Jefte e la figlia
dipinto,
1680 - 1700
Paglia Francesco (attribuito)
1635/ 1714
dipinto con cornice argentata e modanata
- OGGETTO dipinto
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ATTRIBUZIONI
Paglia Francesco (attribuito)
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Palazzo Ducale
- INDIRIZZO Piazza Sordello, 40, Mantova (MN)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE I tre dipinti presentano interessanti quesiti, tanto in merito alla provenienza, quanto all'iconografia e all'attribuzione. Non sembrano mai citati in bibliografia o persino nei documenti d'archivio e sono stati inventariati solo nel 1998 come quadri della prima metà del XVII secolo, di scuola emiliana, raffiguranti storie di san Giovanni Battista. Si possono pertanto suggerire due opzioni circa la loro provenienza: o sono stati depositati in palazzo Ducale in tempi non lontanissimi e se n'è dimenticata l'origine, non essendo stati inventariati per tempo, oppure vi si trovano sin dall'origine e ne costituivano arredo fisso. In tal caso, è possibile che le tre tele non siano mai state inventariate se usate, a esempio, come sovrapporte. Un registro inventariale del 1787 (ASoMn, p. 69, n. 89) segnala la presenza, nell'appartamento di Guastalla, di sei "sovraporte [...] rappresentanti pezzi d'istoria sacra", che non è escluso siano rimaste in quelle stanze sino ai primi del Novecento, quando l'intero appartamento è rivoluzionato dai restauri di Patricolo. I dipinti sono recentemente inventariati come storie del Battista e per la precisione lo rappresenterebbero con le sante Maria Egiziaca e Maddalena, lo stesso tra Erodiade e Salomè e infine Erodiade e Salomè che ne chiedono ad Erode la testa. Le evidenti differenze tra le figure che dovrebbero rappresentare gli stessi personaggi nelle tre scene mi inducono a ritenere non affidabile questa lettura iconografica. Il cat. 454 mostra infatti, con ogni probabilità, un episodio biblico non troppo raro, soprattutto nella pittura del Seicento: l'incontro tra Jefte e sua figlia alle mura di Mizpa (Giudici, 11,34-35). Se come penso tutt'e tre le pitture rappresentano episodi vetero-testamentari, il cat 453 potrebbe raffigurare Lamech e le mogli Ada e Sella (Gen., 4, 19), secondo una soluzione iconografica peraltro piuttosto simile a quella adoperata nella serie Boni et Mali Scientia incisa su disegni di Maarten de Vos. Il cat. 455 potrebbe invece riferirsi a un altro passo della Genesi (29, 16): Giacobbe con le mogli Lia e Rachele, nel momento in cui Lia cede le mandragole trovate dal figlio Ruben a Rachele e ottiene in cambio di giacere con Giacobbe. La datazione al XVII secolo proposta nell'inventario della Soprintendenza è corretta: l'impaginazione delle scene con mezze figure in un formato orizzontale rimanda senz'altro al Guercino, mentre il loro stile trova riferimenti nello sviluppo dell'arte bolognese dopo la morte del maestro; noto tuttavia la presenza di elementi tipicamente lombardi, per esempio nella resa pittoricamente morbida del panneggio nel cat. 455. Rita Dugoni quindi mi suggerisce (com. or.) un'attribuzione al bresciano Francesco Paglia, confermata anche da Fiorella Frisoni (com. or.). Pur evidenziando alcune differenze qualitative tra le tre scene, che potrebbero non spettare alla stessa mano (sarà necessario un restauro per chiarirlo in maniera definitiva), il confronto con alcune opere di Paglia, come la Madonna col Bambino e i santi Felice di Valois e Diego d'Alcalà in San Francesco a Brescia, della fine del secolo (BEGNI REDONA 1994, p. 193), sembra convincente; preferisco però proporre una datazione lievemente anteriore alla pala francescana, poiché più forte è nelle tre tele mantovane il legame con l'arte del Guercino, presso il quale Francesco Paglia svolge il proprio apprendistato. Che Francesco Paglia sia stato a Mantova è certo e ne fanno fede i suoi appunti manoscritti, riguardanti anche la città virgiliana (Brescia, Biblioteca Queriniana, ms. A.IV.9). Una sua attività è però attestata solo nella provincia, per la precisione ad Asola, che però era all'epoca sotto la Serenissima. Qui Paglia dipinge una Madonna col Bambino e i santi Ignazio di Loyola e Teresa d'Avila per la cattedrale di Sant'Andrea (1690 ca.), forse la pala di Sant'Antonio di Padova e due dipinti ora nella sala consiliare della città: il Ritratto di Alberto Gozzi e di Marco Nascivera, del 1687 e firmato sul retro della tela "Fran:s Palea f.", e il Ritratto di Giovanni Marco Micheli, forse anteriore di un anno e attribuibile al bresciano per confronto col primo dipinto (per le opere di Paglia ad Asola si vedano: ANELLI 1999, le note della Casarin, in MANGINI 2001, pp. 206, 251 e 253; FISOGNI 2007, p. 391)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Stato
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0300152584
- NUMERO D'INVENTARIO St. 100969
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Palazzo Ducale di Mantova
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Mantova Brescia e Cremona
- DATA DI COMPILAZIONE 2008
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DATA DI AGGIORNAMENTO
2009
2013
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0