSS - Osservazioni]
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0303267436
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Belle arti e paesaggio per le province di Brescia, Cremona e Mantova
- DATA DI COMPILAZIONE 2016
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0