parco, naturale, Riserva Naturale delle Cesine (non determinabile)

Vernole, non determinabile

La Riserva Naturale e Oasi WWF delle Cesine si estende per circa 350 ettari e custodisce l’ultimo tratto della vasta zona paludosa che un tempo caratterizzava la costa adriatica salentina; essa rientra in altre, importanti misure amministrative che hanno lo scopo di garantire la conservazione degli habitat e della biodiversità che custodisce: è, infatti, dichiarata Zona Speciale di Conservazione (questo strumento ha l’obiettivo di garantire lo stato di conservazione soddisfacente degli habitat e delle specie in esso presenti) e Zona di Protezione Speciale (ZPS, zona di protezione posta lungo le rotte di migrazione dell'avifauna). La particolare complessità degli habitat della Riserva rende Le Cesine un’area a elevata valenza naturalistica ed è proprio il mosaico di questi ambienti interconnessi che garantisce la conservazione della complessa biodiversità tipica dell’habitat mediterraneo. Dal punto di vista faunistico, sono numerosissime le specie di notevole valore: dalle farfalle (come la Vanessa del Cardo e il Macaone), agli anfibi (presenti con diverse specie di rane, rospi e tritoni) o ancora ai rettili, tra i quali spiccano la testuggine palustre e il colubro leopardino; non mancano i mammiferi, tra cui il tasso e la faina e, più di recente, il cinghiale e il lupo. Inoltre la Riserva si trova lungo una delle principali rotte migratorie e ospita numerosissimi uccelli acquatici: sono state riconosciute ben centottanta specie di uccelli! Dal punto di vista vegetazionale la gran parte della superficie è ricoperta da bosco di pini d’Aleppo e pini domestici a cui si sostituiscono, nelle zone più interne, macchia mediterranea, uliveti e aree coltivate. L’ambiente di maggiore interesse naturalistico e di straordinaria biodiversità è costituito dalla zona umida: si tratta di grandi superfici ricoperte da canneti, aree palustri, acquitrini e due grandi specchi d’acqua retrodunari, “Li Salappi” e “Il Pantano Grande”, alimentati prevalentemente da acque meteoriche sebbene, in occasione di forti mareggiate che sfondano l’esile cordone dunare, l’acqua del mare riesca a raggiungere i pantani, variandone così la concentrazione salina. Il nome Cesine deriverebbe dal termine latino caedere (tagliare), da cui “bosco ceduo” che richiamerebbe l’antica prassi di tagliare gli alberi e bruciare le aree boschive per ottenere terreni più fertili. Le aree paludose sono da sempre considerate malsane e inadatte allo stanziamento umano sia per il clima poco salubre sia per la presenza della zanzara anopheles, portatrice di malattie. Inoltre, i terreni stagnanti non erano produttivi, perciò nei primi anni del 1900, dopo quasi due decenni di progettazione, su iniziativa del Consiglio Provinciale di Terra d’Otranto fu avviata un’azione di bonifica integrale del litorale a sud di Lecce (in cui ricade anche l’area delle Cesine) che prevedeva la realizzazione di una fitta rete di canali, pozzi e infrastrutture di servizio che permettessero all’acqua che stagnava nelle numerose aree acquitrinose di scorrere verso i bacini principali o direttamente in mare; al contempo, furono effettuate delle piantumazioni di specie arboree utili all’assorbimento delle acque stagnanti residue (salicornie, eucalipti e pioppi). Alla realizzazione delle importanti opere di bonifica lavorarono prevalentemente braccianti locali (ai quali fu ceduta una piccola parte dei terreni ormai bonificati) ingaggiati e coordinati da un’azienda emiliana specializzata nel settore, la “Bonifiche Ferraresi”. Dallo studio delle cartografie di progetto del complesso sistema idraulico e dalla lettura delle relazioni ottocentesche emerge un aspetto poco noto dell’area paludosa delle Cesine che non costituivano solo un pericolo per la salute dell’uomo e un ostacolo per lo sviluppo delle pratiche agricole più intensive: esse rappresentavano una risorsa di gran valore per le comunità dei borghi che “affacciavano sulla palude” che alle Cesine pescavano, raccoglievano il sale marino, coltivavano alcune piante tessili (canapa e lino), praticavano l’allevamento e la pastorizia e conservavano la neve! La riserva custodisce, inoltre, la Masseria Cesine, sede dell'Oasi WWF, edificio turriforme a due piani e pianta quadrata, di impianto cinquecentesco, a cui sono stati aggiunti nel tempo addossati locali di servizio

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