stola, opera isolata - manifattura italiana (fine/inizio secc. XVI/ XVII)

stola 1590/ 1610

La stola è composta da n° 13 pezzi di stoffa (frammenti di tre tessuti affini per tecnica, disegno e colore) cuciti insieme a punto filza con filo in seta cremisi e avorio. Un telo è cucito al rovescio e quattro presentano un orientamento ribaltato di 90° rispetto al verso dell'oggetto. La stola è bordata, sui lati lunghi, da una fettuccia in diagonale di cotone (?) cremisi cucita a macchina con fili in cotone cremisi sul diritto e azzurro sul rovescio; sui lati corti, invece, la stola è decorata da galloni frangiati in argento e seta. Al centro delle due estremità della stola e sul girocollo è applicata una croce realizzata con due frammenti di gallone. La fodera è in tela di lino (?) color rosa ocra tinta a pezza e cerata. Tessuto n° 1 (10 frammenti) - Rapporto di disegno non rilevabile. Il motivo decorativo è incompleto. Gli elementi leggibili sui vari frammenti rappresentano: un quarto di vaso ripreso dall'alto, con bocca ampia e doppio bordo all'inizio del collo, da cui fuoriescono parte di steli con foglie polilobate e di fiori a sei petali e un motivo a pigna; alcuni di questi elementi sono decorati da campiture a scacchiera di minuti quadri e losanghe. Continua al campo OSSERVAZIONI

  • OGGETTO stola
  • MATERIA E TECNICA cotone/ diagonale
    filo d'argento/ lavorazione a telaio
    filo di seta
    seta/ damasco
    tela di lino
    tela/ inceratura
  • MISURE Lunghezza: 234
    Larghezza: 24
  • AMBITO CULTURALE Manifattura Italiana
  • LOCALIZZAZIONE Oleggio (NO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La stola proviene dal fondo di tessuti dell'ex Museo Diocesano d'arte sacra di Novara, parzialmente depositato dal 1981 presso il Museo d'arte religiosa di Oleggio, a cura della commissione d'arte sacra della stessa Curia di Novara (comunicazione orale di p. Augusto. Mozzetti, parroco di Oleggio, da don Teresio Brusito e da don Tino Temporelli, membri della citata commissione. Per riferimento all'istituzione del Museo Diocesano si fa riferimento alla scheda cartacea n° 307). La mancanza di biglietti allegati al velo, accertata al momento della compilazione della presente scheda, non permette di risalire al luogo originario del reperto, che non risulta citato neppure nelle schede dell'Inventario artistico-diocesano di Novara, presso la Curia Vescovile novarese. Quindi l'analisi storico-critica anche dei singoli tessuti che compongono il reperto è determinante per la sua datazione e attribuzione. Il disegno del tessuto n° 1 non è ricostruibile per le ridotte dimensioni dei frammenti a disposizione, presenta comunque delle caratteristiche tali da poter essere collegato alle composizioni a maglie ovali aperte, diffuse nella seconda metà del XVi secolo e nel XVII. Presenta infatti delle caratteristiche affini a quelle del tessuto n° 1 della Dalmatica cremisi della Chiesa Collegiata di S. Maria in Arona, per la presenza dell'anfora con rami, foglie e fiori e dei tralci con fiori e pigne, oltre alla tecnica realizzata con l'armatura raso la 5, tutte caratteristiche ricorrenti nella tradizione tessile italiana del Cinque e del Seicento (I. Silvestri, scheda n°2, in D. Devoti-G. Romano (a cura di), "Tessuti antichi nelle chiese di Arona", catalogo della mostra, Torino 1981). Il tessuto n° 2 della scheda in esame è da collegare invece alla tipologia detta a mazze, tipo di disegno utilizzato nell'abbigliamento e nell'arredo e prodotto con la tecnica del velluto e del damasco in Italia tra il 1580 e il 1630 (D. Devoti, "L'arte del tessuto in Europa", Milano 1974; B. Markowsky, "Europaische Seidengewebe des 13-18 Jahrhunderts", Koln, 1976; R. Orsi Landini, "Velluti antichi a Palazo Pitti, 1580-1630", catalogo della mostra, Firenze 1981; "Europaische Textilien Zurigo", inv. n° 13532, p. 28; I. Silvestri, scheda n° 3 in Devoti-Romano, op. cit.). Il motivo ha infatti dei disegni a piccolo rapporto, ed è caratterizzato dalla disposizione del motivo vegetale in senso antiorario. Il disegno del tessuto n° 3, pur essendo molto ridotto e frammentario, per l'intreccio delle foglie e per i tralci dei puntini, presenta alcune analogie con il tessuto a maglie ovali datato alla seconda metà del XVI secolo da B. Markowsky e inventariato con il n° 133, pur differendone per la tecnica, essendo un damasco il reperto novarese e un lampassetto l'altro (B. Markowsky, op. cit.). Dal confronto dei tre tessuti si è in grado di recuperare alcuni caratteri che avvicinano i disegni, ma non è possibile definire se si tratti di lavorazioni coeve. Li accomuna la stilizzazione dei singoli dettagli decorativi, i loro contorni incisi, la sinuosità delle foglie e il loro andamento curvilineo, oltre che la tipologia tecnica, il damasco, realizzato da un'armatura in raso da 5, con un'analoga consistenza dei fili d'ordito, e con delle lievi varianti in quella del filato della trama (che va rispettivamente da 36 a 37 colpi/cm di fondo nel 1°, nel 2° e nel 3° tessuto, mentre il rapporto di riduzione dei fili d'ordito è costante, con 110 fili/cm, salvo alcune marginali inesattezze nel calcolo con la lente). Una più stretta affinità di impostazione collega i tessuti n° 1 e n° 3, per la probabile appartenenza delle composizioni a maglie ovali, a maglie aperte la n° 1, a maglie chiuse la n° 3, e per il marcato rilievo esistente tra il fondo e il disegno, proprio del damasco; tale rilievo, invece, è poco accentuato nel tessuto n° 2. Tali caratteristiche inducono a ritenere i tre tessuti opera di tessitori italiani, in considerazione del "primato nel settore dei damaschi conquistato dall'Italia nel XVI e nel XVIII secolo" (I. Silvestri, op. cit.) e ascrivendoli a tale periodo. Dalla disposizione dei teli e dei frammenti del tessuto n° 1 nelle parti terminali della stola, e dal loro numero, superiore a quello dei tessuti n° 2 e n° 3, si potrebbe ritenere che in origine la stola sia stata confezionata con tale stoffa, e in un secondo momento ricomposta e completata con pezze di altri paramenti affini per colore, tecnica e disegno e con una fodera pure di recupero. Tale reimpiego di tessuti serici, in ambito ecclesiastico, in considerazione della preziosità di materiali, era molto diffuso sino a qualche decennio fa, e la confezione della stola novarese, in considerazione delle cuciture eseguite meccanicamente sui lati lunghi, potrebbe risalire alla metà di questo secolo. Continua al campo "OSSERVAZIONI"
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente religioso cattolico
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100038140
  • NUMERO D'INVENTARIO 57/ V
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Biella, Novara, Verbano-Cusio-Ossola e Vercelli
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
  • DATA DI COMPILAZIONE 1985
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2006
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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