Madonna dell'Anello. matrimonio mistico di santa Caterina da Siena e i santi Giuseppe, Apollonia, Francesco e Domenico

dipinto, ca 1614 - ca 1615

dipinto con cornice lignea, ottocentesca, intagliata a ovuli e dorata

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Gatti Antonio (notizie 1597-1624)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Palazzo Ducale
  • INDIRIZZO Piazza Sordello, 40, Mantova (MN)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto nasce per la chiesa di Sant’Orsola, dove è ricordato nell’inventario di soppressione del 1786. Lo riconosco infatti senza esitazione nel “quadro grande in tela, con cornice di stucco e filetto di legno a vernice d’oro rappresentante la Beata Vergine, san Giuseppe, sant’Apollonia, santa Cattarina, san Francesco e san Domenico” collocato nella sagrestia della chiesa esterna: proprio l’indicazione che l’opera ha una cornice in stucco mi induce a credere che quella fosse la sua collocazione originale. Sempre nel 1786 il dipinto è menzionato nell’elenco di quadri presenti in Sant’Orsola e scelti da Giovanni Bottani per essere trasferiti nel Regio Ginnasio (d’Arco 1857-1859, II, p. 214 n. 63; Berzaghi 1983, p. 130); nel 1810 il dipinto è già in Accademia Virgiliana e nell’inventario approntato da Felice Campi, è detto provenire dalla chiesa delle Clarisse di Santa Paola, ma si tratta di un’affermazione errata, come visto. Nel 1827 la pala si trova nella cappella del Regio Liceo, dove rimane ancora oltre la metà del secolo; nel 1862, al passaggio di gran parte dei beni al Comune di Mantova, il dipinto rimane di proprietà dell’Accademia Virgiliana ma presso il Liceo, dov’è ancora nel 1874 (d’Arco 1874, p. 161); viene consegnato nel 1882 al Museo Civico, posto nel Palazzo Accademico (L’Occaso 2008, p. 25). Nel 1922 è depositato in Palazzo Ducale (Tamassia 1996, p. 61), dov’è tuttora. Due paffuti angeli sollevano in alto le cortine di un tendaggio rosso; nel registro mezzano è seduta la Madonna col Bambino sulle gambe; sulla sinistra è santa Caterina, alla quale il Figlio di Dio porge l’anello del matrimonio mistico, mentre sulla destra sono san Giuseppe e sant’Apollonia; in basso, a mezza figura, i santi Francesco e Domenico. Il soggetto è all’origine del nome ottocentesco della nostra pala, nota come la Madonna dell’anello. Indicato nel 1902 da Matteucci (nel Settimo prospetto) come di scuola del Parmigianino, il quadro è descritto nel 1922 come una copia da Raffaello di scuola parmense (Tamassia 1996, p. 61). Nell’inventario del Palazzo Ducale (1937) è detto di “Correggesco della seconda metà del ‘500”; l’Ozzola (1949, n. 68; 1953, n. 68) invece propone il nome di Innocenzo da Imola, scartato da Ragghianti (1962, p. 38) il quale ritiene che la pala sia “più tarda, lombardo-cremonese, vicina a Bernardino Campi ed anche nel correggismo al Gatti”. Un riferimento a un “artista post-giuliesco con influssi dei classicisti emiliani” è avanzato da Berzaghi (1983, p. 130). Bisogna poi attendere il 2006 per una nuova menzione della pala, allorché mi accorgo (in Bertelli 2006, p. 112 nota 212) dell’identità di mano tra la nostra “Madonna dell’anello” e la grande tela ora sull’altar maggiore di San Barnaba. Questa Madonna col Bambino e i santi Crispino e Crispiniano proviene dall’oratorio delle Quarantore e giunge in San Barnaba nel 1804 (?). In quell’occasione viene parzialmente rimaneggiata da Antonio Ruggeri, che per motivi devozionali la amplia e la trasforma in una Madonna col Bambino con i santi Barnaba e Marco. Questa pala va restituita, grazie al ritrovamento di alcuni documenti d’archivio, al pittore bolognese Antonio Gatti, che si impegna a dipingerla il 9 dicembre 1612 e la consegna l’anno seguente (ASMn, Camera di Commercio, b. 60); allo stesso Gatti spetta quindi anche il dipinto in Palazzo Ducale – come ho già avuto modo di accennare (L’Occaso 2008, p. 28) – poiché assolutamente analogo tanto per impostazione quanto per resa pittorica. Il pittore – padre di Fortunato – è documentato dal 1597 al 1624 ed è attivo a Bologna, Mantova, Guastalla e Parma; in particolare, in una lettera del 1621 egli stesso afferma di essere stato al servizio dei Gonzaga per dodici anni (Bertolotti 1885, pp. 59-60; Furlotti 2000, p. 299 n. 102). Credo che l’opera sia stata commissionata contestualmente alle altre grandi pale d’altare che in origine decoravano la chiesa esterna – il Miracolo del Sacramento del Bononi (cat. [338]) e il Martirio di sant’Orsola di Ludovico Carracci (su cui vd. p. 000) – e suggerisco quindi una datazione al 1614-1615 circa. Il 716 presenta una certa ecletticità di stile: la parte superiore è neo-correggesca, ma non priva di rimandi a Raffaello (la santa Apollonia), e nella sua struttura ricorda l’“accademia” carraccesca. La parte inferiore, con i santi Domenico e Francesco, sembra invece maggiormente legata al tardo-Manierismo: le dita affusolate delle due figure e gli incarnati trasparenti evocano il ricordo di Denjs Calvaert
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0300152012
  • NUMERO D'INVENTARIO Gen. 716
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Palazzo Ducale di Mantova
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Mantova Brescia e Cremona
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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