bottiglia,
Bottiglia con corpo di forma leggermente svasata verso l'alto che poi stringe in modo netto in uno stretto collo per quindi nuovamente svasare in un'ampia imboccatura a tre festoni. Il punto più stretto del collo è arricchito di un filetto di vetro azzurro oltremarino. Nel vetro trasparente della bottiglia sono inserite grosse canule di lattimo parallele verticali alle quali è impressa una leggera torsione in corispondenza della strozzatura del collo
- OGGETTO bottiglia
- AMBITO CULTURALE Manifattura Muranese
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Museo del Territorio Biellese
- LOCALIZZAZIONE Convento di S. Sebastiano (ex)
- INDIRIZZO Via Quintino Sella 54/b - Biella, Biella (BI)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Dai documenti conservati nell'archivio del Museo si è ricavato che la collezione di vetri e ceramiche è stata messa insieme da Maria Poma nata a Biella il 30/4/1875 da Giuseppe Poma, collezionista, e Ernestina Pozzo e sposa di Enrico Guagno il 26/5/1900. Alla morte di Maria Poma, avvenuta nel 1953, il marito donò questa collezione al Museo in memoria di lei. I vetri e le ceramiche però trovarono una sistemazione soltanto alla fine del 1958, quando terminarono i lavori di trasformazione del vecchio archivio in sala espositiva per accogliere sia la collezione di Maria Poma sia i quadri di Enrico Guagno. La bottiglia identica Ë pubblicata da Mariacher (1959) a p. 68. L'unico elemento decorativo applicato all'ideale della forma cinquecentesca è qualche tocco di azzurro oltremarino come il filetto al collo della nostra bottiglia. La superficie non è liscia, le canule di lattimo sembrano in leggero rilievo. Questo è dovuto alla tecnica stessa di lavorazione. La denominazione lattimo è riservata ai fili di vetro bianco opaco per distinguerli dal vetro trasparente. Il lattimo, che si trova sopratutto nei vetri filati del Rinascimento veneziano, è un vetro dalla colorazione bianco latte ottenuta per mezzo di biossido di stagno o di arsenico. La decorazione con un filo di lattimo applicato alla superficie degli oggetti era già in uso presso gli antichi romani. Il vetraio muranese del Cinquecento riprese questa tecnica e riuscì a incorporare a caldo i fili bianchi lattei fondendoli nella materia stessa con cui soffiava gli oggetti
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100450922
- NUMERO D'INVENTARIO 343
- ENTE SCHEDATORE Comune di Biella
- DATA DI COMPILAZIONE 1994
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0