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tamburo,

Tamburo est africano in legno e pelle, con stringhe di pelle attorcigliate, tese a formare un motivo decorativo smerlato. Presenta due maniglie rivestite con le mesedime stringhe di pelle e usate per il trasporto

  • OGGETTO tamburo
  • MATERIA E TECNICA LEGNO
    PELLE
  • AMBITO CULTURALE Ambito Africa Orientale
  • LOCALIZZAZIONE Castello di Racconigi
  • INDIRIZZO Via Francesco Morosini, 3, Racconigi (CN)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Tamburi come quello in questione sono diffusi in africa orientale e in particolare in Buganda, regno formato da 52 clan e collocato nell’attuale Uganda. Presso le società Baganda questo tipo di tamburo viene chiamato embuutu (tamburo grande) ed è tradizionalmente associato alla sfera femminile. Nonostante ciò, in passato solo agli uomini era permesso suonare questi strumenti durante le attività comunitarie ed esistevano numerosi taboo legati all’utilizzo dei tamburi da parte delle donne, che, per esempio, non potevano toccarli durante il periodo mestruale e l’allattamento. Oggi certe tradizioni sono cambiate e le donne possono suonare qualsiasi strumento desiderino. Presso i Baganda il suono del tamburo accompagna le persone lungo tutta la loro vita: è uno strumento indispensabile sia nelle attività quotidiana delle comunità che nelle occasioni importanti e rituali. Tutte le celebrazioni che segnano un rito di passaggio nella vita delle persone sono accompagnate dal suono del tamburo, così come le cerimonie religiose e le attività legate al culto degli antenati. Questi strumenti sono associati all’autorità secolare dei sovrani e possiedono anche un grande potere spirituale e curativo. Per questo è considerato pericoloso maneggiarli nel modo sbagliato ed esistono varie regole su come usarli e riporli. Inoltre sono fondamentali mezzi identitari: ognuno dei clan che formano il regno di Buganda è contraddistinto da un mubala, ossia uno specifico ritmo suonato al tamburo che è unico, diverso da quello di tutti gli altri gruppi. All’interno del singolo clan il suono del tamburo viene usato per comunicare una varietà di messaggi, tra cui l’eventuale pericolo, la chiamata a compiere un dovere per la comunità e l’invito a partecipare a un’attività collettiva. Al loro arrivo i missionari giudicarono i tamburi come strumenti demoniaci e ne impedirono l’utilizzo. Oggi tuttavia, oltre che nelle cerimonie tradizionali, sono regolarmente utilizzati anche durante le messe, anche se lo stile musicale è stato modificato e adattato alle esigenze della chiesa. Tale pratica rappresenta un esempio emblematico di sincretismo religioso. Sin dall’inizio dell’era del colonialismo moderno, nel XVI secolo, viaggiatori ed esploratori dimostrarono interesse nel raccogliere e collezionare oggetti prodotti nei paesi che visitavano. Destinati inizialmente ad essere esposti nelle Wunderkammer, nelle quali personaggi facoltosi dell’alta società europea mettevano in mostra le “artificialia” prodotte da popoli lontani, divennero poi oggetto di studio da parte degli etnografi. Che fosse per studio o per diletto i collezionisti erano interessati ai cosiddetti “curiosa”, artefatti particolari il cui uso era ignoto agli europei e che venivano quindi percepiti come frutti di un ingegno esotico, ma anche agli oggetti di uso quotidiano, a quelli rituali e religiosi, e alle armi. Considerati testimonianze della vita di popolazioni “primitive” e di uno stadio dello sviluppo umano antecedente a quello moderno, tali artefatti erano preziose fonti di informazioni per gli studiosi e interessanti suppellettili esotiche per i ricchi collezionisti. Ben presto si sviluppò un florido mercato per tali oggetti, prodotti talvolta appositamente per essere venduti agli stranieri e in molti altri casi creati originariamente dalle popolazioni locali per il proprio consumo e poi acquistati dai visitatori di passaggio. Nati per l’uso quotidiano e divenuti articoli da collezione, i manufatti delle popolazioni lontane compirono un passaggio simbolico attraverso il quale guadagnarono lo status di oggetti pregiati, degni di essere donati a persone di spicco in occasioni importanti. Seppur in mancanza di documentazione puntuale, si può ipotizzare che il tamburo in questione sia stato acquisito da uno dei membri della famiglia reale di Savoia durante uno dei tanti viaggi che compirono in Africa. In alternativa potrebbe essere stato portato in Italia da una delegazione diplomatica del continente e dato in omaggio ai Reali. L'opera appartiene infatti a un corpus di oggetti extra-europei ricevuti in omaggio dai membri della famiglia reale di Savoia durante i loro viaggi, o offerti da delegazioni diplomatiche in visita in Italia. La consolidata tradizione di scambiarsi doni diplomatici tra monarchi, autorità religiose e capi di Stato è attestata sin dai tempi dell’antico Egitto e tutt’oggi risponde allo scopo di favorire, assicurare e mantenere buoni rapporti tra le parti. I doni, che assumono un valore, oltre che monetario, anche spiccatamente simbolico, sono spesso scelti in quanto rappresentanti l’essenza della Nazione o dell'istituzione che li offre. Si tratta infatti sovente di opere di artigianato, esempi di abilità manifatturiera, beni di lusso e artefatti di importanza storica realizzati con materiali locali. Attraverso l’esibizione di tali doni i dignitari promuovono la propria cultura e la propria patria ai livelli più alti delle pubbliche relazioni
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100450878
  • NUMERO D'INVENTARIO R 7052
  • ENTE SCHEDATORE Castello di Racconigi
  • DATA DI COMPILAZIONE 2022
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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