pinsa (Pinza con piastrine piatte lavorazione perle a lume, bene semplice)
XX metà
La pinza si presenta come una leva di primo grado: da un lato due manici opposti dove apportare la forza, dall'altro lato due braccia arcuate con applicate due piastrine di forma rettangolare all’interno delle quali poter pressare e appiattire il vetro incandescente. Il tutto è trattenuto da un perno, leggermente scentrato verso la resistenza, ovvero verso la zona di modellamento. Tra i due manici corre una specie di molla, formata da una lamella di ferro arrotolata su sé stessa e fissata ai due manici con rivetti. Applicando la pressione sui manici il meccanismo accompagna il movimento
- OGGETTO Pinza con piastrine piatte lavorazione perle a lume
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MATERIA E TECNICA
metallo/ ferro
forgiatura, modellatura a mano
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MISURE
Misura del bene culturale 0500736813: 34 cm
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CLASSIFICAZIONE
STRUMENTI E ACCESSORI
- LOCALIZZAZIONE laboratorio artigianale
- INDIRIZZO Cannaregio 97/d, Venezia (VE)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE La materia prima per la creazione delle perle di vetro mediante lavorazione a lume è principalmente la bacchetta di vetro compatta, piena, detta #canna#. Quest’ultime sono realizzate in fornace dai maestri vetrai. Gli esperti, come il Prof. Marco Verità, che è stato ricercatore presso la Stazione Sperimentale del Vetro di Venezia-Murano svolgendo attività di ricerca ed analisi di materiali vitrei moderni e antichi, sottolineano la necessità di disporre di un tipo di vetro “adatto” per realizzare le perle, soprattutto quando si tratta di perle non monocrome. Il vetro per le perle deve avere delle caratteristiche precise: una gamma di colori infinita, sia trasparenti che opachi, deve essere intensamente colorato perché viene lavorato in strati molto sottili e soprapposti, i colori devono essere stabili. Le #canne#, infatti, vengono riscaldate e risciolte alla fiamma: questo secondo riscaldamento può alterare i colori. Il vetro inoltre deve avere un punto di fusione adatto ad essere lavorato a lume, ovvero nella zona di rammollimento della postazione della #perlera/èr#, dove la temperatura raggiunta non è quella delle fornaci. Lavorando con più colori è altresì necessario che ci sia una compatibilità di dilatazione termica e di viscosità, altrimenti si creano tensioni che possono far spaccare la perla e i colori possono sbavare. Queste caratteristiche erano già ben note nel 1500: negli antichi ricettari per fare i colori i maestri vetrai riportano spesso la necessità che si devono combinare vetri fatti “della stessa pasta altrimenti non si uniscono”; devono avere cioè la stessa pastosità quando vengono lavorati. I #perleri# sanno perfettamente che certi colori possono, se lavorati insieme, dare problemi, come conoscono bene i rischi di combinare tra loro #canne# prodotte in vetrerie diverse o di epoche diverse. Le continue sperimentazioni e l’esperienza acquisita nel tempo permette loro di gestire al meglio queste problematiche. Tra le infinite tonalità e tipologie di vetro possibili, ve ne è uno particolarmente affascinante, molto utilizzato per la creazione di perle di vetro: la pasta di vetro avventurina. Le fonti scritte riportano che nel 1644 il vetraio Giovanni Darduin, trovò, in un libro del padre, la ricetta per la “pasta stellaria overo venturina”. Il termine avventurina, deriva probabilmente dal tentativo di imitare la pietra dura avventurina (che presenta una distribuzione disomogenea di cristalli che riflettono la luce "à l'aventure"). Nel corso del tempo si è consolidata la tradizione di associare il termine avventurina anche a "ventura", cioè sorte, fortuna, caso inaspettato, proprio perché la buona riuscita di questo vetro non è mai certa e ogni produzione differisce dalla precedente. La preparazione dell’“avventurina”, è lunga, delicata e si deve aggiungere, tra i vari componenti, ossido di rame. Non è facile ottenere un buon risultato finale, creare la composizione richiede molta abilità, alla fine del processo si deve rompere il crogiolo ed estrarre i pezzi di vetro. Se tutto è andato per il verso giusto, si ottiene una pasta vitrea di colore brunastro con all’interno piccoli cristalli di rame brillanti di grande effetto estetico simili a “stelle”, da cui il nome “stellaria” del passato. I cristalli di rame nella pasta assumono la forma di figure geometriche solide (es. di tetraedro) e i costituenti sono lamellari, la loro disposizione all’interno del composto è totalmente casuale (da qui il consolidarsi dell'associazione con ventura), ma sono proprio loro che rinfrangono la luce facendo brillare la pasta di vetro, ecco perché ogni pezzo di avventurina è diverso dall’altro e perché alcuni pezzi sono considerati di migliore qualità. Gli studiosi hanno ritrovato molta documentazione sulla produzione di questa tipologia di vetro nel corso del Seicento e del Settecento: in un documento del 1768, nel descrivere alcune tipologie di perle, vi è un riferimento preciso all’uso di “cerchi di avventurina” come decoro. In un altro documento del 1787 si trovano precisi richiami al fatto che la pasta avventurina serviva all’“Arte dei Perleri”, a quanto difficile fosse realizzarla e al fatto che la sua riuscita finale era sempre diversa. Le fonti riportano anche, oltre a una produzione in pezzi, una produzione in #canna# (veniva anche tirata in fornace). Per tutto il XIX° secolo, soprattutto da metà Ottocento periodo di boom del mercato, è evidente il largo uso di questo particolare vetro: era di gran moda non solo per i bijoux ma nella produzione di altri oggetti (es. vasi, tabacchiere…). Fonti scritte riportano una produzione di avventurina in Friuli; per quanto riguarda Murano, al momento della redazione della presente scheda di catalogo, diverse fonti orali interpellate sull’argomento concordano nel riportare che la produzione di avventurina continua, seppur non con i volumi del passato. Le fonti evidenziano anche la presenza di una produzione, di minore qualità e distinguibile rispetto a quella muranese, proveniente da paesi extraeuropei. Ritornando alle fonti storiche, queste riferiscono l’esistenza di diverse tipologie di avventurina: nel 1885 Vicenzo Moretti produceva, oltre alla ben nota avventurina di colore brunastro, avventurina nera (con più ferro nella ricetta) e blu oceano con stelle che virano all’oro, all’argento e al blu chiaro a seconda della luce (ZECCHIN 2005)
- TIPOLOGIA SCHEDA Beni demoetnoantropologici materiali
- FUNZIONE E MODALITÀ D'USO Serve per modellare la massa di vetro avventurina molle per creare #vette# piatte, a fasciaLa #perlera# inizia ad avvolgere attorno a uno strumento che assomiglia a uno spiedo tutti i vari pezzetti di vetro avventurina precedentemente frantumati al mortaio e raccolti in una ciotola posta alla sua destra. Li scioglie e li avvolge, aggiungendone man mano, con l’aiuto di un #tacadìn# (strumento appuntito). Quando la massa ha raggiunto la grandezza che ritiene idonea, con la pinza modella il vetro a forma di un lecca-lecca, detto #massiso#, la cui misura può variare. A questo punto con una pinza apposita si inizia a tirare una #vetta# dalla massa incandescente, in forma di fascia piatta
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AUTORE DELLA FOTOGRAFIA
Cottica, Claudia
Cottica. Claudia
Claudia Cottica
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà privata
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500736813
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna
- ENTE SCHEDATORE Comune di Venezia
- DATA DI COMPILAZIONE 2024
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0