presentazione di Maria Vergine al tempio

dipinto, ca 1625 - ca 1625

dipinto con cornice intagliata

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Neri Pietro Martire (attribuito)
  • ALTRE ATTRIBUZIONI Fetti Domenico
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Palazzo Ducale
  • INDIRIZZO Piazza Sordello, 40, Mantova (MN)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto è ricordato per la prima volta dalla anonima Nota del 1748 (p. 172), nel complesso dei gesuiti: "Nella Scuola, detta l'Inferiora. La tavola all'altare, che dimostra la Presentazione della B. Vergine, è di Domenico Fetti". Nulla dice in proposito la Descrizione di Cadioli: probabilmente il dipinto, a seguito della ristrutturazione del collegio gesuitico avvenuta a cavallo della metà del Settecento sotto la direzione di Alfonso Torregiani, viene tolto dalla sua originale collocazione e non è più visibile. Un inventario del 1810 ricorda infatti nell'oratorio della scuola una pala di Giuseppe Bazzani, rappresentante l'Annunciazione e attualmente dispersa, che potrebbe aver sostituito la nostra tela (L'OCCASO 2008d, p. 15). Questa risulta invece depositata, nel 1781, presso il Regio Ginnasio, descritta come un "Quadro della Presentazione, del Fetti" (App. 3, n. 22). In seguito il dipinto dev'essere giunto nei locali della Biblioteca, poiché un inventario del 1870 vi indica un "Quadro in tela a olio: la Presentazione di M. V. al tempio, alto metri 2, largo 1,30 (si crede di Lucrina Feti)" (cfr. TAMASSIA 1996, p. 56). Nel 1881 il dipinto è tra i beni conservati nella Biblioteca e ceduti in proprietà al Comune e nel 1923 è tra le opere trasportate dalla Biblioteca in palazzo Ducale (cfr. TAMASSIA 1996, p. 62). Per trovare una nuova citazione bibliografica dell'opera, dopo l'isolata menzione settecentesca, dobbiamo aspettare il 1930, quando i PACCHIONI (1930, p. 149) ne pubblicano la foto con una attribuzione a "Domenico Feti (?)". La proposta viene accolta senza riserve da OZZOLA (1946, p. 18 n. 78; 1949, n. 158; 1953, n. 158) e così in seguito dalla maggioranza degli studiosi. OLSEN (1962, p. 131 nota 283) si accorge che la composizione deriva dal dipinto del Barocci realizzato per la chiesa del Gesù di Roma. La PERINA (1965b, p. 457) nota la discontinuità qualitativa della composizione, ma l'autografia del dipinto non è messa in dubbio; secondo LEHMANN (1967, p. 233 n. 69), invece il dipinto è "Sicher kein Original von Fettis Hand, wie schon aus der fast wörtlichen Übernahme der linken Randfigur aus dem Lunettone deutlich wird. Die Architektur ist für Fetti zu schwer und zu dunkel, die Figuren sind zum großen Teil verzeichnet, die Details übertrieben genau gesehen, die Kopftypen passen nicht in Fettis Oeuvre. Von einem Gehilfen, der vielleicht am Lunettone selbst mitgearbeitet hat, stammt das Bild mit einige Wahrscheinlichkeit". SAFARIK (1990, pp. 160-161 n. 42) analizza il dipinto, che ritiene databile ai primi anni mantovani di Fetti, ossia intorno al 1615, e precisa che la composizione deriva dal Barocci attraverso l'incisione realizzata quell'anno da Philippe Thomassin; lo studioso ritiene che la discontinua resa qualitativa dell'opera si debba proprio alla sua datazione "alta". Il dipinto è difficilmente databile al 1615 ca., come ritengono Safarik e Milantoni, poiché mostra una libertà pittorica che non ha riscontro nell'opera di Fetti di quegli anni, quando l'artista è ancora legato all'arte del Cigoli. Bisogna inoltre notare che il dipinto era collocato nella "scuola Inferiore" del collegio gesuitico, la cui costruzione inizia nel 1624 su impulso di Ferdinando Gonzaga, il quale solo nel 1625 è autorizzato a fondare l'Università. Se il dipinto è stato realizzato appositamente per quell'occasione, e non è stato piuttosto "reimpiegato", dovremmo supporre una datazione intorno al 1625, che necessariamente escluderebbe una paternità di Fetti, morto nel 1623 e allontanatosi da Mantova già l'anno prima (L'OCCASO 2008d, pp. 13-14). La qualità dell'opera è tuttavia alta, tanto da richiedere uno sforzo per una adeguata alternaiva attributiva. È difficile che si tratti di Andrea Motta (su cui: L'OCCASO 2010e, pp. 66-70), un suo stretto collaboratore che sembra tuttavia orientato verso diverse soluzioni formali. Nel terzo decennio del XVII secolo non dovevano mancare artisti, anche di alta levatura, usciti dalla "scuola" di Fetti: persino Viani e Santner ne assimilano la fluidità pittorica. Pietro Martire Neri, il quale secondo me, secondo Berzaghi, Marinelli e Tanzi (com. or.) sarebbe un candidato per la nostra pala, si forma sull'arte del pittore romano; merita d'essere indagato in tal senso il rapporto tra la tela mantovana e il Miracolo del cieco nato, giovanile opera di Neri, tutta di ascendenza fettiana. Vi si trovano le stesse figure consumate nell'ombra e le medesime pennellate rapide e sicure. Che il nostro dipinto sia servito d'ispirazione a Maffei, per la sua tela d'analogo soggetto nella Rotonda di Rovigo (ROSSI 1991, p. 14), o che possa aver ispirato la Presentazione del Genovesino in San Marcellino a Cremona, sarebbe certo un elemento a favore di un'autografia fettiana del nostro quadro, o perlomeno della sua visibilità e relativa celebrità. Rispetto all'incisione di Tommasin, entrambe (?) le opere testé citate mostrano CONTINUA NEL CAMPO OSS
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0300152020
  • NUMERO D'INVENTARIO Gen. 7029
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Palazzo Ducale di Mantova
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Mantova Brescia e Cremona
  • ISCRIZIONI sul copricapo del sacerdote - "sacro a dio" - a pennello - ebraico
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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