abbazia, Abbazia Sant'Angelo (ca SECOLI/ X)

San Chirico Raparo, SECOLI/ X ca

L’abbazia fu eretta al di sopra di una grotta naturale (dentro la quale possono essere ammirate ancora oggi stalattiti e stalagmiti dall'importante valore geologico) ad opera di San Vitale, il quale pose le basi di una prima chiesa più piccola, poi ampliata nel corso del X secolo. Il complesso abbaziale vero e proprio, monumentalizzato ed ampliato nel corso dei secoli, si dispone lungo le pendici del monte Raparo ed è organizzato su più livelli. Il katholikon, ovvero la chiesa principale del monastero edificata al di sopra della grotta, presenta una pianta a navata unica voltata a botte e incrociata da un transetto rudimentale anch'esso voltato a botte. Lateralmente si aprono delle piccole cappelle, le cui volte, simili alle precedenti, si elevano fino al livello della botte centrale. Nel mezzo, su quattro mensoloni ad angolo, s' innalza il tamburo cilindrico, su cui poggia la cupola. All'esterno il tamburo della cupola e l'abside aggettante sono decorati con archetti leggermente rilevati. La cupola a calotta è ricoperta da un tetto a gradini. All'interno della chiesa sono conservati alucini affreschi di cui però si distinguono oggi a malapena alcune figure di santi vescovi disposte in fila nel registro inferiore dell'abside. I santi tengono in mano dei lunghi cartigli che recano scritti in greco salmi in lode dell'Onnipotente. Alcuni sono vestiti con le cappe ornate dalle croci nere dei monaci basiliani e tutti indossano l'omophorion che ne attesta la dignità vescovile. Secondo le scarse notizie reperibili nelle fonti scritte, nell'abside era raffigurata la Comunione degli Apostoli, mentre sul muro a sinistra prima dell'innesto dell'abside, al di sopra dell'altare della prothesis, era raffigurato San Lorenzo, uno dei diaconi della Chiesa, che aveva il compito di assistere il sacerdote ed aiutarlo a distribuire l'eucarestia. La grotta sottostante è ricca di stalattiti e stalagmiti, con numerose gallerie e vasche a più gradini, bagnate dalle acque della fonte Trigella. Poco dopo l'ingresso si aprono, scavate nel tufo, delle celle, e su una delle pareti dell'angusto corridoio, per cui si accede all'interno, si vede dipinto un religioso inginocchiato davanti alla figura dell'arcangelo Michele rappresentato in abiti regali e con il globo crucigero nella mano sinistra databile all'XI secolo. Dopo il progressivo abbandono, probabilmente nel corso del XVI secolo, dell'insediamento monastico – trasformato in abbazia con il subentrare dei monaci benedettini tra il 1291 ed il 1308 – alcuni dei suoi pregevoli arredi furono trasferiti nella chiesa matrice del paese di San Chirico, dedicata ai SS. Pietro e Paolo, dove ancora si trovano

  • OGGETTO abbazia
  • CARATTERI AMBIENTALI L'Abbazia di Sant'Angelo fu costruita alle pendici del Monte Raparo e si ritiene che fosse appartenente al primo nucleo abitativo del paese di San Chirico fondato da una comunità di monaci basiliani che, fuggiti dai loro paesi, fondarono un primo nucleo del complesso religioso. Probabilmente il primo luogo di culto coincise con una cavità naturale carsica, scelta proprio dai monaci per stanziare il primo cenobio dedicato a Sant'Angelo e San Michele. Poco distante dall'Abbazia sgorga vigorosa una vena d'acqua dalle viscere della terra, che un tempo muoveva perdine le macine di due molini. La particolarità di questa fonte, la fonte Trigella (dal latino trigelida=molto fredda), è che fluisce solo a primavera e d'estate; un fenomeno singolare spiegato con la cosiddetta “teoria dei sifoni”: le acque derivanti dallo scioglimento delle nevi del Monte Raparo si convoglierebbero in rivi ed in laghi sotterranei, che una volta raggiunto un certo livello, traboccano con forza all'aperto. fonte Trigella (dal latino trigelida = molto fredda). Da questa fonte il poeta Giovanni Pontano, uno dei più eminenti rappresentanti dell'umanesimo italiano, trasse ispirazione per ambientarvi il mito della ninfa Ripenia e del fauno Capripede
  • AMBITO CULTURALE Ambito Lucano
  • LOCALIZZAZIONE San Chirico Raparo (PZ) - Basilicata , ITALIA
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Con la conquista normanna dell'Italia meridionale, tra XI e XII secolo, l'abbazia conobbe un periodo di splendore e vide crescere il suo prestigio nell'ambito della regione monastica greco-ortodossa definita del Latinianon, cioè nell’area compresa tra la Media Valle del Sinni, l’Alta Valle dell’Agri e la regione monastica del Mercurion, lungo la vallata del Lao-Mercure. Tra XIII e XIV secolo, l'abbazia passò dall'ordine greco-bizantino all'ordine benedettino. Agli inizi del XV secolo il monastero fu dato in commenda; tra i commendatari più importanti e longevi ci fu la famiglia dei Sanseverino, che contribuirono a far crescere il prestigio e la bellezza del monastero, infatti nel XVI secolo si dedicarono a diversi interventi di consolidamento ed abbellimento della struttura: fu restaurato l'altare, rafforzata la struttura portante e la copertura e realizzato l'ingresso posto a meridione. I Sanseverino, inoltre, commissionarono diverse opere d'arte per l'abbazia, tra cui alcune opere di pregio del pittore Simone da Firenze, uno dei più apprezzati artisti dell'epoca in Basilicata. Dal XVIII secolo l'abbazia è stata abbandonata ed inevitabilmente la struttura ha subìto danni dovuti all'incuria e parziali crolli, anche a causa di diversi terremoti (dicembre 1857 e luglio 1930). A partire dal 1927 l'Abbazia è stata dichiarata "Monumento Nazionale" sia per la sua qualità e partiolarità architettonica, e sia perchè testimonianza tangibile degli insediamenti monastici italo-greci del Mezzogiorno. Esso ricade all'interno del Parco Nazionale dell'Appenino Lucano Val D'Agri Lagonegrese
  • TIPOLOGIA SCHEDA Scheda anagrafica
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente religioso cattolico
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1700220994
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio della Basilicata
  • ENTE SCHEDATORE Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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