L'altare ha un corpo in granito rivestito in marmo grigio (il bigio di Frabosa), profilato da bordini scanalati in marmo color ocra (giallo di Verona) e con specchiature in marmo nero di Como. Dai lati si dipartono due corpi aggettanti percorsi da una greca in marmo e ornati ognuno da un festone e un fiore in bronzo. Sulla mensa, a gradini sovrapposti, poggia il tabernacolo, con sportello in ottone sbalzato. A ridosso della parete, su un corpo trapezoidale grigio con bordini ocra, specchiature rosa e semplici volute sui lati, si innestano due fasce lisce profilate da listini ocra, che delimitano lo spazio per la cornice architettonica che ospita la pala d'altare. Questa, in marmo verde e ocra, di forma lineare, è conclusa nella parte superiore da due volute con al centro una testina cherubica in marmo bianco

  • OGGETTO altare
  • MATERIA E TECNICA marmo nero di Como/ scultura
    marmo giallo di Verona/ scultura
    Bronzo
    GRANITO
  • ATTRIBUZIONI Collino Filippo (attribuito)
    Collino Ignazio (attribuito)
  • LOCALIZZAZIONE Vicoforte (CN)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Sia G. Danna e G. Chiechio (1891, p. 157), sia G. Carboneri (s.d. ma 1932, p. 125) fanno risalire la costruzione dell'altare al 1677, anno in cui venne trasportata a Vicoforte la salma di Carlo Emanuele I. Il Vesme (1963, vol. I, p. 335) lo assegna invece ai fratelli Collino, autori del mausoleo di Carlo Emanuele I, sistemato nella stessa cappella; un'ipotesi che, in assenza di dati documentari, si presenta più convincente, sia per le somiglianze che intercorrono tra l'altare, e soprattutto il suo corpo inferiore, e il basamento del mausoleo del duca, sia per la somiglianza che avvicina il putto dell'altare con uno dei due che reggono il drappo sopra il monumento. E' probabile dunque che l'altare cui si riferivano Danna-Chiechio e Carboneri fosse una costruzione provvisoria, approntata effettivamente nel 1677, ma di cui non resta alcuna traccia. Anche stilisticamente l'altare presenta caratteristiche diffuse in piemonte verso la fine del Settecento, come ad esempio l'inserzione di elementi di gusto neoclassico quali la greca e il festone. Valga ad esempio il confronto con l'altare maggiore della Confraternita della Misericordia di Torino, opera di Francesco Benedetto Feroggio e progettato nel 1792, in cui compaiono analoghi fregi a greca e ghirlande metalliche (cfr. AA.VV., Arte pietà e morte nella Confraternita della Misericordia di Torino, Torino 1978, p. 54, fig. 3). Bibliografia: G. Danna, G. C. Chiechio, Storia artistica e illustrata del Santuario di Mondovì, Torino 1891, p. 157; G. Carboneri, Guida storico-illustrata del Santuario di Mondovì, Torino s.d. ma 1932, p. 125; A. Baudi di Vesme, Schede. L'arte in Piemonte (tra i secolo XIII e XIX), Torino, vol. I, 1963-82, p. 335; G. Vacchetta, Nuova storia artistica del Santuario della Madonna di Mondovì a Vico, Cuneo 1984
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente religioso cattolico
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100042129
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
  • DATA DI COMPILAZIONE 1986
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2006
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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