Baccanale
dipinto,
Castiglione Giovanni Benedetto Detto Grechetto (attribuito)
1609/ 1663-1665
La scena si svolge nelle colline e nei monti consacrati ai riti bacchici. In primo piano un gruppo si assiepa sotto un'alto cippo dove si erge il busto di Priapo decorato con ghirlande. Un Satiro sfinito si poggia ad una baccante la quale regge una corona di alloro con la sinistra ed ha il capo decorato con un diadema. Insieme guardano la suonatrice di tamburello che sta alla loro destra. Un putto si regge con i gomiti sulle ginocchia del satiro, assorto nella visione e nell'ascolto della suonatrice. Sulla destra, ai piedi di alberi secolari, sono accatastati capi di selvaggina e nei pressi fa capolino un mulo. Sul fondo una satiressa ed altri putti dormienti
- OGGETTO dipinto
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ATTRIBUZIONI
Castiglione Giovanni Benedetto Detto Grechetto (attribuito): pittore
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Sabauda
- LOCALIZZAZIONE Palazzo Reale, Manica Nuova
- INDIRIZZO Via XX Settembre, 86, Torino (TO)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE L'opera proviene dalla quadreria di Palazzo Durazzo di Genova dove confluì probabilmente nel 1679, alla morte di Gio Luca Durazzo. Questi acquistò il dipinto nel 1659, all'asta pubblica dei beni del senatore Giovan Battista Raggi morto di peste nel 1657. Alla morte di Giovanni Luca il fratello minore, Eugenio, ne erediterà i beni ed acquisterà nello stesso anno il palazzo di via Balbi, a Genova, dove trasferirà buona parte dei dipinti. Nel 1824 il palazzo fu venduto ai Savoia e tra gli arredi risulta acquistato anche il dipinto con il Baccanale del Castiglione, pagato mille lire piemontesi, che aggiungerà Torino il 1 agosto 1837 in seguito al discusso trasferimento nella capitale sabauda delle opere di Palazzo Durazzo (Leoncini 2004, p. 250). Identificabile con il quadro "con Due dame et un satiro", descritto insieme ad altri cinque dipinti 'del Grechetto' nell'inventario di casa Raggi del 1658 -benché risulti di dimensioni leggermente più grandi (Lamera 1990, pp. 128-130)- il dipinto ha suscitato grande interesse già nella sua sede genovese tanto da essere citato dal Cochin -benché con attribuzione al Bassano- nelle sue note sulle opere di pittura e scultura italiane; Fragonard lo replicherà in un disegno del 1761 ora conservato al Beuningen di Rotterdam; Carlo Giuseppe Ratti farà grande lode del dipinto "di un Satiro, con una Baccante" nella Guida del 1766 e posteriormente il suo ingresso a Torino troverà gli apprezzamenti dello Jacobsen. Di contro taluni illustri cultori hanno rilevato una cromia troppo accesa nella carnagione e nei volti dei personaggi (Callery 1859; d'Azeglio 1841). La tradizionale attribuzione al Grechetto è stata comunque mantenuta dalla critica con l'unica voce dissenziente di Noemi Gabrielli che ha avanzato il nome di Francesco Castiglione, figlio di Giovanni Benedetto, il cui stile si caratterizza per influenze francesi; la studiosa ha trovato una giusta collocazione dell'opera attorno al 1714. Nella monografia dedicata al pittore genovese, la Percy recupera l'attribuzione tradizionale riferendo il dipinto al Grechetto sul 1655 (Percy 1971), una datazione che verrà anticipata dallo Standring di circa un decennio (1987). Qualche hanno più tardi Federica Lamera ha individuato per l'opera alcuni corrispettivi stilistici, tra cui il dipinto con Diogene conservato al Prado; con questa la tela di Torino trova profonde affinità, soprattutto nell'inquieta ambientazione e nell'accesa cromia, portando la studiosa a collocare il dipinto sabaudo tra il 1655 ed il 1665. La studiosa propone inoltre una più puntuale identificazione della scena rappresentata, riconoscendo nel putto che si regge con i gomiti sulle ginocchia del satiro e assorto nella visione e nell'ascolto della donna che suona il tamburello, 'Bacco che viene educato dalle ninfe di Nysa' (Lamera 1990). Nel 2004 l'opera è stata esposta alla mostra torinese sui maestri genovesi in Piemonte, con scheda redatta da Rossana Vitiello, e di seguito a Genova per l'esposizione dei capolavori della Collezione Durazzo. Nella scheda di presentazione per la mostra genovese Luca Leoncini sottolinea come l'opera sia stata molto considerata nella collezione genovese, dove ricoprì un posto di rilievo nel palazzo di via Balbi: era infatti esposta nel prestigioso salotto del Tempo, al secondo piano nobile, insieme ai dipinti più apprezzati della collezione Durazzo. A questa collocazione sarebbe da relazionare per Leoncini la forma ottagonale del dipinto; il salone fu infatti ristrutturato negli anni '80 del Settecento e l'opera sistemata nella una cornice muraria ottagonale per la quale fu adattato il suo contorno (Leoncini 2004). Il tema iconografico proposto nel dipinto fu molto frequentato dal Castiglione che lo ripropose in numerose versioni di disegni ed incisioni. Del quadro esiste una variante a Saint-Quentin nel Musée Lecuyer (Bean 1956) del quale una copia è nel Musée des Beaux-Arts di Digione (Percy 1971)
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100350846
- NUMERO D'INVENTARIO 340
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
- DATA DI COMPILAZIONE 2012
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0