resurrezione di Cristo e Santi vescovi

disegno, ca 1550 - ca 1550

Carboncino con uso di sfumino, gesso, tracce di matita e biacca, acquerello seppia e bistro; il cartone è composto da quindici fogli di vario formato, uniti per sovrapposizione dei bordi. Non compaiono segni di ricalco a coltello o di traforatura per spolvero, ma pallidi tratti di quadrettatura uniformemente sparsi. Lungo il lato superiore corre un bordo di rinforzo cartaceo, costituito da fogli di recupero, con frammentarie tracce di disegni a carboncino e biacca. Vi è raffigurato Cristo che esce fuori dal sepolcro col vessillo nella mano sinistra, circondato da soldati (se ne contano sette); negli angoli in basso a destra e a sinistra si vedono due santi vescovi in ginocchio e con le mani giunte in preghiera

  • OGGETTO disegno
  • MATERIA E TECNICA carta/ carboncino/ gessetto/ matita/ acquerellatura/ bistro
  • ATTRIBUZIONI Giovenone Giuseppe Il Giovane (1524/ Ante 1609): esecutore
  • ALTRE ATTRIBUZIONI Gaudenzio Ferrari
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Pinacoteca dell'Accademia Albertina di Belle Arti
  • LOCALIZZAZIONE Accademia Albertina di Belle Arti
  • INDIRIZZO Via Accademia Albertina, 8, Torino (TO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Le vicende dei cartoni dell'Accademia Albertina sono state ricostruite da Pierluigi Gaglia (in Romano G., 1982, pp. 26-33). Non si conosce la data di ingresso del cartone nelle collezioni sabaude; si può solo provare una sua presenza nella Regia Galleria anteriore al periodo napoleonico. Non si hanno notizie circa il prelevamento di cartoni da parte della commisione francese incaricata di esportare le opere d'arte. Trasferito nei Regi Archivi di Corte verosimilmente dopo il 1814 (anno del ritorno dei Savoia), il cartone fu donato da re Carlo Alberto all'Accademia Albertina il 13 aprile 1832, insieme ad altri 53 cartoni. Collocato provvisoriamente in Palazzo Madama, raggiunse l'attuale edificio dell'Accademia nel 1837. Nell'elenco steso dal Gran Ciambellano Carlo Emanuele Alfieri di Sostegno al momento della donazione, il cartone veniva assegnato a Gaudenzio Ferrari col numero d'inventario 26, visibile stampato ad inchiostro in basso a sinistra (Bollea L. C., 1932, p.491). Tale attribuzione fu ripresa da G. Colombo (1881, p. 244), da E. Halsey (1904, p. 223) e da N. Gabrielli (1933, pp. 155, 197); quest'ultima lo metteva in relazione, insieme al cartone n. 342 (NCTN: 00209700) dell'Accademia Albertina (raffigurante gli angeli con gli strumenti della Passione) con il dipinto n. 54 della Galleria Sabauda di Torino, avente per soggetto la Resurrezione di Cristo, due santi vescovi e, in alto, gli angeli con gli strumenti della Passione. Andreina Griseri (1956, pp. 139-140; 1958, p. 85), studiando il su citato dipinto della Sabauda attribuito a Giuseppe Giovenone il Giovane, ha assegnato a questo pittore anche i due cartoni dell'Albertina, che da allora sono stati concordemente ritenuti opera di Giuseppe Giovenone il Giovane. Paola Astrua (in Romano G., 1982, pp. 194-197), cogliendo nel cartone "lo stile personalissimo di Giuseppe il Giovane", notava l'emergere del "riferimento alla maniera possente dell'ultima attività di Gaudenzio"; in particolare, per quel che riguarda la figura del Cristo, stabiliva una connessione col Cristo risorgente di Gaudenzio della National Gallery di Londra, databile al 1540 circa. La Astrua individuava in Bernardino Lanino il possibile tramite dell'aggiornamento di Giuseppe il Giovane sugli sviluppi di Gaudenzio a Milano e sulla pittura milanese. La complessa rete di riferimenti ad opere del Gaudenzio e del Lanino della fine del quarto e del quinto decennio evidenziata dalla studiosa, unita all'affinità delle sottolineate anatomie dei due guerrieri che si schermano il volto con alcune figure affrescate dal Lanino in San Nazzaro a Milano intorno al 1548 circa, può consentire una datazione del cartone intorno alla metà del secolo, come proposto da Pierluigi Gaglia (in Dalmasso F./ Gaglia P./ Poli F., 1982). La Astrua ha messo in evidenza la differenza qualitativa tra il cartone e la tavola della Sabauda "piana traduzione in prosa riduttiva e banalizzata degli sforzi di ideazione progettuali"; il divario pare imputabile al massiccio intervento della bottega nella realizzazione del dipinto. In basso a destra vi è una scritta scarsamente decifrabile e il numero 519, risalente ad una inventariazione precedente quella carloalbertina
  • TIPOLOGIA SCHEDA Disegni
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100209701
  • NUMERO D'INVENTARIO 326
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
  • DATA DI COMPILAZIONE 2004
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2007
  • ISCRIZIONI in basso a sinistra - 26 - a impressione -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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