Sante Prassede e Pudenziana
dipinto,
Gramatica Antiveduto (attribuito)
1571/ 1626
La tela è di una singolare forma ottagonale. Le due sante sono raffigugrate a mezzo busto, di fronte ad un tavolo di marmo con lato decorato a perline. A destra una delle sante spreme dalla spugna del sangue, raccolto in un vaso ansato e dorato; sulla sinistra la compagna, terminata la medesima azione, poggia la mano sinistra s'un vaso in vetro contenente del sangue, mentre la destra volge verso l'esterno della tela. Nello sfondo una base di colonna sulla sinistra ed un muro sfondato che apre sul cielo
- OGGETTO dipinto
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ATTRIBUZIONI
Gramatica Antiveduto (attribuito): pittore
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ALTRE ATTRIBUZIONI
Chiarini Marcantonio
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Sabauda
- LOCALIZZAZIONE Palazzo Reale, Manica Nuova
- INDIRIZZO Via XX Settembre, 86, Torino (TO)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE La composizione fa parte del lascito dei marchesi Falletti di Barolo che a loro volta avevano ereditato il dipinto dalla famiglia Spada. Pervenne alla Sabauda nel 1864 insieme al Suonatore di Tiorba, di proprietà degli stessi Marchesi. Nell'inventario di casa Faletti il dipinto è dato a Marcantonio Chiarini; la prima diversa attribuzione si deve a Roberto Longhi che avanzò il nome di Antiveduto Gramatica (Longhi 1928, I, p. 20). La proposta venne largamente accettata dalla critica contemporanea, tanto che la Griseri la riportò tal quale in un suo articolo del 1961 (Griseri 1961, p. 30, n. 141). Per un piccolo errore di interpretazione il dipinto venne di nuovo riferito al Chiarini nel catalogo della Galleria Sabauda redatto da Noemi Gabrielli nel 1971 (Gabrielli, 1971, pp. 103-104, n. 510). L'attribuzione al Gramatica è stata oggi definitivamente accettata dalla critica e recentemente si è fatta notare l'analogia che la composizione torinese, per via del raro tema iconografico, avrebbe con i dipinti eseguiti dal Gramatica sulla metà del secondo decennio del '600, per una prestigiosa commissione. I quadri erano destinati a far parte probabilmente dell'arredamento del nuovo Palazzo di Asdrubale Mattei a Roma (attuale via Caetani) ed erano raffiguranti martiri della prima cristianità. Documenti inventariali dell'epoca informano che tali dipinti erano costituiti da due coppie di quadri: nello specifico una tela con santa Francesca romana e nel suo pendant sant'Alessio; una tela con sant'Agnese con l'Angelo e una tela raffigurante le sante Prassede e Prudenziana (Benedetti 2009, pp. 230-235). I primi tre delle quattro composizioni sono andati dispersi, il quarto sarebbe appunto da riconoscere nella tela conservata alla Sabauda di Torino, per la quale già nel 1993 il Riedl ipotizzava la provenienza Mattei e proponeva una datazione tra il 1621 ed il 1626 (Riedl, 1998, n. 21). L'analogia tra il nostro dipinto e quello di analogo soggetto già di collezione Mattei diviene stringente difatti se si confrontano i dati materiali riportati dall'inventario ereditario del 1753 di Girolamo Mattei; questi informano del particolare taglio della cornice ma soprattutto delle misure, uguali a quelle del dipinto ora a in Sabauda. Il tema dei protagonisti della prima cristianità coinvolse il Gramatica anche per due tondi ora conservati alla Pinacoteca di Brera, realizzati probabilmente in tempi molto vicini la tela torinese che, se riconosciuta con la tela già Mattei, sarebbe da collocare non oltre il maggio 1616, data entro la quale fu realizzata la cornice del dipinto, come accertato da un documento recuperato da Cappelletti-Testa; una cronologia questa che fu proposta già dal Benedetti e successivamente da Anna Maria Pedrocchi (Benedetti 2009, pp. 230-235). La tela andrebbe collocata pertanto in coincidenza della fase di maggiore crescita professionale del Gramatica, nella quale si inanellarono importanti commissioni da parte di personaggi di rango come il marchese Vincenzo Giustiniani, la famiglia Mattei appunto, i cardinali Alessandro Peretti-Montalto e Ferdinando Gonzaga, nonché la famiglia Savoia, che nel 1621 invitò addirittura il pittore a raggiungere la corte torinese, ma senza esiti, e che a questi commissionò ben dieci opere, in parte perdute ed in parte riconoscibili nelle due serie delle Muse, oggi conservate a Palazzo Chiablese e presso il Circolo degli Ufficiali del Presidio di Torino, e nella Madonna col Bambino del Castello di Moncalieri (Di Macco 1995, pp. 362-363, tavv. 56-57; Arena 1999, pp. 94-95). Come precisato da recenti considerazioni, al raggiungimento di tale fama contribuì certamente l'esperienza vissuta dal pittore senese agli inizi del '600 assieme al Merisi in bottega; subito dopo il Gramatica si aprì a composizioni di nuovo naturalismo, studiando in particolare le rappresentazioni di nature morte al fianco del soggetto e realizzando di queste dei freschissimi esempi (Triponi, 2002 -ma 2003-, pp. 119-129); tali interessi si colgono nella composizione torinese, segnatamente nel prezioso brano sul tavolo marmoreo con il virtuosistico vaso in vetro e del bacile in ottone
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100350826
- NUMERO D'INVENTARIO 129
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
- DATA DI COMPILAZIONE 2012
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0