Madonna col Bambino. Madonna con Bambino in trono e angeli
dipinto,
post 1280 - ante 1285
Duccio Di Boninsegna (1255 Ca./ 1318-1319)
1255 ca./ 1318-1319
Tavola rettangolare, costituita da tre assi verticali. Supporto lievemente incurvato. Fondo oro. Cornice originale, modanata, dorata e dipinta
- OGGETTO dipinto
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ATTRIBUZIONI
Duccio Di Boninsegna (1255 Ca./ 1318-1319): pittore
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ALTRE ATTRIBUZIONI
Ambito Toscano Pregiottesco
Cimabue
Maestro Della Pala Rucellai
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Sabauda
- LOCALIZZAZIONE Palazzo Reale, Manica Nuova
- INDIRIZZO Via XX Settembre, 86, Torino (TO)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Nel Cinquecento il quadro servì come tavola preparata per una pittura manierista di scuola del Pontormo. Ancora in queste condizioni comparve sul mercanto antiquario fiorentino attorno al 1910, quando risultava di proprietà dell'antiquario Pavi. Entrò quindi nella collezione fiorentina di Egidio Paoletti, per poi passare di proprietà dell'industriale romagnolo Giuseppe Verzocchi (1887-1970) a Milano. Intanto la tavola veniva liberata dalla ridipintura cinquecentesca. Nel 1920 l'opera fu sequestrata per sospetta provenienza illegale, mai confermata dall'autorità giudiziaria, e depositata presso la Pinacoteca di Brera. Nel maggio di tale anno sulla rivista 'Emporium' si leggeva che, per l'inconsistenza dei sospetti sull'illiceità della provenienza, il quadro sarebbe tornato "quanto prima al fortunato suo ultimo proprietario, il signor Giuseppe Verzocchi di Milano che lo ha comperato per 350.000 lire"; nell'articolo si riferiscono inoltre le dicerie sul dipinto "sequestrato nello studio di un noto restauratore" e del suo originario trafugamento "da un convento nei pressi di Firenze" (cfr. Pace 2007, p. 594 e p. 598 nota 3). Circa la "riscoperta del Duccio", sottostante la ridipintura cinquecentesca, Pace riporta che l'evento fu accreditato dalla stampa del tempo all'antiquario fiorentino Stefano Bardini; tuttavia in nota chiarisce che "nei recenti studi sulla vita e sull'attività del Bardini antiquario e collezionista non lo si connette con le vicende di questo dipinto" e inoltre che "viene comunque da dubitare che davvero di lui si sia trattato perchè al suo occhio di conoscitore difficilmente sarebbe sfuggita la qualità di un quadro e il suo valore economico, ben superiore alla cifra del suo acquisto da parte del Verzocchi" (Pace 2007, p. 594 e p. 598 nota 2). Il dipinto fu poi rivenduto da Verzocchi per 700.000 lire a Carlo Balboni, un antiquario "o piuttosto mediatore", che subito tentò di metterlo sul mercato estero, esportandolo a Vienna e poi riportandolo in Italia dove, con disinvoltura, si impegnò nella sua vendita: prima con l'avvocato torinese Riccardo Gualino (Biella 1879 - Firenze 1964), industriale e mecenate, poi con il mediatore di un museo di Boston non meglio identificato (verrebbe da pensare all'Isabella Stewart Gardner, tramite Bernard Berenson). Quindi la tavola venne esposta per qualche tempo nel museo di Vienna (nel 1924 risulta di proprietà del governo austriaco) e poi, per interessamento del governo italiano, nel 1925 fu acquistata da Riccardo Gualino (Venturi 1926, pp. 90-91, tav. I; Venturi 1928, tav. 6; Pace 2007). L'opera venne esposta nella casa torinese dei Gualino in via Bernardino Galliari, insieme ad altri dipinti, sculture, oreficerie, mobili antichi, reperti archeologici e vari manufatti preziosi della prestigiosa collezione. Riccardo Gualino stesso ricorda l'opera nella sua abitazione con alcuni altri capolavori (le due tavole di Lorenzo Veneziano, la 'Madonna' già attribuita a Cosmè Tura, 'Venere e Marte' di Veronese, le oreficerie) "opportunamente messi in rilievo" (Riccardo Gualino, 'Frammenti di vita', Milano 1931, ristampato in Gualino 1966, p. 106; cfr. Tardito Amerio 1982, p. 35). || Nel 1926 e nel 1928 l'opera era ancora attribuita a Cimabue da Lionello Venturi che - come la maggioranza degli studiosi - affermava essere "della medesima mano della 'Madonna Rucellai' in S. Maria Novella a Firenze...considerata opera di Duccio o Cimabue... Oggi [quando Venturi scriveva] prevale l'attribuzione a Cimabue, che viene estesa al quadro esposto". Nel 1930 Riccardo Gualino - a seguito del successo riscosso due anni prima in occasione della mostra di parte della sua collezione presso la Galleria Sabauda - decideva di donare al museo torinese una cospicua parte di quelle opere, fra cui questo dipinto. L'opera veniva registrata con l'attribuzione a Cimabue. Poco dopo Pietro Toesca ('Il Medioevo', Torino 1927, pp. 1047-1048; ad vocem 'Cimabue', in 'Enciclopedia italiana', X, Roma 1931) e Bernard Berenson (1932, p. 349) l'hanno accostata alla 'Madonna dei Servi' di Cimabue a Bologna, di tipologia e iconografia affini. Luigi Coletti ('I primitivi', Novara 1941-1947, 3 voll., I, 1941, p. XXXIV) riteneva l'opera affine a quella del Maestro della Maddalena. Nel 1950 (lettera del Soprintendente Carlo Aru del 21/6/1950) la 'Madonna Gualino' risulta esposta con l'attribuzione al cosiddetto Maestro della Pala Rucellai, opera quest'ultima (ora agli Uffizi) ritenuta di un artista diverso da Duccio secondo il parere di Toesca (cfr. Imponente 1982, p. 42). Si è quindi scelto la generica definizione di "Opera d'arte toscana del XIII secolo" (Inventario corrente, compilato a partire dal 1952, con la direzione Noemi Gabrielli, pp. 1-2) o "Arte toscana pregiottesca" (Pacchioni 1951, p. 11). ||(continua in AN, OSS)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Stato
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100217066
- NUMERO D'INVENTARIO 10
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
- DATA DI COMPILAZIONE 2006
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DATA DI AGGIORNAMENTO
2012
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0