Virgilio (?)

dipinto, ca 1540 - ca 1540
Giulio Romano (cerchia)
1499 ca./ 1546

Affresco strappato e montato su un pannello; frammento di una più vasta composizione

  • OGGETTO dipinto
  • ATTRIBUZIONI Giulio Romano (cerchia)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Palazzo S. Sebastiano
  • INDIRIZZO Largo XXIV Maggio, 12, Mantova (MN)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE L'affresco viene strappato dalla sua sede originale entro il giugno 1873; il 27 del mese infatti il pittore e restauratore mantovano Giacomo Albè scrive al sindaco di Mantova informandolo che "un frammento di pittura affresco [sic] di ragione comunale rappresentante un Bacco a mezzo busto proporzione al vero di maniera giuliesca" è stato restaurato, gratis, da Luigi Malvezzi (ASCMn, tit. X-3-4, fasc. 7, 1873-1877). Non è certo, per quanto sia probabile, che anche lo strappo spetti a Malvezzi. In un elenco del 1895 di opere di proprietà comunale conservate nel palazzo Accademico, Intra descrive così la pittura: "Fauno suonante la zampogna - tolta dall'aula del Consiglio Comunale" (App. 11, n. 27). Se l'indicazione circa la provenienza di Intra è corretta, dobbiamo identificare lo stabile dal quale l'affresco è strappato con l'attuale palazzo del Comune, del quale MARANI (1963) ricostruisce la storia. Si risale alla metà del Seicento, quando l'edificio era di Scipione Gonzaga, principe di Bozzolo e del Sacro Romano Impero, duca di Sabbioneta, marchese di Ostiano. Nel 1922 l'affresco è depositato in palazzo Ducale (TAMASSIA 1996, p. 61), indicato nel relativo verbale come "1 Testa di Apollo (?) affresco trasportato con l'intonaco sec. XVIo. Maniera di Leon Bruno (?)". Qui rimane sino al 2004, data del suo trasferimento nel Museo della Città nel palazzo di San Sebastiano. Nell'inventario del 1937, l'affresco, rappresentante "un pastore laureato che sta suonando uno zufolo", è datato alla metà del '500. OZZOLA (1949, n. 311; 1953, n. 311) pubblica l'opera, forse per un semplice refuso, come di "scuola mantovana" del XV secolo, suggerendo al contempo per l'iconografia: "Pastore laureato che sta suonando uno zufolo". Di recente VENTURA (2005, p. 86) avanza un più pertinente giudizio stilistico: "dipinto ad affresco da un artista già inserito nella sfera giuliesca". Lo studioso tuttavia ritiene che il suonatore sia Apollo, il quale talvolta è rappresentato mentre suona il flauto piuttosto che il consueto strumento a corde. L'affresco è il frammento di una più vasta composizione, la cui integrità si ricostruisce grazie al bel disegno di Giulio Romano già in collezione Ellesmere e ora conservato nella Graphische Sammlung di Monaco (inv. 1981.51); questo rappresenta un Augusto e la Sibilla del quale non si conosceva la destinazione e che viene pubblicato da HARTT (1958, pp. 235 e 251), il quale lo giudica "the most ambitious of the late religious drawings" di Pippi, datandolo di conseguenza al 1540-1546 (anche: K. Oberhuber, in Giulio Romano 1989, p. 436). Una variante del particolare in alto a destra con l'epifania della Vergine col Bambino è studiata da Giulio Romano nel foglio conservato a Chatsworth (inv. 103). Occorre inoltre rammentare il foglio inv. 14197 dell'Albertina, già riferito a Pippi e raffigurante - seppure in maniera diversa - la stessa iconografia (BIRKE, KERTÉSZ 1995, p. 1844). Va notato tuttavia, osservando il foglio, che la figura sottostante il nostro pastore (altro non è), pare richiamare i giganti della sala di palazzo Te, decorazione che si conclude nel 1536; ritengo opportuna una leggera anticipazione dell'opera al 1540 ca. Spedite incisioni sono servite all'artista per riportare il disegno sull'intonaco mentre il colore è steso senza i pesanti contorni scuri che talvolta i collaboratori di Giulio prediligono. L'affresco intero, confrontando il disegno col nostro frammento, doveva essere alto oltre 350 cm. L'iconografia, rara nel Medioevo e nel primo Rinascimento, gode di notevole fortuna nel Cinquecento, anche poiché permette di interpretare la quarta egloga di Virgilio in chiave cristiana (COMPARETTI 1872, I, pp. 133-138). La sibilla in questione è talvolta indicata come la Tiburtina, talaltra come la Cumana, per una confusione tra la leggenda medievale che è alla base della nostra iconografia - che si riferisce alla Tiburtina (Albunea) - con la profezia della Cumana, cui lo stesso Virgilio fa riferimento nella quarta ecloga (4-5). L'invenzione di Giulio Romano tuttavia si distacca dalle altre redazioni del soggetto, di consueto ambientate in un interno o nei pressi di un'architettura, certo allusiva alla camera imperatoris. In esterno sono ambientate anche una teletta veronese dei primi del Cinquecento nel Museo di Castelvecchio (inv. 923-1B190; C.G. Brenzoni, in Museo di Castelvecchio 2010, pp. 289-291 n. 227.3), l'anta d'organo dipinta dal Romanino per Sant'Andrea di Asola nel 1525, un arazzo su disegno di Romanino (già collezione Benguiat, forse tessuto nel 1543-1545 a Mantova, da Nicolas Karcher: FORTI GRAZZINI 1997), la tela di Rutilio Manetti di palazzo Pitti (inv.1911, n. 840; I. Bichi Ruspoli, in Federico Barocci 2009, pp. 293-294 n. 24) e quella attribuita a fra' Semplice da Verona, a Chambéry (Musée d'Art et d'Histoire, inv. 142; MAZZA 1992, pp. 72-73). CONTINUA IN OSS
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0300151978
  • NUMERO D'INVENTARIO Gen. 11503
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Cremona, Lodi e Mantova
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Mantova Brescia e Cremona
  • DATA DI COMPILAZIONE 2010
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2009
    2013
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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