San Michele Arcangelo sul Monte Faito
Vico Equense,
VI
Il Santuario è sito nelle cittadine campane di Vico Equense, Castellammare di Stabia e Pimonte sul Monte Faito, luogo dove si narra che durante il quinto secolo si raccolsero in preghiera san Catello e sant'Antonino
- OGGETTO santuario diocesano
- LOCALIZZAZIONE Vico Equense (NA) - Campania , ITALIA
- INDIRIZZO Via Nuova Monte Faito, Vico Equense (NA)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Il culto micaelico, nell’Arcidiocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia, ha radici molto antiche. Il Santuario di San Michele, fu costruito nel VI sec. dai santi Catello e Antonino, sulla cima più alta dei Monti Lattari (1443 mt); questo monte, nell’antichità, era conosciuto anche come “Monte Aureo o Gauro” e da alcuni come “Monte Sant’Angelo a tre Pizzi” (o Molare per la sua conformazione). Negli ultimi decenni del VI sec., a causa dell’invasione dei Longobardi e alle angherie dei Bizantini, gli abitanti delle città che sorgevano alle falde dei Monti Lattari abbandonarono la pianura ed emigrarono sull’altopiano del Faito, dove l’acqua non mancava e dove era possibile trovare pascoli. Gli stabiesi, guidati dal vescovo Catello, abbandonate le loro case ed i campi e si rifugiarono sulla montagna; ad essi si unirono gli abitanti della penisola sorrentina, dell’agro-nocerino e quelli del versante dei Monti Lattari che guarda il golfo di Salerno guidati dal Vescovo Pimenio (cf. “Lettera del Papa S. Gregorio Magno ad Antemio”, legato pontificio per la Campania, in Libro VI, epistola 22). Anche il monastero di Montecassino fu saccheggiato dai Longobardi. I monaci dovettero fuggire e si recarono a Roma. Il monaco Antonino, invece, vagò per la Campania finché non arrivò a “Stabiae”, l’attuale Castellammare di Stabia. Qui conobbe Catello, che era il Vescovo, e divenne suo amico. I santi, in ossequio alle disposizioni di Papa Gregorio Magno, non abbandonarono il popolo, ma lo guidarono in un luogo sicuro, sul Faito. Qui Catello e Antonino, desiderosi di vita contemplativa, pregavano insieme in una grotta nelle vicinanze di “Porta Coeli”, la cosiddetta “Grotta di San Catello”. Una notte, furono illuminati dalle apparizioni in sogno dell’Arcangelo Michele, che ordinò loro l’edificazione di un tempio in Suo onore, lì dove vedevano ardere un grosso cero, in quel posto da dove si dominava il golfo e si ammirava il Vesuvio. Fu subito costruito un rudimentale oratorio in legno, sul monte Aureo o Gauro. L’Anonimo Sorrentino così attesta: “Nocte enim tempesta unus et idem utrique apparens: Volo, inquit, ut in quo loco vos orationibus insistere soletis, et ubi cereum ardentem nuper vidistis, oratorium sub meo nomine construatis. Qui cum de nomine interrogatus, Archangelus Michael respondisset, disparuit. Qui confestim expergefacti cum alter alterius eamdem visionem audisset et retulisset mutui testimonii autorictate confirmati, angelico praecepto assentire parant. Accinguntur deinde strenui divinae fabricae opifices, et ligneis compaginibus parvum quidem sed Archangelo monitori gratum habitaculum prospero successu aedificarunt” (il testo dell’Anonimo è pubblicato in “Acta Sanctorum Anteverpicem”, t. II, 1648, 789-79). Il tempio, edificato prima in legno, fu ricostruito in muratura, al ritorno di san Catello dalla prigionia in Roma, e coperto col piombo donatogli dal Papa. Si dice che, durante la costruzione, san Michele mostrasse il Suo compiacimento attraverso vari prodigi. Dapprima salirono al tempio pastori ed agricoltori, finché san Catello fu accusato di stregoneria da un prete di Stabia, tale Tibeio; san Catello fu richiamato dal Papa a Roma e tenuto prigioniero, finché al nuovo Papa San Gregorio Magno apparve in sogno sant’Antonino, che gli intimò di liberare l’amico (cf. G. Centonze, “San Catello negli Acta Santorum”, Biblioteca Stabiana, 4, 2020). Il santuario di san Michele ben presto divenne meta di pellegrinaggi. Nell’anno 870 Bernardo, un monaco francese, di ritorno da un pellegrinaggio in Terrasanta, si propose di visitare i tre più celebri santuari dedicati a san Michele Arcangelo: sul Gargano, in Normandia, al Monte Aureo (attuale Faito). Giunto a Stabia via mare non trovò la forza di ascendere al Faito, per cui visitò la Grotta di san Biagio, poiché anche qui, all'epoca, si venerava il culto di san Michele dove è custodito un maestoso affresco parietale dell’Arcangelo, dipinto sicuramente prima dell'870 (cf. “Itinerarium Bernardi monachi Franchi, in Itinera e descriptione Terrae S.”, Ed Tobler I, 318; U. Dovere (a cura di), “Bernardo il saggio monaco franco. Itinerario dei luoghi santi”, M. D’Auria editore, Napoli 2003, pp. 60-65). Nel tempio, accanto all’altare di san Michele, sorsero gli altari dei santi fondatori, Catello e Antonino. Dal VII all’XI sec. l’edificio fu ufficiato dai monaci di san Benedetto che procurarono anche il titolo di “Abbazia” all’edificio sacro; quando i benedettini lo lasciarono, esso continuò a conservare il nome di Abbadia e il sacerdote che lo custodiva e ne amministrava i beni, aveva il titolo di Abbate “Abbas SS. Angeli de Monte Aureo”. Con il passare degli anni il luogo di san Michele ha avuto immensi possedimenti e ciò fu motivo di grandi contese (cf. F. Di Capua, op. cit., pp. 43-67). Nel 1604, il pio e dotto Vescovo di Castellammare di Stabia, Girolamo de Quiros, monaco cistercense, aggregò “in perpetuo” la suddetta Abbadia al Capitolo Cattedrale stabiese. Dal 1604 fino al 1866 i beni dell’Abbazia furono gestiti dallo stesso Capitolo Cattedrale, poi furono incamerati dal demanio del Regno d’Italia per effetto delle leggi eversive. Dai documenti conservati negli archivi di Castellammare di Stabia e di Napoli si resta meravigliati per lo zelo che i vescovi ed i canonici stabiesi esplicarono sia nel provvedere alla manutenzione del santuario, sia nel dare maggiore solennità alle funzioni religiose che si celebravano e nell’accoglienza dei pellegrini. Nel 1646 i canonici supplicarono il Papa Innocenzo X di concedere l’indulgenza plenaria a tutti i fedeli che visitassero la Chiesa di san Michele del Monte Aureo nel giorno 31 luglio, incominciando dai primi Vespri della vigilia fino al tramonto del sole del giorno seguente. Il Sommo Pontefice concesse il privilegio spirituale con un Breve in data 18 ottobre 1646. In difficili circostanze le popolazioni erano solite rivolgersi a san Michele, che li proteggeva dalla cima del Faito. A Sorrento è ricordato, con particolare enfasi, il patrocinio dell'anno 1558: il 12 giugno la città fu attaccata da più di cento galee turche. Sorrento fu saccheggiata, i giovani furono ridotti in schiavitù e gli anziani massacrati. I cittadini scampati alla strage si recarono al Faito per implorare l’intervento divino; i presenti assistettero alla miracolosa sudorazione di manna, sgorgante dalla statua dell’Arcangelo. Nei secoli successivi il prodigio della sudorazione era molto frequente, come è testimoniato dai numerosi documenti tra il XVII e il XVIII secolo. Tra le sudorazioni miracolose, documentati negli atti degli archivi Capitolare stabiese, risulta particolarmente tangibile quella del 31 luglio 1714: “la statua di marmo di d.to Santo scaturì il solito sudore, ma in grandissima copia più dell'altri anni, à segno tale che più s'asciugava colla banbace tanto più grondava a rivoli (...)”. Nel 1689 un fulmine diroccò il tetto dell’abbazia, l’anno successivo il Capitolo riparò il danno e provvide all’ampliamento; in seguito, nel 1694 furono eseguite altre riparazioni per conservarne la staticità. Nel 1703, su proposta del Vescovo e del Capitolo, i sindaci e i decurioni del Comune di Castellammare di Stabia, corroborata da regio assenso, proclamarono san Michele “compatrono” della città, e stabilì che ogni anno, il giorno 31 luglio, vigilia della Dedicazione della chiesa sul Monte Aureo, una delegazione presentasse all’Arcangelo il dono di due torce. Il 19 gennaio, in un anno della prima metà del XVIII secolo, il sacerdote stabiese Giuseppe Cerchia si recò al santuario per celebrare la festività di san Catello; in tale occasione la sommità del monte era coperta di tulipani: fiori che non fioriscono sui monti e, certamente, non nella stagione invernale, furono raccolti e mostrati, destando grande stupore in città. La chiesa fu consacrata il 28 settembre 1762 da mons. Giuseppe Coppola e fissò la festa della Dedicazione della chiesa il 31 luglio e 1 agosto. In tale occasione fu resa transitabile la strada che portava al tempio. Nel 1818 il santuario fu distrutto da un incendio; ricostruito dopo anni di lavori, il 29 luglio 1843 da mons. Angelo Scanzano fu nuovamente riconsacrato. Due giorni dopo si rinnovò il miracolo della sudorazione della statua e “parte di quella bambacia” fu portata al vescovo al Real Casino di Quisisana per presentarla al Re. Dalle cronache capitolari si evince che ogni giorno si celebrava la messa e due feste erano vissute in modo solenne: la “festa della Dedicazione” (31 luglio-1 agosto) e la “festa di san Michele” il 29 settembre. Alcuni fedeli si attendavano sulle pendici del Faito, altri sulla spianata della Conocchia, altri nelle vicinanze della vetta, e lì rimanevano chi per quattro o cinque giorni, chi per una settimana e più. I pellegrinaggi cessarono nel 1862, quando per causa dei briganti, che profanarono anche il luogo sacro, i monti divennero poco sicuri. Un fulmine colpì la statua dell’Arcangelo, frantumandola. Il santuario fu abbandonato e divenne un mucchio di macerie. La statua ricomposta alla meglio fu trasportata, il 20 dicembre 1862 nel duomo di Castellammare di Stabia (cf. G. Centonze, “I pellegrinaggi sul Faito e il miracolo di San Michele”, Longobardi, Castellammare di Stabia 2008). Dal 1862 fino alla fine della Prima guerra mondiale, il santuario sul Monte Aureo fu praticamente abbandonato per i fatti bellici, per l’ingiuria del tempo e degli uomini, ma non la devozione e il culto all’Arcangelo. Tra la prima e seconda guerra mondiale, su iniziativa di fedeli laici, si riaccese la mai spenta devozione all’Arcangelo Michele sul Faito. Per la riedificazione del nuovo santuario si pensò a un luogo più accessibile, diverso da quello del Monte Aureo. La scelta cadde sulla Cima Cercasole nello spazio donato dai Principi Colonna di Roma, da don Antonio Acanfora e da Casimiro Donnarumma. La prima pietra fu benedetta dal vescovo Federico Emmanuel il 24 ottobre 1937, le operazioni, seguite dal commendatore Amilcare Sciaretta, funzionario della Banca d’Italia, furono sostenute dalle “scalate del mattone”: i cittadini portavano, con un'ascesa devota e faticosa, un mattone in dono a san Michele. I lavori furono interrotti a causa della seconda guerra mondiale; ripresero nel 1947, grazie alla generosità del commendatore Sagliocco e all'intervento del Provveditorato alle Opere Pubbliche di Napoli. Il 24 settembre 1950 mons. Federico Emmanuel benedisse la chiesa al suono delle campane, opera della fonderia Capezzuto, dono delle città di Castellamare, Sorrento, Pimonte e Pompei. Il 3 settembre 1957, su richiesta del Vescovo Agostino D’Arco, Pio XII con un Breve Apostolico dichiarò san Michele del Santuario del Faito ″Patrono dei bancari″ (cf. Archivio Apostolico Vaticano, Segr. Stato, Brevi Ap. 770, ff, 5r- 15v). E in data 16 febbraio 2022, l’Arcivescovo di Sorrento-Castellammare di Stabia, Mons. Francesco Alfano, con Decreto Prot. n 42/22, ha confermato la chiesa in onore di San Michele Arcangelo sul Monte Faito, quale Santuario Diocesano a norma del 30-1234 del Codice di Diritto Canonico con tutti i privilegi ad esso connessi, perché eletta tale dai fedeli battezzati ab immemorabili. L’ 8 settembre 2022, Papa Francesco, attraverso la Penitenzieria Apostolica, Prot. N. 970/22/I, ha concesso l’Indulgenza Plenaria a tutti i fedeli che si recheranno al Santuario nei giorni del 1° agosto, nella dedizione del medesimo Santuario (dai primi vespri del giorno 31 luglio) e del 29 Settembre, giorno di festa di San Michele Arcangelo (dai primi vespri del giorno 28). Il 30 luglio 2023 il Quadro della Madonna Pellegrina di Pompei è giunto al Santuario di san Michele (viaggiando in treno partendo alle 15.30 dalla stazione Eav Pompei Scavi-Villa dei Misteri per giungere a Castellammare di Stabia mezz’ora dopo e, da lì, salire, in funivia, verso il Faito) per l'occasione è stata benedetta una tela del Maestro Ciro De Rienzi in cui l’artista ha raffigurato “Bartolo Longo e l’Arcangelo del Faito”, che suggella la grande devozione dell'avvocato Longo per San Michele Arcangelo a cui consacrò il santuario e le opere di carità di Pompei (cf. Longo Bartolo, A San Michele Arcangelo Principe di tutti gli Angeli di Dio: novena, invocazioni ed inni, Pompei, Scuola Tip. Pontificia per i figli dei carcerati, 1930). Il quadro è stato donato dalla famiglia Ravallese-Dello Ioio. Il Santuario è stato, nell’ottobre 2023, ulteriormente arricchito con la tela “L’apparizione dell’Arcangelo ai santi Catello e Antonino” del Maestro Michelangelo Della Morte, dono di Raffaele Cioffi
- TIPOLOGIA SCHEDA Modulo informativo
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente religioso cattolico
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 15-ICCD_MODI_9365337949761
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione
- ENTE SCHEDATORE Pontificia Facoltà Teologica "Marianum"
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DOCUMENTAZIONE ALLEGATA
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- LICENZA METADATI CC-BY 4.0