fiorà (Tecnica di lavorazione perla di vetro fiorata, bene semplice)
La #perlera# è seduta dietro a un telaio di legno con vetro protettivo, lo #specio#, e indossa sugli avambracci delle protezioni e sulla mano destra un guanto protettivo ignifugo. Ha precedentemente disposto sul banco di lavoro le materie prime e gli strumenti necessari per la realizzazione della perla fiorata. Inizia a rammollire una #canna# di vetro, di colore bianco opalino lattiginoso, che impugna con la mano destra. La zona di rammollimento è composta da un piatto di ferro quadrangolare delimitato, dal lato più vicino alla seduta, dal cannello, il #caneo#, o Becco Bunsen: un bruciatore a gas e aria che ha acceso in precedenza. Sul lato opposto è posta una pietra refrattaria a semicerchio sulla quale ribatte la fiamma del cannello. Sugli altri due lati, vi sono, a sinistra della #perlera#, un altro pezzo di pietra refrattaria più piccola e un parallelepipedo in ferro e alla sua destra, un ulteriore pezzettino di pietra refrattaria. Tutti questi elementi concorrono a formare una sorta di arena che crea, e mantiene, una temperatura idonea entro la quale poter creare la perla (quantificabile, solo indicativamente, in ca. 800 gradi, dato che durante la lavorazione può variare). La suddetta bacchetta di vetro è stata composta dalla #perlera# unendo tra loro, con un tondino di rame, quattro #canne# vitree dello stesso colore e calibro. Questa azione è fatta, a sua discrezione, per avere la giusta quantità di vetro che le serve per il tipo di perla che desidera creare e per assecondare il suo consueto modus operandi. Per scioglierla, la gira ripetutamente tenendola inclinata di cica 60 gradi rispetto al banco: l’estremità da rammollire è mantenuta più vicina alla pietra refrattaria a mezzaluna e alla punta della fiamma prodotta dal cannello. Raggiunto il giusto stadio di rammollimento, impugna con la mano sinistra un tondino di rame cavo, collocato, insieme ad altri, alla sua sinistra, e inizia ad avvolgere il vetro molle intorno al tondino di rame che gira costantemente con la mano sinistra per contrastare la gravità e inizia così a creare il nucleo della perla, usa soprattutto il pollice, l’indice e il medio. È un movimento coordinato e contrario, tra mano destra e mano sinistra, dentro alla fiamma, per avvolgere il vetro fino a raggiungere la dimensione desiderata. La #canna# è tenuta perpendicolare. Mantiene il nucleo e la #canna# leggermente scentrarti verso la sinistra della #perlera# e della fiamma del cannello. Riposta la bacchetta di vetro alla sua destra sopra la mezzaluna di pietra refrattaria, per tenerla in temperatura in caso di bisogno, con la mano destra impugna uno strumento per sistemare le estremità della perla, detto anche #sposta cui#. Quest’ultimo, dalla forma di una forcella a V ma con un solo dente, le permette di aggiustare le estremità: nonostante il continuo ruotare del tondino di rame per contrastare la gravità e dare rotondità, a volte, durante la lavorazione, è necessario intervenire per compattare la parte apicale della perla incandescente, parte più soggetta a spostamenti, cedimenti. Dopo di che procede impugnando, sempre con la destra, la pinza modellatrice a forma di sfera (ca. 26 mm). Solleva la perla dalla fiamma e si posiziona al di sopra del cannello, applica una serie di veloci e ripetuti colpetti per aprire e chiudere la pinza, continuando a girare costantemente il tondino di rame su sé stesso, per dare la forma e per controllare che la quantità di vetro sia sufficiente a riempire la forma. Rientra nella fiamma e aggiunge ancora un piccolo quantitativo di vetro molle al nucleo. Inizia ora ad applicare una #vetta# piatta di vetro avventurina, la #fasa de venturina#, anch’essa precedentemente preparata e creata da lei. La applica al centro della perla, creando una sorta di cintura che sarà longitudinale alla perla rispetto ai fori. Per farlo ruota più lentamente il tondino di rame, e quindi il nucleo, verso la mezzaluna di pietra mentre con la destra tiene la #vetta# perpendicolare e avvolge in senso contrario accompagnando il movimento, avvolgendo più volte, inspessendo la cintura. Procede quindi con la seconda decorazione: fa uscire la perla dalla fiamma e riscalda, con la mano destra, una bacchetta di vetro filigrana nero. Rimette la perla dentro la fiamma e con lo stesso movimento, opposto e contrario, tra mano sinistra e mano destra, applica delle strisce sottili di vetro filigrana ai lati della cintura di avventurina: # do calaee de vero filigrana#. La #perlera# ora impugna uno strumento appuntito, lo #sgrafadìn#, e inizia a graffiare, rimantenendo dentro alla fiamma, il vetro filigrana appena applicato, creando dei graffi, delle specie di sbavature di colore che vanno dalla cintura verso le estremità della perla. Esegue prima il lato alla sua destra e poi quello alla sua sinistra, ruotando costantemente il tondino di rame con la perla. Prosegue ora ad eseguire la decorazione floreale, iniziando ad applicare, sopra la cintura di avventurina, una sottile #vetta# cilindrica di colore rosa, precedentemente realizzata da lei. Anche in questo caso, restando dentro alla fiamma e ruotando il tondino di rame, esegue un movimento decorativo ondulatorio con la mano destra. Completa questa parte di decorazione impugnando di nuovo lo #sgrafadìn# e graffiando tutta la cintura: la mano sinistra ruota, la destra è quasi immobile: una graffiatura lineare che crea, nel decoro rosa, delle volute che ricorderanno lo stelo, detto gergalmente in laboratorio la #rama#. Dopo questa operazione, solleva la perla dalla fiamma e riutilizza la pinza modellatrice a forma di sfera, applicando piccoli colpetti. Di nuovo con una sottile #vetta# cilindrica rosa (la nuance di colore rosa scelta può variare a seconda del risultato che desidera ottenere ma la tonalità più usata è, di solito, il rosa rubino) inizia a realizzare una serie di piccole roselline applicate sopra il decoro a stelo a una distanza regolare una dall’altra. La mano sinistra è ferma e la destra, tenendo la #vetta# perpendicolare, compie un movimento a spirale in senso antiorario, la decorazione appare in rilievo. Fatta la spirale, porta la perla verso il piccolo piattino quadrangolare in ferro posizionato sopra al cannello, il #bronzin#, ed applica una data pressione alla spirale rosa molle avvalendosi dell’angolo esterno di sinistra del piattino. Questa delicata operazione, fa rientrare e modella la spirale rendendola più simile a una rosa sbocciata con vari petali. Poi rientra nella fiamma e riinizia a creare una nuova rosellina, ripetendo tutte le azioni. A questo punto la decorazione floreale continua: riscaldata una bacchetta di vetro di colore rosso (il colore scelto può variare in base alla sua fantasia), applica, sempre sulla cintura, dei singoli puntini negli spazi dove non è presente la rosa, rappresenteranno i pistilli di un fiore. Fa uscire la perla dalla fiamma e impugna una #vetta#, anch’essa creata in precedenza, composta da due colori attorcigliati tra loro, il #torcoèto#. La riscalda leggermente, rimette la perla nella fiamma, si sistema la punta della #vetta# appoggiandosi un attimo alla pietra a mezzaluna e inizia ad applicare, intono a ogni pistillo rosso, quattro puntini come petali bicolore (stilizzazione dei fiorellini noti come non ti scordar di me). Completata anche questa ultima parte della decorazione, sistema le estremità con lo strumento apposito, bagnandolo ogni volta nel contenitore metallico, detto #pote#, con acqua, che è posizionato alla sua destra. Lo bagna affinché il vetro molle non si possa attaccare al metallo. Esegue un modellamento finale con la pinza a forma di sfera, ruotando sempre il tondino di rame. Posiziona per qualche secondo la perla, continuandola a muovere, sopra una bocchetta d’aria posta sul banco alla sua sinistra. La bocchetta è parzialmente chiusa da un bullone, per mitigare la quantità di aria che fuoriesce, e fa raffreddare leggermente per qualche secondo la perla sopra al soffio d’aria. Questa azione è fondamentale prima di inserirla a raffreddare completamente. Senza questo passaggio sull’aria per il tempo necessario, stabilito ad occhio dalla #perlera#, la vermiculite granulosa presente nel contenitore di raffreddamento finale si potrebbe attaccare alla perla troppo calda. In questo caso, già a questo stadio, la perla rivela molti dei suoi colori e il suo aspetto definitivo. Raffreddata quel tanto che basta all’aria, la inserisce definitivamente nel contenitore con il materiale ignifugo, la #scoassera#, dove si raffredderà gradualmente per diverse ore. Verrà poi tagliato il tondino di rame eccedente e la perla subirà un trattamento all’acido nitrico, che non intacca il vetro, per sciogliere la piccola parte di rame che corre lungo il nucleo e liberare così il foro
- OGGETTO Tecnica di lavorazione perla di vetro fiorata
-
CLASSIFICAZIONE
TECNICHE
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Il bene in esame è direttamente collegato alla figura professionale della #perlera/èr#: quest’ultima, grazie ai saperi, abilità e pratiche incorporate apprese e consolidate nel tempo, crea artigianalmente le perle di vetro. La lavorazione a lume viene identificata come una seconda lavorazione del vetro, in quanto la materia prima per la creazione di perle è la bacchetta di vetro, #canna#, massiccia, ovvero senza foro, monocroma o no. Queste #canne# sono specificatamente prodotte in fornace e devono avere delle caratteristiche precise: una gamma di colori infinita, sia trasparenti che opachi, devono essere intensamente colorate, perché il vetro viene lavorato in strati molto sottili e soprapposti, i colori devono essere stabili. Dalla #canna# massiccia i #perleri# ricavano inoltre, tirandole manualmente, le #vette# (sottili fili di vetro cilindrici o piatti) usati per decorare. Le perle di vetro prodotte dai #perleri# possono essere classificate e distinte tra loro in base a molteplici fattori: il tipo di #canna# utilizzata, le decorazioni applicate al nucleo, le tecniche, la forma, etc. Anche restringendo il campo di ricerca alla sola lavorazione a lume, le possibili realizzazioni, considerando la sinergia tra la creatività, l’abilità, le materie prime e gli attrezzi utilizzabili, sono innumerevoli. Una specifica varietà di decorazioni applicate al nucleo con le #vette# origina quella che gli studiosi classificano come perle a lume con decorazione fiorata. Questa decorazione, semplificando al massimo, richiama uno stelo con foglie/fiori stilizzati, e può essere monocroma o policroma, può correre trasversalmente o longitudinalmente alla perla, può inoltre includere un motivo a onde, spesso sinusoidali, e altre decorazioni aggiuntive. Le perle fiorate erano anche incluse nelle “decorated fancy beads”: nome dato alle perle a lume nel mercato europeo, e usato, ad esempio, dalla Compagnia tedesca Sick attiva a Venezia con sede a Cannaregio nei primi decenni del ventesimo secolo, la quale commerciava enormi quantitativi di perle di vetro con i mercati dell’Africa Occidentale e dell’India. Da una prima ricerca tra le tavole sinottiche presenti in alcuni testi relativi anche alle perle di vetro veneziane, emerge che una interpretazione della perla fiorata, seppur embrionale (fiori ben evidenti nella parte centrale sopra una cintura di colore a contrasto, elementi decorativi ondulatori alle estremità…), era presente a Venezia dal XVIII secolo. Un ulteriore approfondimento evidenzia che i vetri muranesi settecenteschi presentavano spesso delle decorazioni (dipinte a mano) con fiori, frutta e uccelli, assecondando i gusti e gli interessi del periodo (come gli studi di botanica). È verosimile che, in questo contesto culturale, anche coloro che realizzavano le perle a lume abbiano recepito alcune tendenze del momento e cercato una loro personale trasposizione sulle perle di vetro. Secondo alcuni testi scritti la perla fiorata è una tipologia di perla a lume che rappresenta molto bene “la tradizionale perla veneziana” assumendo, pur con le diverse interpretazioni, elementi identificativi. Le #vette# di vetro, con diametro millimetrico, sono usate come un pennello e disegnano sulla superficie tutta una serie di volute e di possibili fiori e steli stilizzati. Tra i mazzi di perle, provenienti da diverse ditte artigianali storiche di produzione di perle a lume, custodite nel Museo del Vetro di Murano e inventariate, si citano, solo per documentare alcune delle infinite possibilità di realizzazione nel XIX secolo, i mazzi identificati con i numeri dal 29 al 38 prodotti dalla ditta di Giovanni Battista, e poi Giacomo, Franchini. In alcune perle è possibile osservare l’uso della #vetta# vitrea in avventurina, cilindrica o piatta, per arricchire ulteriormente il decoro, pratica che si è perpetuata sino ad oggi. Quello che più contraddistingue la perla fiorata veneziana, secondo alcuni testi, sembra essere la presenza di piccole roselline di tonalità rosa create da #vette#. Altre fonti scritte riportano che poteva essere applicata, per valorizzare ulteriormente il decoro, anche la foglia oro: dai foglietti, venduti in libretti di forma quadrata e battuti a mano da artigiani specializzati, si potevano ricavare piccole strisce o pezzetti applicati con estrema attenzione dai #perleri# in alcuni punti. Questa particolare decorazione aggiuntiva della perla era storicamente praticata da diverse ditte artigianali: nel caso del laboratorio S.U.V., è stata attuata, come una delle varianti possibili nella realizzazione della perla fiorata, fino al 2022. Proseguendo nell’inquadramento storico del bene in esame, è necessario sottolineare che la perla in sé, la cui attestazione risale già dall’Età del Bronzo, presenta molti e significativi aspetti, basti pensare al suo ruolo economico in diversi contesti, ai possibili impieghi come ornamento, come simbolo di status, al suo ruolo in riti di passaggio o in rituali apotropaici, solo per citare alcuni esempi. In questa sede però appare opportuno, più che soffermarsi sul manufatto o approfondire come e quando la millenaria tradizione della lavorazione del vetro giunse e si sviluppò a Venezia (il più antico documento attestante la produzione in città è datato 983 d.C.), ricostruire, seppur brevemente, la storia della figura professionale della #perlera/er#. Confrontando diverse fonti scritte, si evidenzia l’esistenza di alcuni precorritori. Innanzitutto, coloro che fabbricavano i cosiddetti “veriselli” o #verixélli#, termine usato per indicare gemme in vetro ad imitazione di quelle vere molto usati alla fine del Medioevo. Nel 1319, questi oggetti sono esplicitamente citati nel Capitolare dell’“Arte delli Christallieri”, ma le fonti concordano nel ritenere che sicuramente la loro produzione fosse ben attestata a Venezia già negli anni precedenti. Oltre ai #verixélli# producevano anche i cosiddetti #paternostri# che in veneziano indicano i grani del rosario e i loro creatori erano definiti #paternostrèri#. Si segnala che l’abilità nella creazione di perle di vetro a imitazione di pietre naturali era tale che la Serenissima predispose articolate regole e controlli nella commercializzazione delle suddette perle sul suo territorio, in particolare se accompagnate da montature in oro. Vi era però anche una seconda categoria di progenitori: i “cristallieri”, quest’ultimi, per creare i grani, lavoravano a freddo, attraverso molatura di cilindretti di #canna# di vetro forata, mentre i #paternostrèri# lavoravano i cilindretti a caldo. Nel 1511 l’“Arte dei paternostrèri” viene inclusa e aggiunta a quella dei “cristallieri” che diventa “Arte delli Christallieri et Paternostèri”. È noto che durante tutto il Cinquecento la richiesta di perle di vetro divenne altissima, a causa dell’espansione coloniale con l’apertura di nuovi e vasti mercati come, ad esempio, verso le Americhe e l’Africa. Intanto si fa strada a Murano la produzione di una nuova tipologia di #paternostri#, più piccoli, creati da #canna# forata e lavorate a “ferazza” o “feraccia”. In commercio si potevano quindi trovare perle create con gli #spei da paternostri#, bastoncini in cui infilare cilindretti di #canna# forata per arroventarla a caldo, perle create da canna forata sezionata e molata (come, ad esempio, la perla rosetta) o perle create a #ferace# dove i cilindretti di #canna# forata venivano sottoposti a un complesso e lungo procedimento per creare le cosiddette #margaritine#, cioè perline molto piccole, simili a semi (oggi note come #conterie#). Questo procedimento di lavorazione resterà pressoché invariato fino all’introduzione, nel 1817, di nuovi metodi. Tornando alla nascente produzione di #margaritine#, quest’ultima si afferma a tal punto che nel 1683 si istituisce l’“Arte dei Margaritéri” con un loro statuto. Come già accennato, per creare le perle, ci si serviva, come materia prima, di bacchette di vetro, #canne# forate e poi tagliate in cilindretti. La dinamicità dei saperi e il fermento creativo del periodo ispirarono una importante novità. Nel tempo ci si rese conto che l’uso di una #canna# di vetro compatta, piena, era molto più consona a essere rammollita al fuoco e poi avvolta. Questa tecnica consentiva la realizzazione di innumerevoli tipologie di perle. Pur non esistendo una data certa sulla nascita di tale tecnica, molti storici affermano che probabilmente si sviluppò verso la fine del Cinquecento. Questo procedimento consisteva nel lavorare a lume, ovvero avvalendosi di una lucerna alimentata da grasso animale e immettendo aria con un mantice e gli artigiani che la utilizzavano vennero denominati #suppialùme#. La prima fonte scritta di questa denominazione è datata 1612 e non avevano una loro corporazione: se all’inizio facevano parte dei #paternostrèri#, verso la metà del Seicento nasce la “Mariegola dei Suppialùme”. Un altro aspetto interessante che emerge dalle fonti storiche è che i #suppialùme#, potevano benissimo lavorare da casa, allestendo facilmente una postazione di lavoro. Nel frattempo inizia gradualmente ad affermarsi una nuova denominazione per questa figura professionale che lavora davanti a una lampada: il #perlèr#. Nel 1670 il passaggio è completato con l’istituzione dell’“Arte dei Perleri”. I #paternostrèri# e i #perleri#continuavano però a condividere i medesimi privilegi (forme di tutela da parte della Repubblica di Venezia). Le fonti indicano che questo proliferare di termini e di relative dispute su chi produceva cosa e come, perdurò fino al 1764 circa quando un documento ufficiale fece chiarezza su alcune nomenclature: il vetraio lavora in fornace, i #margaritèri# a #ferace#, i #perleri# con "la lume". A complicare ulteriormente la terminologia, si deve aggiunge che il termine #contarie# o #conterie# per molto tempo indicò tutte le tipologie di perle e non solo quelle piccole, a semenza. La crescente concorrenza estera, causata anche dalla fuga di alcune maestranze dell’arte all’estero, contravvenendo alle rigide regole della Serenissima in campo di esclusività dei saperi, causerà un calo progressivo della produzione. A seguire, la caduta della Serenissima, l’arrivo dei francesi, il blocco navale napoleonico, lo scioglimento delle corporazioni portarono un significativo e complesso periodo di crisi nel settore del vetro che perdurò anche agli inizi dell’Ottocento causando incertezza e molta precarietà. Una timida ripresa nel secondo quarto dell’Ottocento via via si consolida grazie all’intraprendenza dell’emergente borghesia e alle innovazioni tecnologiche. Nel 1840, ad esempio, si introduce l’uso del gas al posto del grasso animale per alimentare il fuoco. In questo periodo nascono ditte a conduzione familiare che impiegano anche lavoratori a domicilio, ditte ben organizzate, spesso su base parentale e familiare. Dalla metà Ottocento si assiste a una vera e propria rinascita causata da una felice contingenza di fattori tra i quali: migliorie nelle strumentazioni, invenzione di nuove tipologie di perle, creazioni di nuovi colori per le bacchette di vetro…Le perle di vetro furono ben accolte dalla moda dell’epoca, la richiesta aumentò esponenzialmente tanto che, fino circa agli anni Trenta, Venezia avrà il monopolio dell’esportazione di #conterie#. Alla fine del XIX secolo nasce la Società Veneziana per l’Industria delle Conterie che riuniva 17 ditte con molti lavoratori dipendenti e a cottimo. La Società chiuderà definitivamente nel 1993 e gli spazi, acquistati dal Comune, sono oggi dedicati a mostre ed eventi temporanei in connessione con il Museo del Vetro di Murano. Nella creazione di perle, non vi era parità di genere, come in molti altri settori: per molto tempo il fabbricante di perle era una professione quasi esclusivamente maschile. I progressivi cambiamenti socio, economici e culturali, uniti all’incremento della domanda di mercato, portarono, da metà Ottocento, a una progressiva femminilizzazione del lavoro delle perle a lume sia a domicilio che all’interno laboratori, ribaltando la proporzione, tanto che oggi, il numero di #perlere# è maggiore di quello dei #perleri#. Nuove trasformazioni arrivano dopo la Seconda Guerra Mondiale: a Venezia la nascita di nuovi poli industriali e la parallela decolonizzazione post conflitto portarono a un nuovo forte calo della produzione di perle di vetro la quale, però, non si è mai fermata, pur non raggiungendo più i volumi di produzione del passato, grazie a piccole e medie imprese artigianali, spesso a conduzione familiare, ancora attive sul territorio veneziano. L’ininterrotta produzione ha premesso di tramandare e perpetuare fino ad oggi una buona parte dei saperi, delle tecniche di realizzazione e delle memorie inerenti quest’arte, le quali, unite all’intrinseca dinamicità delle tradizioni artigianali e al confronto reciproco tra detentori e praticanti, assicurano una sua vitalità (DUBIN 1988, BERTAGNOLLI SEGA URBANI DE GHELDOF 1989, ZECCHIN 2005a, PANINI DI SALVO 2007, MORETTI 2009, DE CARLO 2012, PANINI 2017, SARPELLON 2022)
- TIPOLOGIA SCHEDA Beni demoetnoantropologici immateriali
- ALTRA OCCASIONE esecuzione su richiesta
-
AUTORE DELLA FOTOGRAFIA
Cottica, Claudia
Cottica. Claudia
Claudia Cottica
Cottica,Claudia
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500736821
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna
- ENTE SCHEDATORE Comune di Venezia
- DATA DI COMPILAZIONE 2024
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0