porta - ad un battente, opera isolata - produzione mantovana (sec. XIX)

porta ad un battente, 1814 - 1849

Porta ad un battente, composto da un doppio ordine di tavole sovrapposte e disposte in senso orizzontale su di un fronte e in senso verticale sull'altro fronte, unito da un fitto sistema di chiodi con punte ribattute; portellino apribile sul lato, verso l'alto al centro, munito di sistema di chiusura a chiave e due lunghe cerniere; un grosso chiavistello, fissato da larghe cerniere a barra. Alcune borchie in alto e in basso per il fissaggio di cerniere interne di collegamento ai cardini. Traccia di un altro sistema di chiusura a chiave, in seguito asportato e di cui rimane la toppa

  • OGGETTO porta ad un battente
  • MATERIA E TECNICA FERRO
  • MISURE Profondità: 7.5cm
    Altezza: 7.5 cm
    Larghezza: 199cm
    : 199 cm
    : 95.5cm
    : 95.5 cm
  • AMBITO CULTURALE Produzione Mantovana
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Palazzo Ducale
  • INDIRIZZO Piazza Sordello, 40, Mantova (MN)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La porta è situata nelle carceri politiche in cui furono imprigionati i Martiri di Belfiore, al secondo piano del Castello di San Giorgio. Più in particolare la porta mette in comunicazione il pianerottolo attiguo al corridoio (o vestibolo) delle carceri (che era anche dormitorio dei secondini) con una delle scale d'accesso al secondo piano della fortezza. Un punto dunque particolarmente nevralgico, che spiega lo spessore del battente e i particolari dispositivi di sicurezza per la chiusura. Il castello di San Giorgio fu costruito sul finire del '300 da Bartolino da Novara, ingegnere degli Estensi, per il marchese Francesco I Gonzaga, sfruttando forse precedenti strutture fortificate, come suggeriscono una torre priva di merlature e i capitelli di un lato del portico del cortile di fattura precedente. L'opera sorse in città, fenomeno alquanto nuovo almeno nell'area padana determinato dalle esigenze delle nuove signorie che si andavano via via affermando e che avevano la necessità di creare una valida struttura difensiva e contemporaneamente il desiderio di manifestare la propria potenza: fino ad allora, infatti, i castelli erano stati per lo più costruiti al di fuori delle città, ed erano stati considerati nella mente dell'uomo medievale realtà diverse, estranee fra loro e in un certo senso anche opposte. Bartolino da Novara decise che il castello dovesse sorgere proprio all'entrata di Mantova per permettere ai Gonzaga di garantire la protezione del ponte, servire come posto di avvistamento sull'intero bacino lacustre, diventare un rifugio sicuro per la corte in caso di sommosse interne ed essere soprattutto un monito e un emblema per la città e per chiunque. Per garantire tutto questo il castello fu progettato a pianta quadrata, con quattro torri angolari e controtorri che difendono le tre porte d'ingresso munite di ponte levatoio sul fossato che lo circonda. Il castello venne adibito a residenza da Ludovico II in occasione del Concilio di Mantova (1459) e venne adattato allo scopo da Luca Fancelli, cui si deve anche l'elegantissima loggia su due lati del cortile (1472). Gli interni mostrano i segni, a volte confusi, dei diversi interventi susseguitisi dal tardo Quattrocento sino alla fine del Cinquecento. E' pertanto difficile imbattersi in sequenze coerenti di stanze; la situazione è aggravata dalle successive trasformazioni ad archivio e a carcere (prima metà del '800) da parte degli austriaci. L'interesse è qui più che altro rivolto alle memorie risorgimentali, specialmente a quelle relative ai martiri di Belfiore, il cui episodio riguarda la prima di una lunga serie di condanne a morte per impiccagione irrogate dal governatore generale del Lombardo-Veneto, fedelmaresciallo Josef Radetzky; tutto questo rappresentò il culmine della repressione seguita alla prima guerra d'indipendenza e segnò il fallimento di ogni politica di riappacificazione. Presso l'ingresso, nella torre sud-ovest, vi è una stanza dello Zodiaco, carcere di Ciro Menotti, con una volta a crociera dipinta da Leonbruno e aiuti: al centro la figura di Ercole recante la scritta "Ubique fortis" sulla clava, circondata da dei olimpici e segni zodiacali, emana raggi che colpiscono un paesaggio roccioso brulicante di piccole figure. Sul lato occidentale, dopo le stanze del Custode, si trovano i luoghi dove furono detenuti don Enrico Tazzoli, Carlo Montanari e dove, in seguito, fu rinchiuso Felice Orsini, che riuscì ad evadere; nella torre nord-ovest, che reca tracce dipinte di festoni e imprese risalenti a Francesco II, fu incarcerato Tito Speri; nella prigione a nord, Carlo Poma; nel braccio meridionale erano situate le carceri femminili; nel torrione sud-orientale furono rinchiusi Bernardo da Canale e Angelo Scarsellini. Nell'ala est vi sono locali come l'infermeria, il corpo di guardia, il camerino dei Morti, la camera della Bastonatura; nella torre nord-est si trovava il carcere di Attilio Mori e sopra di esso, infine, quello di Francesco Montanari
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0300151475
  • NUMERO D'INVENTARIO Inv. St. 119672
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Palazzo Ducale di Mantova
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Mantova Brescia e Cremona
  • DATA DI COMPILAZIONE 2008
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2010
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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