Due dottori dlla Chiesa
scomparto di polittico dipinto,
ca 1375 - ca 1380
Mariotto Di Nardo (attribuito)
notizie 1394-1424
DIPINTO: a fondo d'oro con rilievi, punzonato; 1 asse verticale con bordatura di listelli inchiodati sui 4 lati; CORNICE: del XIX secolo; dorata con fasce lisce. Telaio con incastro angolare a 45°; inserimento del dipinto con chiodi in ferro a sezione quadrata che forano lateralmente l'asse di supporto
- OGGETTO scomparto di polittico dipinto
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ATTRIBUZIONI
Mariotto Di Nardo (attribuito): pittore
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ALTRE ATTRIBUZIONI
Ambrogio Di Baldese
Orcagna Jacopo Detto Jacopo Di Cione
Gaddi Taddeo
Giotto Di Bondone
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Sabauda
- LOCALIZZAZIONE Manica Nuova
- INDIRIZZO Via XX Settembre, 86, Torino (TO)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Con il suo pendant (inv. 1, cat. 108), l'opera pervenne nelle collezioni della Regia Pinacoteca Nazionale il 28 aprile 1864, all'interno del legato della marchesa Giulia Colbert, vedova del marchese Tancredi Falletti di Barolo, che aveva già espresso il desiderio di lasciare alla Pinacoteca parte della sua collezione. I due pannelli entrarono nella collezione Falletti probabilmente nel secondo o terzo decennio dell'Ottocento, quando si avevano ormai lasciato Parigi, dove prevalentemente vissero fino al 1815, e si erano trasferiti a Torino. Essi probabilmente acquistarono i due dipinti a Firenze, dove erano soliti trascorrere l'inverno ed erano molto conosciuti nell'ambiente collezionistico. Dall'osservazione del retro delle tavolette si è notato che il sigillo dei Falletti è stato sovrammesso all'iscrizione a vernice nera, che è quindi anch'essa da ritenersi precedente all'ingresso dell'opera nella quadreria del marchese Tancredi. L'iscrizione nel dipinto ora inv. 1 della Sabauda reca il riferimento a Giotto. I due pannelli recano a tergo anche due etichette: una con l'iscrizione "Etruria Pittrice" seguita da un numero e un'altra con lo stesso numero e l'attribuzione a Giotto di Bondone, che secondo Fabrizio Corrado (1995) potrebbero essere state apposte in occasione di un'esposizione antiquariale svoltasi sull'onda del successo del volume di Niccolò Pagni e Giuseppe Bardi 'L'Etruria Pittrice ovvero storia della pittura toscana dedotta dai suoi monumenti che si esibiscono in stampa dal secolo X fino al presente' edita a Firenze nel 1791. In realtà, come ha dimostrato Vincenzo Buonocore (2004), l'indicazione di "Etruria Pittrice" indica l'appartenenza dei dipinti alla collezione fiorentina omonima di Alfonso Tacoli-Canacci (1724-1801). Infatti risultano descritti nei cataloghi manoscritti del collezionista a partire da quello del 1789 conservato presso la Biblioteca Reale di Madrid, in cui si indica: "14-15. Due piccoli quadri in forma di pilastri con fondo d'oro in ogn'uno dei quali sono rappresentati due Evangelisti figure intiere in piedi.-Tavola- B. 1 - B. 1/3 - di Giotto suddetto". I dipinti sono poi menzionati nell'inventario successivo, databile al 1790-1792 (Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Parma), come segue: "30-31. Tavole. Due piccoli quadri in forma di pilastri con fondo d'oro, in ogn'uno dei quali sono rappresentati due Evangelisti. Figure intiere in piedi. - B. 1 1/4 - B. 1/3. Di Giotto di Bondone - Di Cimabue - 1276. 1326 - 9". Infine sono compresi nel 'Catalogo Ragionato' stampato a Parma nel 1796 (conservato presso il Kunsthistorisches Institut di Firenze), con i nn. 384 e 385 e ancora l'attribuzione a Giotto con la quale presumibilmente passarono nella collezione Falletti di Barolo. Nella quadreria Falletti di Barolo le tavolette riferite a Giotto furono indicate con il numero 23 nell'inventario stilato da Massimo d'Azeglio, Luigi Gandolfi e Carlo Arpesani durante il sopralluogo effettuato a Palazzo Barolo tra febbraio e aprile 1864 per scegliere le opere per la Pinacoteca (Corrado 1995). Nell'inventario del 1866 sono date a Scuola fiorentina, mentre nello stesso anno compaiono nell''Indicazione sommaria' di Vico come opere di "Gaddi Taddeo Fiorentino", (e risultano esposte come opere "di prima scelta"; cfr. Corrado 1995, p. 156). Tale attribuzione è mantenuta nell'inventario Gamba del 1871, da Gamba (1884), da Jacobsen sia pure con qualche dubbio sull'autografia (1897), da Vesme (1899) da Pacchioni (1932, 1938, 1951) e da Gabrielli (1959). Nel 1965 la Gabrielli le attribuiva dubitativamente a Jacopo Orcagna detto Jacopo di Cione, a cui le dava per certo nel 1971, indicando che "un tempo le due tavolette erano riunite in un'unica cornice". Invece nel 1975 Boskovits attribuiva i quattro Evangelisti della Sabauda ad Ambrogio di Baldese, datandoli tra il 1375 e il 1380, quando l'artista, fedele seguace dei Cioni, era poco più che ventenne. Lo studioso ne indica l'appartenenza allo stesso complesso di cui facevano parte le tempere già della collezione Kleinberger di New York, raffiguranti i santi Lorenzo, Giovanni Battista, Antonio abate e un santo vescovo (cm 30 x 13 ognuna; Boskovits 1975, p. 275, fig. 360). Ma nel 1990 lo stesso Boskovits riteneva comunque ancora aperto il problema dell'attribuzione delle tavolette torinesi, considerando stavolta la possibilità di vedervi l'autore in Mariotto di Nardo, nel momento della sua probabile formazione nella bottega di Ambrogio di Baldese. Anche Sonia Chiodo (1999) concorda con l'attribuzione a Mariotto di Nardo giovane, sotto il cui nome è confluito gran parte del corpus di opere di Ambrogio di Baldese. In particolare i pannelli torinesi mostrano analogie significative, tipologiche e stilistiche, con i 'Profeti Isaia e Daniele' di Mariotto conservati presso la Galleria dell'Accademia di Firenze, databili nel 1375-1378
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Stato
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100350892
- NUMERO D'INVENTARIO 2
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
- DATA DI COMPILAZIONE 2012
- ISCRIZIONI retro, alto centro - 53/ illeggibile - a matita blu -
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0