Mura in località Trabocchetto (cinta fortificativa, struttura di fortificazione)

Reggio di Calabria, post 600 a.C - ante 401 a.C

Il complesso, destinato alla difesa della città nel versante occidentale, è posto in posizione dominante a quota 120 s.l.m. e si affaccia dal lato ovest un ripido vallone, mentre dal lato est domina tutto lo Stretto. Esso si articola in due distinte cinte murarie. La più antica (VI sec. a.C.?) è costituita da un muro in mattoni crudi, ad andamento nord-sud, largo 2.35 m, conservato per un’altezza di 3.30 m e per una lunghezza di complessivi 45 m. Al muro, dal lato est, verso la città è contrapposto alla distanza di 4 m un aggere realizzato con lo stesso impasto di argilla e paglia usato per fabbricare i mattoni. Questi ultimi sono di forma quadrata di 42 cm di lato, alti 8 cm e sono legati con argilla; si possono distinguere due tipi di mattoni uno più ricco di paglia ed argilla ed un altro contenete una maggiore quantità di sabbia, analogo a quelli impiegati nel muro della Collina degli Angeli. La mancanza di uno zoccolo in pietra, fatto inconsueto può forse spiegarsi con la particolare natura del suolo naturale della collina, costituito da sabbie e ghiaia del quaternario superiore, che ne assicurano il drenaggio. La seconda cinta muraria, conservata solo in fondazione ingloba ed utilizza come emplecton il muro più antico; essa è realizzata in blocchi di arenaria friabile di 130x70x45 cm, disposti ad assise alternate per testa e per taglio, costituenti un paramento isodomo regole impiegato soprattutto nelle cinte murarie e in particolare nelle torri, specialmente in quelle realizzate in pietra friabile (cfr. R. Martin, Manuel d’architetture greque, pp. 387ss., pp. 400ss. fig. 174b: tecnica legata più strettamente all’Attica ed al Peloponneso). Questa più recente fortificazione, databile alla seconda metà del IV sec. a. C., si articola in un muro ad andamento nord-sud (che sostanzialmente mantiene il medesimo orientamento della cinta arcaica) contraffortato dal lato est, verso la città, da analemmata di forma triangolare, con il lato lungo verso l'esterno, posti ad intervalli regolari di 4.70 m (per l'uso dei contrafforti cfr. A.Y. Lawrence, Greek aims in fortification, p. 203, fig. 144.5 e, a Napoli nella prima della metà del IV sec. a.C., E. Gabrici, NSc 1906, p. 443 ed E. Gabrici, Mon. Ant., XLI, 1951, col. 559). Essi sostengono dei muri (anteridi) costituiti da un solo filare di blocchi, legantisi ad angolo retto, e situati ad angolo di 45° con il muro esterno. Essi hanno la funzione di imbrigliare e contenere il terrapieno formato da materiale eterogeneo (muro in mattoni crudi e suo crollo). Muri analoghi con identica funzione sono presso il tempio di Apollo Palatino. Davanti a questo complesso rimangono labili tracce di un muro situato ad un livello più basso di cui purtroppo, appunto per la scarsezza dei resti, è difficile precisare la funzione (torre, scala piattaforma per macchine da guerra?). La fondazione ha un numero di blocchi variabile per adeguarsi al pendio della collina, come consueto nelle opere di fortificazione. Alcuni blocchi presentano tracce di restauri antichi, contemporanei alla messa in opera, effettuati mediante grappe di bronzo; alcuni sono contrassegnati dal marchio di cava K e talvolta hanno gli incavi utilizzati per la messa in opera. Essi inoltre recano sui lati lunghi delle fasce di accostamento larghe ca. 10 cm. La complessità di questa struttura è giustificata dall'importanza della sua posizione strategica, dominante tutte le vie di accesso verso l'interno. Essa senza dubbio è da ricollegarsi allo sviluppo della poliorcetica che ebbe luogo nel corso del IV sec. a.C. e con ogni probabilità si deve porre poco dopo la ricostruzione della città ad opera di Dionisio II

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