Tempio Nazionale a Maria Madre e Regina di Monte Grisa (Santuario di Monte Grisa)
Il Santuario Nazionale Mariano si erge maestoso sulla sommità del Monte Grisa, a Prosecco, sul Carso triestino, 350 m. sul livello del mare. Luogo di spirituale rinnovamento e di pace interiore costituisce un bene di interesse culturale in quanto rappresenta l’emblema ed il sigillo finale di complesse vicende politiche e religiose che hanno caratterizzato la città di Trieste alla fine della seconda guerra mondiale e dunque sia degno di particolare tutela secondo quando prevedono l’art. 10 comma 3 lett. d) e l’art. 13 del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Il Santuario di Monte Grisa è una tappa di interesse importante per i gruppi in pellegrinaggio verso e di ritorno a Međugorje. Qui i gruppi celebrano la Santa Messa in ringraziamento alla Madonna
- OGGETTO santuario nazionale
- LOCALIZZAZIONE Trieste (TS) - Friuli-Venezia Giulia , ITALIA
- INDIRIZZO Località Contovello, 455, Trieste (TS)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE La lunghissima genesi del Tempio Mariano - dal 30 aprile 1945 al 22 maggio 1966 - è strettamente legata al dipanarsi delle vicende politiche e culturali internazionali contemporanei. La costruzione del Santuario è legata agli eventi della seconda guerra mondiale. In seguito all’armistizio dell’8 settembre 1943, Trieste e la Venezia Giulia si trovano ad essere in diretta dipendenza del Terzo Reich, inserite in una zona di operazioni denominata ″Adriatisches Küstenland″ in un rapporto di diretta dipendenza della Germania. Il nazionalsocialismo voleva presentarsi a Trieste come naturale successore e continuatore dell’Impero asburgico: venne, infatti, riconosciuta la sua natura plurinazionale con conseguenti misure linguistiche a favore degli slavi, ma soprattutto il ruolo di naturale sbocco al mare di tutte le province meridionali tedesche. Alcune frange della borghesia mercantile della città individuarono in questa situazione un miraggio di rinnovata prosperità economica che le spinse alla collaborazione con le autorità germaniche. Nello stesso tempo la resistenza italiana e quella slovena non riuscivano a trovare un terreno d’intesa a causa della questione nazionale: sin dal 1941, il movimento di resistenza jugoslavo vedeva nella guerra l’occasione storica per riunire il grande porto adriatico e il suo retroterra allo stato jugoslavo. Trieste e la Venezia Giulia, oggetto di concorrenti aspirazioni germaniche e jugoslave, stavano per diventare uno dei grandi problemi politico-territoriali del secondo conflitto mondiale. Fin dal 1944 si era diffusa la voce che, al momento opportuno, le forze germaniche avrebbero distrutto tutti gli impianti di elettricità, acqua e gas presenti nel capoluogo giuliano. Inoltre, quando le sorti del conflitto volsero a sfavore del Terzo Reich, si provvide a mirare il porto con la prospettiva di farlo saltare se i Tedeschi avessero dovuto abbandonare Trieste. In questo terribile momento si distingueva la figura di mons. Antonio Santin nato a Rovigno d’Istria nel 1895, aveva compiuto studi teologici a Gorizia, Maribor, in Carniola e a Vienna. Non aveva esitato a difendere le organizzazioni giovanili cattoliche, quando nel 1931, il regime fascista aveva deliberato di scioglierle. Divenuto vescovo di Fiume nel 1933, fu trasferito alle unite diocesi di Trieste e Capodistria nel 1938. Il 15 aprile del 1943 aveva indirizzato, insieme con altri vescovi, un memoriale a Mussolini, denunciando le violenze del regime contro i fedeli sloveni e croati. Dopo l’armistizio, e quindi la consegna della sua diocesi al Terzo Reich, intervenne ripetutamente per cercare di salvare la vita agli ebrei e agli antifascisti italiani e slavi che erano stati imprigionati. Nel frattempo si rivolgeva alla Santa Sede affinché convincesse le autorità americane a non bombardare Trieste, ritardando fino al 10 giugno 1944 il primo bombardamento sulla città. Dopo la conferenza di Jalta (4-11 febbraio 1945), alle formazioni armate del Comitato di Liberazione si univano anche i partigiani locali, che conquistavano alcuni edifici. Mons. Santin proseguiva le trattative per il ritiro del Comando tedesco. Ecco alcune parole dello stesso mons. Antonio Santin: ″Mi prende un senso di profonda insicurezza. Tutto stava crollando. Il pericolo incombeva da ogni parte. Con l’animo angosciato feci voto che se la Madonna avesse ottenuto da Dio la salvezza di Trieste, avrei eretto in suo onore una chiesa in ringraziamento″ e così scrisse sul verso di un’immagine della Vergine: ″Qui sull’altare della mia cappella davanti al SS.mo Sacramento, oggi, 30 aprile 1945, festa di Santa Caterina da Siena, patrona d’Italia, e apertura del mese di Maria, alle 19 e 45, in un momento che è forse il più tragico della storia di Trieste, mentre tutte le umane speranze per la salvezza della città sembrano fallire, come vescovo indegnissimo di Trieste mi rivolgo alla Vergine Santa per implorare pietà e salvezza. E faccio un voto privato e uno che riguarda la città. Questo secondo è il seguente: se con la protezione della Madonna di Trieste sarà salva farò ogni sforzo perché sia eretta una chiesa in suo onore. Antonio Vescovo″ (Santin Antonio, Al tramonto: ricordi autobiografici di un vescovo Trieste, LINT, 1978, p. 41). L’occasione si presentò nel 1958 quando durante la Conferenza episcopale italiana a Roma si decise di tradurre in realtà l’auspicio di Pio XII, secondo il quale l’Italia doveva essere consacrata al Cuore Immacolato di Maria. Si stabili di preparare la popolazione a questo evento facendo passare la statua della Madonna di Fatima per novantadue capoluoghi di provincia, un pellegrinaggio, che partendo dalla Sicilia, doveva concludersi a Trieste. In quell’occasione il cardinale Giacomo Lercaro, arcivescovo di Bologna, formulava la proposta di concludere l’itinerario mariano a Trieste con la posa della prima pietra dedicato a Maria Regina d’Italia. La proposta di intitolazione del tempio a Maria Regina d’Italia aveva sollevato un malcontento che indusse Jacob Ukmar (Trieste, 13 luglio 1878 - Trieste, 2 novembre 1971), protonotario apostolico e collaboratore del presule triestino, a scrivergli una lettera nella quale si leggeva: ″Da più parti sento che l’erezione di un Tempio Mariano sotto il titolo di «Regina d’Italia» qui a Trieste non farà buon sangue. Gli Sloveni sarebbero tutti contrari, ma anche molti italiani. Essi trovano inopportuno che sul territorio abitato da due nazioni e quasi al confine con lo stato jugoslavo venga scelto un tale titolo″ (Rebula Alojz, Jacob Ukmar, Milano, Studio tesi, seconda edizione, 1992, p. 104). Nel 1959 mons. Santin espose l’iniziativa al Santo Padre, Giovanni XXIII, che lo approvò con viva soddisfazione e lo incoraggiò esprimendo in quella occasione il desiderio che il Tempio venisse dedicato a Maria Madre e Regina. Nell’omelia del Corpus Domini, mons. Santin ne diede l’annuncio alla città, comunicando anche la scelta del luogo dove sarebbe dovuto sorgere. Il passaggio della ″Madonna Pellegrina″ attraversò l’Italia suscitò un enorme entusiasmo di fede e di devozione: gran parte delle offerte fu raccolta in quella occasione. Ma anche i triestini ed i profughi dell’Istria risposero con generosità al dovere di mantenere il voto. La ″Madonna Pellegrina″ giunse a Trieste il 17 settembre 1959. Due giorni dopo, sotto la direzione dell’ingegnere Pagnini, veniva posta la prima pietra del Tempio mariano, sul più alto ciglione del Carso. Il rito era presieduto dal cardinale Giacomo Lercaro, cui facevano corona il cardinale Urbani, patriarca di Venezia e presidente della Conferenza Episcopale Italiana, i vescovi di Catania, di Trieste e di tutta la regione triveneta, il sottosegretario di Stato in rappresentanza del Governo e le autorità religiose, civili e militari del luogo, mentre il papa Giovanni XXIII, tramite un radiomessaggio, sottolineava l’intenzione che il Tempio superasse idealmente i confini nazionali. Mons. Joao Pereira Venancio, vescovo di Leira, nella cui giurisdizione si trova il Santuario di Fatima, fece eseguire dallo scultore Alberto Barlusa di Braga, lo stesso che aveva modellato la statua della ″Madonna Pellegrina″ che aveva visitato tutte le città italiane, una copia identica e volle portarla personalmente dal Portogallo a Trieste e custodirla nel nuovo Santuario. La statua arrivò a Napoli da Lisbona a bordo del Transatlantico ″Giulio Cesare″, custodita nella Cappella di bordo, e da Napoli a Trieste con la Motonave ″Saturnia″. La sacra effigie arrivò a Trieste il 7 giugno 1960 e fu posta nella Cattedrale di San Giusto per quasi sei anni, fino all’insediamento del nuovo Tempio. Il Santuari fu consacrato il 22 maggio 1966 dal Patriarca di Venezia Giovanni Urbani alla presenza del cardinale Ildebrando Antoniutti, Prefetto della Congregazione dei Religiosi, ed il cardinale Arcadio Larraona, Prefetto della Congregazione dei Riti, cui fecero corona altri venti Vescovi della Regione Triveneta e di altre diocesi italiane. Nella stessa occasione fu consacrato l’Altare maggiore dal Cardinal Ildebrando Antoniutti, l’Altare del Santissimo Sacramento da Monsignor Raffaele Radossi, Arcivescovo di Spoleto-Norcia, e l’Altare della Madonna di Fatima da Monsignor Antonio Santin. Al termine della funzione comparve, sui teleschermi installati nella Chiesa, il volto del Santo Padre, Paolo VI, che volle ricordare l’evento straordinario della Consacrazione della Nazione italiana al Cuore Immacolato di Maria, compiuta dai Vescovi italiani a Catania il 13 settembre 1959. Questa solenne Consacrazione del Santuario di Monte Grisa diede il via ai pellegrinaggi, grandi e piccoli che si susseguirono numerosi e oggi ancora continuano dall’Italia e dall’estero (Soragni Ugo, Relazione storica-artistica Tempio dedicato a Maria Madre e Regina di Monte Grisa, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Direzione per i beni culturali e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia.). Il primo maggio del 1992 Sua Santità Giovanni Paolo II, oggi venerato come Santo, visitò il Santuario. Il Papa offrì al popolo un bel discorso e una preghiera alla Beata Vergine Maria che resterà come ricordo indelebile della sua visita (50° Anniversario del Tempio Nazionale in La Nuova Voce Giuliana, a. XVI, n. 344, 1 maggio 2016, p. 4.)
- TIPOLOGIA SCHEDA Modulo informativo
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente religioso cattolico
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 06-ICCD_MODI_4288147863071
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione
- ENTE SCHEDATORE Pontificia Facoltà Teologica "Marianum"
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DOCUMENTAZIONE ALLEGATA
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- LICENZA METADATI CC-BY 4.0