RELIQUIARIO - A OSTENSORIO, opera isolata - ambito toscano (ultimo quarto sec. XIX)
Piede a sezione triangolare; fascia ornata da elemento circolare centrale verso il quale convergono, simmetricamente, girali vegetali. Sulla fronte, alla fascia inferiore, si sovrappongono, con andamento digradante, una corolla floreale con fasci di foglie laterali ed ulteriore fascia analoga alla precedente. Fusto costituito da due foglie di acanto fortemente allungate, opposte, con andamento a voluta. Elemento di raccordo, a forma di fiore con quattro petali allungati, centrale. Teca dal profilo ovale, ornata lateralmente da coppie di foglie di acanto accartocciate ed elementi vegetali con bacche. Alla sommità, corolla floreale stilizzata sopra la quale è montata una croce latina con terminazioni lobate. In corrispondenza del vertice posteriore del piede si diparte un sostegno metallico per sorreggere fusto e teca che termina con anello circolare per fissare o appendere il reliquiario
- OGGETTO reliquiario a ostensorio
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MATERIA E TECNICA
argento/ doratura
argento/ filigrana
argento/ sbalzo
CARTA
VETRO
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MISURE
Profondità: 5 cm
Altezza: 24 cm
Larghezza: 10.5 cm
- AMBITO CULTURALE Ambito Toscano
- LOCALIZZAZIONE Palazzo Reale
- INDIRIZZO piazzetta Reale, 1, Torino (TO)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE [continuazione DESO] All'interno di essa, fondo in velluto tagliato ad un corpo bordueaux, sul quale sono poste, su ovali di carta gialla, due reliquie con cartigli rettangolari. Nella teca sono contenute due reliquie delle ossa di S. Elena e S. Romualdo, alle quali è allegata autentica, proveniente da Roma, datata 8 luglio 1887, nella quale si conferma che le reliquie si trovano in reliquiario d'argento; sulla carta c'è impresso uno stemma diviso in due parti (coronato?), in quella superiore, un'aquila con ali spiegate, in quella inferiore suddiviso in due sezioni, la prima con un sacchetto e la seconda bandata. E' sormontato da stemma con leone rampante e indicazione "card. Lucidus Maria Tituli S. Crucis in Hierusalem". Il reliquiario venne donato dalla famiglia De Giudici nel 1904 alla regina Margherita (Torino, 1851-Bordighera/IM, 1926) a ricordo del suo soggiorno a Camaldoli e da questa alla cappella della SS. Sindone l'11/09/1904. Contenuto nella custodia originale, venne acquistato presso il gioielliere Francesco Prosperi di Arezzo, attualmente non rintracciato nei repertori noti. Sintomatica della volontà, da parte dei donatori, di lasciare alla regina un ricordo specifico del territorio, anche sotto il profilo devozionale, la presenza di una reliquia di S. Romualdo (Ravenna, metà sec. X-Val di Castro, 1027 ca.), fondatore di numerosi monasteri riformati, ove si sancisse la superiorità della vita eremitica rispetto al cenobio, l'ultimo dei quali fu stabilito, intorno al 1023 nel pianoro di Camaldoli e che, data la sua notevole fortuna, diede nome di Camaldolesi ai monaci dell'ordine fondato dal santo stesso, cfr. G. Tabacco- P. Cannata, voce Romualdo, santo, in Bibliotheca Sanctorum, Roma, 1968, vol. XI, pp. 365-384. Meno evidente appare, invece, il riferimento a s. Elena (Drepanum, metà III sec./328-330), madre dell'imperatore Costantino e fondatrice di importanti basiliche in Terrasanta, cfr. A. Amore-E. Croce, voce, Elena, madre di Costantino, santa, Ibidem, 1965, vol. IV, pp. 988-995, forse da mettersi in relazione con la comune sorte regale delle due donne, o, forse, da connettersi, latatamente, con la realizzazione del celebre ciclo di affreschi dedicato al tema della storia della croce di Cristo (1452-1462), del cui ritrovamento ella fu responsabile, opera di Piero della Francesca (Borgo S. Sepolcro/AR, 1415/20-1492) e conservato nella chiesa di s. Francesco di Arezzo. Da un punto di vista stilistico, l'oggetto presenta elementi decorativi spiccatamente di gusto neorocailles, quali l'andamento mosso del profilo, determinato dalla struttura formata esclusivamente da foglie di acanto variamente allungate o accartocciate, alternate a fiori di giglio, sinonimo di purezza, secondo un tipico gusto, affermatosi nella seconda metà del Novecento, di studio e di rifacimento "in stile" di modelli desunti dalla storia artistica dei secoli precedenti, particolarmente caro alla stessa regina Margherita nel riallestimento di numerosi ambienti delle residenze sabaude da lei abitate. Dello stesso tipo di gusto fa parte anche l'impiego della filigrana che aumenta la preziosità e sottolinea il virtuosismo dell'opera. Per alcuni confronti con varia produzione settecentesca da cui trassero spunto gli argentieri attivi nella seconda metà del XIX secolo, M. C. Paolini, schede nn. 26-27, in M. Vercellotti (a cura di), Gli ori di Oropa riscoperta per il restauro, catalogo della mostra (Biella, 16-31 marzo 1996), Biella, 1996, pp. 50-51; M. C. Di Natale (a cura di), Ori e argenti di Sicilia dal Quattrocento al Settecento, catalogo della mostra, Milano, 1989, pp. 152-153, figg. 34-35. La famiglia Giudici (U. Dorini, ad vocem, in V. Spreti (a cura di), Enciclopedia storico-nobiliare italiana, Milano, 1930, vol. III, pp. 481-482), residente in Arezzo e Roma, deriva il proprio stemma dall'unione con la famiglia Albergotti di Arezzo (U. Dorini, ad vocem, Ibidem, 1928, vol. I, pp. 333-334)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Stato
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100087762
- NUMERO D'INVENTARIO 1983
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Musei Reali - Palazzo Reale
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
- DATA DI COMPILAZIONE 1993
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DATA DI AGGIORNAMENTO
2005
2016
- ISCRIZIONI teca/ retro - A RICORDO/ DEL BREVE SOGGIORNO/ DI V.RA MAESTÀ/ A CAMALDOLI/ LA FAMIGLIA DE GIUDICI/ SI ONORA OFFRIRE/ 1904 - corsivo - a penna/ nero - latino
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0