storie della vita di Gesù

dipinto, ca 1640 - ca 1660

Ciclo di affreschi

  • OGGETTO dipinto
  • AMBITO CULTURALE Ambito Bergamasco
  • ALTRE ATTRIBUZIONI Zambelli Andrea
    Sanz Luca Bernardo
  • LOCALIZZAZIONE Almenno San Salvatore (BG)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Gli affreschi sono ben conservati: essi non furono mai scialbati. Essi furono realizzati insieme agli stucchi dell'interno della cappella: si confrontino le considerazione in scheda 03/00175420. Inoltre ricordiamo che davanti alla cappella, a segnalarne probabilmente l'appartenenza alla famiglia, sta la lastra tombale secentesca della famiglia Arrigoni de Birlis: cfr. scheda 03/00175365 e Manzoni cit. p. 195 n. 48. Pur non essendo attestata documentariamente una commissione da parte della famiglia, la si potrebbe supporre come probabile, sia per gli affreschi che per le pitture. Gli affreschi sono stati segnalati per la loro qualità ed assegnati al XVIII sec. in Inv. 1965 p. 65, dove si individuano gli argomenti delle singole scene del ciclo: Madonna e S. Giovanni Evangelista ai lati della Croce sull'altare, Orazione nel Getsemani e Natività di Gesù, Flagellazione, Coronazione di spine, Trionfo della croce, Caduta sotto la croce, Crocefissione: a queste scene correttamente identificate è necessario aggiungere lo sciupatissimo Dio Padre nella piccola tabella sulla sommità dell'ancona, verso la quale sono rivolti i due putti in stucco. Gamba 1971/72 p. 119 e Manzoni 1988 pp. 195-196 riprendono esattamente le parole e il giudizio del sacerdote Beretta. Inspiegabilmente anche Rossi, 1978 pp. 275-353, nell'ambito della definizione delle linee generali della pittura bergamasca anonima tra il 1630 ed il 1700, ripropone la assegnazione del ciclo ad un buon frescante operante nella chiesa nell'età -"forse già inizio del '700" p. 310- in cui il Cifrondi giovane lavorò alla pala dell'Assunta per l'altare principale (scheda 03/00175399). Rossi cit. inoltre scheda la Crocefissione e il Cristo deriso, e nel gruppo -p. 311- inserisce anche l'affresco del presbiterio con Giuditta con la testa di Oloferne, qui scheda 03/00175396. Definisce inaccettabile l'assegnazione dei dipinti ad Andrea Zambelli e a Bernardo Luca Sanz -facendo forse riferimento ad una tradizione orale- e fa confusione parlando anche di scene non esistenti in Almenno. Avanzando molteplici e non chiari parallelismi, individua come peculiari degli affreschi di Almenno il ductus pittorico sciolto, la volontà plastica ed espressiva, la gamma cromatica splendente, la marcata preferenza per composizioni addensate e folte, con gesti concitati dei personaggi e grimaces grottesche e violente. Proponendo una distinzione tra due mani, avanza confronti con le Storie della Passione di Cifrondi nella seconda Sacrestia di Alzano Lombardo. Sembra infine proporre l'identificazione del pittore di Almenno con il Quaglio, operoso nella terza sacrestia della chiesa di S. Martino ad Alzano Lombardo. Ma subito dopo Rossi sembra pensare a Storer per la scelta cromatica ricca e chiara, oppure, in Giuditta recante la testa di Oloferne, a Gian Giacomo Barbelli, sempre per lo squillare dei colori e per la tipologia delle positure. Ritengo accettabile e convincente la definizione dello stile del frescante della cappella del Crocefisso proposta da Rossi, ma penso che, proprio in base a questa sia necessario distinguere nettamente il gruppo di affreschi della cappella del Crocefisso da quelli del presbiterio, di una cultura ben diversa. Gli affreschi del presbiterio presuppongono una concezione unitaria e probabilmente una esecuzione per mano di un solo o forse due artisti operosi in Almenno negli stessi anni di Cifrondi a cavallo tra XVII e XVIII sec.. Ritengo inoltre necessario precisare gli argomenti degli undici riquadri del ciclo: Nascita di Cristo con angeli; Orazione nel Getsemani; Flagellazione; Incoronazione di spine; Caduta di Cristo e Veronica; Cristo Crocefisso con la Vergine, la Maddalena e Giovanni; Trionfo della Croce; Vergine; Giovanni; Paesaggio dal Calvario con la Croce; Dio Padre. E' opportuno aggiungere che il pittore che ideò il ciclo tenne conto della posizione dei riquadri partendo da un ritmo pacato del racconto sulle pareti laterali, ad uno più concitato ed intesamente drammatico sulla volta, fino al climax della croce portata in trionfo dagli angeli. Molti degli episodi della Passione di Almenno secondo me rientrano a buon diritto in una iconografia vulgata nel XVII sec., da cui pure dipendono gli affreschi con stesso soggetto nella seconda sacrestia di Alzano, e che ha le sue origini soprattutto in dipinti milanesi quali quelli di G. C. Procaccini -la Flagellazione di S. Maria della Passione a Milano e la Incoronazione di Spine di Scheffield-. Si veda come utile confronto lo studio condotto da De Pascale, 1985, p. 255 sulla fortuna di questa iconografia a proposito della produzione di Barbelli. A questo punto il riferimento a Gian Giacomo Barbelli genericamente avanzato da Rossi cit. si potrebbe precisare nel confronto con due sue tele nell'Oratorio della SS. Trinità a Romano di Lombardia: Flagellazione ed Incoronazione di spine: figg. in De Pascale, cit. p. 271. CONTINUA NEL CAMPO OSS
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà privata
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0300175421-0
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i beni storici artistici ed etnoantropologici per le province di Milano Bergamo Como Lecco Lodi Monza Pavia Sondrio Varese
  • DATA DI COMPILAZIONE 1996
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2006
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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