Postazione di lavoro della #perlera/èr# per la creazione di perle a lume (bene complesso/ insieme)

La postazione per la creazione delle perle a lume presente all’interno del laboratorio S.U.V. consiste, innanzitutto, in una porzione facente parte di un lungo tavolo di legno rivestito in acciaio che corre lungo le due pareti della stanza adibita alla realizzazione delle perle a lume. Nel dettaglio sono presenti sette postazioni in totale, quattro disposte sul lato della specifica postazione oggetto di catalogazione (identificata con il n.3), e tre sulla parete opposta. Il lungo tavolo è suddiviso in postazioni di ca. 190 cm l’una, in modo da consentire alle diverse #perlere# di non intralciarsi l’una con l’altra quando, lavorando, impugnano la bacchetta di vetro (che può avere una lunghezza massima di ca. 110 cm). Gli oggetti e gli strumenti che compongono questo spazio di lavoro sono innumerevoli e la loro diposizione e organizzazione dipende dalle singole esigenze della #perlera#. Tuttavia, è possibile evidenziare una serie di elementi ricorrenti e diposizioni condivise. La postazione prevede una sedia, spesso un poggiapiedi per maggior comodità e un tavolino aggiuntivo sulla destra per avere più spazio di appoggio. Distintivo è la protezione che si trova tra la #perlera# e la fiamma: un telaio di legno con un vetro temperato denominato #specio#. Permette di vedere e controllare tutta la lavorazione proteggendo viso e busto. A sinistra della seduta, si trova un contenitore con materiale ignifugo, la vermiculite, detto #scoassera#, per raffreddare le perle realizzate, e i tondini in rame cavo, detto #rame# in gergo, che vengono impugnati proprio dalla mano sinistra e intorno ai quali si deve avvolgere il vetro rammollito per creare la perla. Sul tavolo è presente una piccola bocchetta da cui esce aria, #soffietto#, che può essere aperta o chiusa da una specie di bullone: serve per raffreddare la perla, se necessario. Sempre a sinistra è presente una zona rialzata da un mattone e sopra ad un vetro cristallo si possono trovare i libretti di foglia oro o argento usati per alcune tipologie di perle. In questa postazione può essere presente, sempre a sinistra della seduta, una cassettina in legno dove si raccolgono le perle raffreddate. Alla destra della #perlera# si trovano usualmente le materie prime che dovrà utilizzare: le #canne# (bacchette di vetro di vario colore), le #vette# (sottili fili di vetro per decorare infilate in contenitori anche improvvisati come vecchi barattoli di passata), eventuali sezioni di canna murrina in diverse ciotole, gli strumenti per modellare e altri strumenti come i prolungatori #ciapacanne#, tubicini di rame da riutilizzare, etc.. Anche questi strumenti possono essere raccolti in vasetti e contenitori di vario genere. Sempre a destra il contenitore con l’acqua per raffreddare, in questo caso con il numero 3 scritto sopra, che identifica la postazione. È presente, inoltre, un supporto scanalato in metallo dove è possibile appoggiare le #canne# e gli strumenti durante le fasi di lavorazione (spesso il porta #canne# è chiamato #arsinèo#). In questa specifica postazione, le #canne# si posizionano anche longitudinalmente al banco dietro la zona di rammollimento, ma sempre abbastanza vicino al fuoco per tenerle in temperatura, mentre altre, da utilizzare in un secondo tempo della giornata, si trovano trasversalmente sulla sinistra, vicino alla #scoassera#. Di fonte alla seduta, dietro allo #specio#, vi è la zona di rammollimento, il punto “caldo” della postazione, detto a volte #forneo#. La zona in questo caso è composta principalmente da un Becco Bunsen, o cannello, #caneo# o #machineta del fogo#: è un bruciatore dotato di valvole che brucia un flusso continuo di gas senza rischio che la fiamma abbia un ritorno nel tubo. La fiamma, #fogo#, del cannello, nel laboratorio S.U.V., è alimentata da gas metano e aria (quest’ultima immessa da un motore che copre tutte le postazioni). Proprio al di sopra del cannello vi è una piccola lastra di ferro quadrangolare, utilizzata nella lavorazione per modellare, arrotondare, sistemare le perle a mano libera detta anche #bronzin# (elemento opzionale presente però in tutte le postazioni del laboratorio S.U.V.). Per completare la zona di rammollimento, davanti al cannello viene posizionata una mezzaluna in pietra refrattaria #piera#, ed eventualmente altri pezzi di pietra refrattaria o metallo o materie prime come sezioni di #canna# murrina a formare una specie di ellisse. Al di sotto due pietre refrattarie una sopra l’altra e una lastra in ferro, #piato de fero#, delimita visivamente la zona e funge idealmente da spartiacque tra lato destro e sinistro. Alle spalle della mezzaluna un mattone sempre in pietra refrattaria e una mezzaluna di dimensioni più piccole (in caso di necessità). Sopra la postazione si trova un tubo di aspirazione e una rastrelliera a muro, attaccata frontalmente, dove vengono riposti gli innumerevoli strumenti per modellare, di solito divisi per tipologia con i loro vari calibri

  • OGGETTO Postazione di lavoro della #perlera/èr# per la creazione di perle a lume
  • CLASSIFICAZIONE STRUMENTI E ACCESSORI/ ARTIGIANALI
  • LOCALIZZAZIONE laboratorio artigianale
  • INDIRIZZO Cannaregio 97/d, Venezia (VE)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il bene in esame è direttamente collegato alla figura professionale della #perlera/èr#: quest’ultima, grazie ai saperi, abilità, pratiche incorporate apprese e consolidate nel tempo, crea artigianalmente le perle di vetro. La perla in sé, la cui attestazione risale già dall’Età del Bronzo, presenta molti e significativi aspetti, basti pensare al suo ruolo economico in diversi contesti, ai possibili impieghi come ornamento, come simbolo di status, al suo ruolo in riti di passaggio o in rituali apotropaici, solo per citare alcuni esempi. In questa sede però appare opportuno, più che soffermarsi sul manufatto o approfondire come e quando la millenaria tradizione della lavorazione del vetro giunse e si sviluppò a Venezia (il più antico documento attestante la produzione in città è datato 983 d.C.), ricostruire, seppur brevemente, la storia di questa peculiare figura professionale. Confrontando diverse fonti scritte, si evidenzia l’esistenza di alcuni precorritori. Innanzitutto, coloro che fabbricavano i cosiddetti “veriselli” o #verixélli#, termine usato per indicare gemme in vetro ad imitazione di quelle vere molto usati alla fine del Medioevo. Nel 1319, questi oggetti sono esplicitamente citati nel Capitolare dell’“Arte delli Christallieri”, ma le fonti concordano nel ritenere che sicuramente la loro produzione fosse ben attestata a Venezia già negli anni precedenti. Oltre ai #verixélli# producevano anche i cosiddetti #paternostri# che in veneziano indicano i grani del rosario e i loro creatori erano definiti #paternostrèri#. Si segnala che l’abilità nella creazione di perle di vetro a imitazione di pietre naturali era tale che la Serenissima predispose articolate regole e controlli nella commercializzazione delle suddette perle sul suo territorio, in particolare se accompagnate da montature in oro. Vi era però anche una seconda categoria di progenitori: i “cristallieri”, quest’ultimi, per creare i grani, lavoravano a freddo, attraverso molatura di cilindretti di #canna# di vetro forata, mentre i #paternostrèri# lavoravano i cilindretti a caldo. Nel 1511 l’“Arte dei paternostrèri” viene inclusa e aggiunta a quella dei “cristallieri” che diventa “Arte delli Christallieri et Paternostèri”. È noto che durante tutto il Cinquecento la richiesta di perle di vetro divenne altissima, a causa dell’espansione coloniale con l’apertura di nuovi e vasti mercati come, ad esempio, verso le Americhe e l’Africa. Intanto si fa strada a Murano la produzione di una nuova tipologia di #paternostri#, più piccoli, creati da #canna# forata e lavorate a “ferazza” o “feraccia”. In commercio si potevano quindi trovare perle create con gli #spei da paternostri#, bastoncini in cui infilare cilindretti di #canna# forata per arroventarla a caldo, perle create da canna forata sezionata e molata (come, ad esempio, la perla rosetta) o perle create a #ferace# dove i cilindretti di #canna# forata venivano sottoposti a un complesso e lungo procedimento per creare le cosiddette #margaritine#, cioè perline molto piccole, simili a semi (oggi note come #conterie#). Questo procedimento di lavorazione resterà pressoché invariato fino all’introduzione, nel 1817, di nuovi metodi. Tornando alla nascente produzione di #margaritine#, quest’ultima si afferma a tal punto che nel 1683 si istituisce ufficialmente l’“Arte dei Margaritéri” con un loro statuto. Come già accennato, per creare le perle, ci si serviva, come materia prima, di bacchette di vetro, #canne# forate e poi tagliate in cilindretti. La dinamicità dei saperi e il fermento creativo del periodo ispirarono una importante novità. Nel tempo ci si rese conto che l’uso di una #canna# di vetro compatta, piena, era molto più consona a essere rammollita al fuoco e poi avvolta. Questa tecnica consentiva la realizzazione di innumerevoli tipologie di perle. Pur non esistendo una data certa sulla nascita di tale tecnica, molti storici affermano che probabilmente si sviluppò verso la fine del Cinquecento. Questo procedimento consisteva nel lavorare a lume, ovvero avvalendosi di una lucerna alimentata da grasso animale e immettendo aria con un mantice e gli artigiani che la utilizzavano vennero denominati #suppialùme#. La prima fonte scritta di questa denominazione è datata 1612 e non avevano una loro corporazione: se all’inizio facevano parte dei #paternostrèri#, verso la metà del Seicento nasce la “Mariegola dei Suppialùme”. Un altro aspetto interessante che emerge dalle fonti storiche è che i #suppialùme#, potevano benissimo lavorare da casa, allestendo facilmente una postazione di lavoro. Nel frattempo inizia gradualmente ad affermarsi una nuova denominazione per questa figura professionale che lavora davanti a una lampada: il #perlèr#. Nel 1670 il passaggio è completato con l’istituzione dell’“Arte dei Perleri”. I #paternostrèri# e i #perleri# continuavano però a condividere i medesimi privilegi (forme di tutela da parte della Repubblica di Venezia). Le fonti indicano che questo proliferare di termini e di relative dispute su chi produceva cosa e come, perdurò fino al 1764 circa quando un documento ufficiale fece chiarezza su alcune nomenclature: il vetraio lavora in fornace, i #margaritèri# a #ferace#, i #perleri# con "la lume". A complicare ulteriormente la terminologia, si deve aggiunge che il termine #contarie# o #conterie# per molto tempo indicò tutte le tipologie di perle e non solo quelle piccole, a semenza. La crescente concorrenza estera, causata anche dalla fuga di alcune maestranze dell’arte all’estero, contravvenendo alle rigide regole della Serenissima in campo di esclusività dei saperi, causerà un calo progressivo della produzione. A seguire, la caduta della Serenissima, l’arrivo dei francesi, il blocco navale napoleonico, lo scioglimento delle corporazioni portarono un significativo e complesso periodo di crisi nel settore del vetro che perdurò anche agli inizi dell’Ottocento causando incertezza e molta precarietà. Una timida ripresa nel secondo quarto dell’Ottocento via via si consolida grazie all’intraprendenza dell’emergente borghesia e alle innovazioni tecnologiche. Nel 1840, ad esempio, si introduce l’uso del gas al posto del grasso animale per alimentare il fuoco. In questo periodo nascono ditte a conduzione familiare che impiegano anche lavoratori a domicilio, ditte ben organizzate, spesso su base parentale e familiare. Dalla metà Ottocento si assiste a una vera e propria rinascita causata da una felice contingenza di fattori tra i quali: migliorie nelle strumentazioni, invenzione di nuove tipologie di perle, creazioni di nuovi colori per le bacchette di vetro…Le perle di vetro furono ben accolte dalla moda dell’epoca, la richiesta aumentò esponenzialmente tanto che, fino circa agli anni Trenta, Venezia avrà il monopolio dell’esportazione di #conterie#. Alla fine del XIX secolo nasce la Società Veneziana per l’Industria delle Conterie che riuniva 17 ditte con molti lavoratori dipendenti e a cottimo. La Società chiuderà definitivamente nel 1993 e gli spazi, acquistati dal Comune, sono oggi dedicati a mostre ed eventi temporanei in connessione con il Museo del Vetro di Murano. Nella creazione di perle, non vi era parità di genere, come in molti altri settori: per molto tempo il fabbricante di perle era una professione quasi esclusivamente maschile. I progressivi cambiamenti socio, economici e culturali, uniti all’incremento della domanda di mercato, portarono, da metà Ottocento, a una progressiva femminilizzazione del lavoro delle perle a lume sia a domicilio che all’interno laboratori, ribaltando la proporzione, tanto che oggi, il numero di #perlere# è maggiore di quello dei #perleri#. Nuove trasformazioni arrivano dopo la Seconda Guerra Mondiale: a Venezia la nascita di nuovi poli industriali e la parallela decolonizzazione post conflitto portarono a un nuovo forte calo della produzione di perle di vetro la quale, però, non si è mai fermata, pur non raggiungendo più i volumi di produzione del passato, grazie a piccole e medie imprese artigianali, spesso a conduzione familiare, ancora attive sul territorio veneziano. L’ininterrotta produzione ha premesso di tramandare e perpetuare fino ad oggi una buona parte dei saperi, delle tecniche di realizzazione e delle memorie inerenti quest’arte, le quali, unite all’intrinseca dinamicità delle tradizioni artigianali e al confronto reciproco tra detentori e praticanti, assicurano una sua vitalità (BERTAGNOLLI SEGA URBANI DE GHELDOF 1989, ZECCHIN 2005, PANINI DI SALVO 2007, MORETTI 2009, DE CARLO 2012, SARPELLON 2022)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Beni demoetnoantropologici materiali
  • FUNZIONE E MODALITÀ D'USO Il tubicino di rame cavo è il supporto che serve per avvolgere intorno a sé porzioni di vetro molle nella creazione della perla di vetro
    Durante la fase di creazione della perla, la materia incandescente deve continuamente essere tenuta in forma, perché nel fuoco la massa tende a calare. Per contrastare questo fenomeno si deve ruotare continuamente il tubicino di rame ma spesso è necessario sistemare le estremità della perla con uno strumento apposito spesso definito #sposta cui#
  • AUTORE DELLA FOTOGRAFIA Cottica, Claudia
    Cottica. Claudia
    Claudia Cottica
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà privata
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500736811
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Venezia
  • DATA DI COMPILAZIONE 2024
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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