deposizione di Cristo nel sepolcro
dipinto,
(?) 1539 - (?) 1540
Ghisoni Fermo (attribuito)
1505 ca./ 1575
Dipinto privo di cornice
- OGGETTO dipinto
-
ATTRIBUZIONI
Ghisoni Fermo (attribuito)
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Palazzo Ducale
- INDIRIZZO Piazza Sordello, 40, Mantova (MN)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Le vicende esterne della pala sono analoghe a quelle della Flagellazione, cui rimando (cat. 163). Se questa era posta a cornu Epistulae, la Deposizione era a cornu Evangelii nella chiesa di Santa Paola; condividono gli spostamenti fino al 1892, quando la Deposizione viene trasferita presso la Biblioteca (cfr. p. 29); nel 1923 il dipinto giunge in palazzo Ducale (cfr. TAMASSIA 1996, p. 62), dove è oggi esposto. CADIOLI (1763, p. 108) attribuisce entrambi i quadri alla scuola di Giulio Romano. BARTOLI (1771-1799 [ed. 1985], p. 73) ritiene opportuno effettuare una distinzione, assegnando la Deposizione a Teodoro Ghisi. L'attribuzione è mantenuta anche dai CODDÈ (1837, p. 65), mentre ho l'impressione che a quest'opera si riferisca Eastlake, quando menziona presso l'Accademia Virgiliana: "Entombment, Ippolito Costa, very poor" (ms. EASTLAKE 1857 p. 110); INTRA, nel 1883 (p. 47), suggerisce per autore della tela Lorenzo Costa il Giovane, nome su cui concordano OZZOLA (1946, p. 11 n. 38; 1949, n. 69; 1953, n. 69) e la PERINA (1965b, p. 366), ma che viene invece respinto dalla GOZZI (1976, p. 56), la quale avanza un riferimento alla "cerchia di Ippolito Costa", mentre HARTT (1958, p. 277) lo dice più semplicemente "apparently by a pupil of Giulio", ricollegandolo in maniera non del tutto congrua al disegno inv. 1482E degli Uffizi. Nel 1989 Berzaghi, pur ritenendo che la pala d'altare di Santa Paola sia stata ritirata dai Gonzaga alla fine del Cinquecento (R. Berzaghi, in Giulio Romano 1989, p. 449), pensa che il nostro dipinto sia attribuibile a Fermo Ghisoni (ibidem, p. 450), per ripiegare successivamente su un più generico accostamento a "scuola di Giulio Romano" (R. Berzaghi, in Osanna 2005, p. 264). Alla base dell'articolata composizione, come nel caso della Flagellazione, è un'invenzione di Pippi, nota attraverso alcune copie e varianti, grafiche e pittoriche. È probabile che Giulio Romano sia partito da un'idea più tradizionale della composizione, testimoniata dal disegno 1482E degli Uffizi, e abbia poi elaborato questo innovativo modello di Deposizione, col Cristo quasi di spalle e il sarcofago in tralice, in una pala d'altare dipinta per Ludovico Guerrieri da Fermo e ricordata in San Domenico da VASARI (1550 [1966-1987], V (1984), p. 78: "una bellissima tavola d'un Cristo morto"). La datazione del perduto dipinto deve ruotare attorno alla morte - nel 1530 - del committente (HARTT 1958, p. 276; ZENTAI 1998, pp. 78-80; R. Berzaghi, in Osanna 2005, p. 265). L'originale disegno di Pippi è anche tradotto in incisione da Diana Scultori attorno al 1575 (MASSARI 1981, p. 89), mentre dalla pala di San Domenico, su cui tacciono anche le descrizioni settecentesche della chiesa, verrebbero alcune copie antiche. Oltre alla nostra tela, ricordo le piccole composizioni della Galleria Borghese e di palazzo Sordi, la Deposizione col cardinal Ercole Gonzaga in Sant'Egidio, attualmente attribuita a Ghisoni (R. Berzaghi, in Osanna 2005, pp. 260-267 n. 33), e un più tardo disegno a Lille (L'OCCASO 2008f, p. 78 nota 82). Una figura assai simile a quella di Cristo, ma in controparte, è affrescata sul lato ovest (?) della volta della sala di Troia. A testimoniare la fortuna iconografica dell'invenzione è anche una stazione della ottocentesca Via Crucis della parrocchiale di Sermide, forse riferibile a Domenico Bonomi. Rispetto alle altre versioni del tema, la nostra tela mostra significative varianti: rimane in pratica identica solo la disposizione del sepolcro e di Cristo, per quanto essi siano ruotati in modo tale da diminuire lo scorcio e aumentare la diagonale, intersecante una seconda obliqua che dalla Vergine, lungo la testa, l'omero e il braccio del Nazareno giunge alla Maddalena inginocchiata sulla destra. Anche la nostra Deposizione è ambientata in una grotta, della quale appena si scorge la roccia in alto, chiazzata di vegetazione come nell'invenzione giuliesca; manca il lembo di paesaggio in lontananaza. La vivacità cromatica, la carica emotiva delle figure, una certa sgraziata energia, inducono a datare la pala intorno al 1540 (cfr. cat. 163). Fermo Ghisoni - il nome proposto con molte cautele da Berzaghi - è a quelle date autore degli affreschi del sepolcro del cardinal Sigismondo Gonzaga, nella sacrestia del duomo (PECORARI 1998, p. 82 nota 29), caratterizzati da un maggior turgore plastico. [Cfr. Continenza di Scipione nella sala degli Imperatori in palazzo Te e nella camera di Attilio Regolo la Carità] La soluzione del Redentore di spalle, adagiato nel sepolcro posto in diagonale, esplorata negli stessi anni anche dal Parmigianino (cfr. POPHAM 1971, I, p. 246 n. 8), è adottata anche in un disegno della Fondazione Miniscalchi Erizzo di Verona, attribuito a Bernardino Campi (BORA 1982, p. 88), nella Deposizione di Felice Brusasorci nella Madonna di Campagna a San Michele Extra, presso Verona (S. Marinelli, in Proposte e restauri 1987, p. 182; DELL'ANTONIO 2004, pp. 85-86) e in un'incisione di CONTINUA IN OSS
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
-
CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0300151977
- NUMERO D'INVENTARIO Gen. 713
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Palazzo Ducale di Mantova
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Mantova Brescia e Cremona
- DATA DI COMPILAZIONE 2010
-
DATA DI AGGIORNAMENTO
2009
2013
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0