ritratto di vecchio gentiluomo
dipinto,
ca 1570 - ca 1580
Robusti Jacopo Detto Tintoretto (bottega)
1518/ 1594
Cornice riccamente intagliata e dorata
- OGGETTO dipinto
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ATTRIBUZIONI
Robusti Jacopo Detto Tintoretto (bottega)
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ALTRE ATTRIBUZIONI
TIZIANO VECELLIO
Da Ponte Jacopo detto Jacopo Bassano
Da Ponte Leandro Detto Leandro Bassano
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Sabauda
- LOCALIZZAZIONE Manica Nuova
- INDIRIZZO Via XX Settembre, 86, Torino (TO)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Proviene dalle raccolte del Palazzo Ducale di Torino. D’Azeglio e Callery lo assegnarono a Tiziano, poi fu attribuito a Jacopo Bassano. Per Arslan (1931) non era nemmeno bassanesco e per la Gabrielli (1971) assegnabile a Leandro Bassano. Da allora la critica tace riguardo al dipinto, citato internamente al Museo con la storica attribuzione a Jacopo Da Ponte. Sulla base dell’essenzialità dei dettagli riprodotti, che nulla tolgono al personaggio rappresentato conferendogli semmai maggior spessore psicologico e notevole dignità, e in ragione dell’impiego limitato della tavolozza cromatica e dell’ambientazione lasciata neutra dalla quale emergono a tratti alcuni dettagli - di preferenza metallici - dell’abito (Rossi, in Jacopo Tintoretto. I Ritratti, 1994, pp. 13-37), pare al momento preferibile orientare la paternità dell'opera verso la bottega di Jacopo Tintoretto a ridosso del settimo od ottavo decennio del Cinquecento o tuttalpiù avvicinarla all’ambito di Giovanni Battista Moroni. Il nome del veneziano riceve motivazione da una certa sensibilità nella rappresentazione dell’età senile dell’effigiato, posizionato di tre quarti e illuminato da sinistra, così come nella resa dell’incarnato e della barba soffice che si ritrovano simili nel Ritratto di vecchio con pelliccia di Vienna o in quello di vecchio senatore della collezione romana Vitetti, entrambi datati agli anni settanta del Cinquecento (Rossi, 1974, nn. 150, 153; Ead., in Jacopo Tintoretto. I Ritratti, 1994, p. 140). Gli esempi citati condividono inoltre con il dipinto sabaudo anche la scelta cromatica limitata ai chiari e agli scuri. Secondo una testimonianza resa da Carlo Ridolfi pare infatti che il maestro avesse esplicitamente manifestato una preferenza per l’utilizzo del nero e del bianco, rispettivamente capaci a suo dire di conferire forza e profondità alle figure e alle ombre e di dare rilievo. Il nome del Moroni pare invece richiamato in termini più generali dalla posa del gentiluomo seduto su una seggiola - come si evince con maggior chiarezza dalla fotografia del dipinto allegata al catalogo della Gabrielli (1971) - e dal dettaglio iconografico del monile con il leone marciano sormontato da una croce, che indubbiamente indica una benemerenza conseguita dall’anonimo personaggio raffigurato. Si ritrova infatti simile in alcuni ritratti licenziati del pittore bresciano: come quello del Collaterale Generale per la Repubblica di Venezia nonché futuro Cardinale Gian Gerolamo Albani (Roma, Collezione Roncalli), datato dalla critica agli anni 1563/1570 o in quello del conte Bonifacio Agliardi del Museo di Chantilly (si veda Giovanni Battista Moroni, 1979, p. 175 n. 48; Rossi, 1991, pp. 106-107)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Stato
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100350801
- NUMERO D'INVENTARIO 441
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
- DATA DI COMPILAZIONE 2012
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0