Roccanova (insediamento)
La storia delle esplorazioni archeologiche nel comune di Roccanova ha inizio alla fine degli anni Sessanta nell'ambito delle ricerche condotte dalla de La Genière sui siti indigeni dell'area dei fiumi Sinni e Agri, ma numerosi sono i rinvenimenti effettuati in precedenza ad opera soprattutto degli scavatori clandestini. L'area, come dimostrano soprattutto le necropoli oggetto delle pesanti attenzioni dei tombaroli, ha avuto una più larga frequentazione fra il VII ed il IV sec. a.C., sebbene ci siano attestazioni anche per l'età romana, come dimostrano ad esempio gli «avanzi notevoli (atrio, portici con colonne, resti di pavimenti, ecc.) di una villa romana che va assegnata alla fine della Repubblica o ai primi anni dell'Impero» messi in luce nel 1930. Il più importante rinvenimento di Roccanova è il cd. «Ipogeo» di contrada Serre, i cui oggetti di corredo furono acquistati dalla Soprintendenza archeologica della Puglia nel 1910 ed immessi nel Museo di Taranto. Le condizioni del ritrovamento non offrono riferimenti cronologici precisi, ma mentre Guzzo sulla base dei numerosi oggetti preziosi ha dato per certo che si trattasse di un'inumazione pertinente ad una donna del ceto dominante lucano con una cronologia nella seconda metà del IV sec. a.C., invece Pontrandolfo, poiché i materiali all'interno di ciascuna classe non sono cronologicamente omogenei e si distribuiscono in un arco di tempo piuttosto ampio, ha ipotizzato la pertinenza del corredo a più sepolture vicine, appartenute ad uno stesso nucleo, «a meno che non si voglia pensare ad una tomba con più deposizioni, costume funerario fino ad oggi non attestato in area lucana ad eccezione di alcune tombe a camera bisome datate, però, a partire dalla metà del IV secolo a.C.». Il ricchissimo corredo era composto da più di un centinaio di oggetti, fra i quali vanno ricordate 2 collane d'oro con pendenti, 2 fibule in oro, un anello in oro con scarabeo di corniola inciso mobile, vasellame metallico, vasellame a vernice nera e numerosi vasi a figure rosse fra cui molti attribuiti da Trendall all'officina che va sotto il nome del «Pittore di Roccanova». L'indagine più estesa nella zona del comune di Roccanova è stata svolta proprio in contrada Serre, sulle pendici di un vasto pianoro occupato da un insediamento che sovrastava il medio corso dell'Agri, a NE del moderno centro ed a ca. m 1150 s.l.m. Qui è stata esplorata, in gran parte fra il 1969 e il 1970, una necropoli composta da una cinquantina di tombe tutte databili fra la seconda metà del VII e la prima metà del VI sec. a.C.; inoltre, in un'area attigua ma distinta, fu esplorata una necropoli più recente, databile fra la fine del V e il IV sec. a.C. Le sepolture sono generalmente a fossa e talora con copertura di tegole, ma qualcuna era probabilmente anche sistemata in una cassa di legno. Il cadavere è supino con le braccia lungo i fianchi e la testa generalmente rivolta a E; il corpo è circondato dal corredo ceramico e sul petto sono allineate alcune fibule in bronzo. Per i corredi del gruppo di inumazioni più antiche (seconda metà del VII sec. a.C.) sono da ricordare, fra gli oggetti in metallo, le fibule in bronzo del tipo «a navicella» con apofisi laterali e staffa lunga o «ad arco ingrossato» e fra i prodotti ceramici lo scodellone monoansato, una forma vascolare particolare, molto comune anche a Sala Consilina, il kantharos con anse a nastro, collo troncoconico e ventre espanso, con il motivo della L contrapposta dipinta sul ventre, le coppe con bordo ornato da filetti, probabilmente prodotti dalla metà del VI sec. a.C. nelle colonie della costa ionica, e in alcune tombe un lebete in terracotta ispirato a quelli rinvenuti a Policoro, ma decorato con semplici motivi geometrici. Accanto alla necropoli più arcaica si estende quella collegata all'insediamento di VI sec. a.C.; per le sepolture degli inizì del VI sec. a.C. sono ben chiari i legami dei prodotti 'imitazione con le produzioni greco orientali (è il caso dei dinoi, degli skyphoi e dei kothones). La decorazione sui kantharoi si arricchisce di rappresentazioni stilizzate della figura umana. Fra i prodotti ceramici bisogna anche ricordare laskos, forma non più presente nelle sepolture. Intorno alla metà del VI sec. a.C. vi è una drastica riduzione di armi deposte nelle sepolture; secondo i nuovi dettami del comportamento sociale greco il rituale funerario si esprime ormai attraverso il consumo di vino, momento associativo elitario. Poco caratterizzate sono le tombe femminili: infatti, solo in alcune compaiono la fuseruola e il peso da telaio, mentre gli oggetti di ornamento sono presenti in tutti i corredi a prescindere dal sesso dell'inumato. Nella seconda metà del VI sec. a.C. il processo di ellenizzazione di tutta la Val d'Agri - ma anche della vicina valle del Sinni - è ormai da considerarsi concluso, come dimostrano l'adesione all'uso di forme greche o la qualità raggiunta dalla ceramica. Tuttavia è in questo periodo che si ha un vuoto nella documentazione archeologica. Tra la fine del VI e gli inizì del V sec. a.C. tutta l'area è attraversata da una profonda crisi, forse in relazione con la fine del potere di Sibari e di Siris da un lato e dei centri etrusco-campani dall'altro. Il successivo assetto politico con l'avvento lucano e la variazione delle correnti commerciali conferiscono all'area un ruolo ormai eccentrico; la povertà o assenza di dati archeologici si protrae fino al IV sec. a.C., «quando il nuovo ethos comporterà la rinascita dei centri indigeni interni». Infatti, dagli inizì del IV sec.a .C. si assiste ad un nuovo fitto popolamento del territorio, con un notevole sviluppo dell'abitato per nuclei sparsi con piccole unità abitative, sul tipo dell'oikos, legate all'attività agricola, oppure con la ricomparsa nel territorio interno, su alture naturalmente munite, di centri posti a controllo degli itinerari e spesso difesi da mura anche in opera quadrata alla maniera delle città greche. Nel primo caso si tratta di fattorie spesso di modeste dimensioni, realizzate secondo tecniche costruttive greche e spesso autonome nella produzione ceramica. Ad ogni fattoria corrisponde la relativa necropoli con strutture funerarie sempre di tipo greco. Un esempio di questo tipo abitativo di età lucana è stato scavato, anche se solo parzialmente, in contrada San Marcellino, località Piano del Casino. Si tratta di un complesso abitativo di ca. 200 mq, composto da una serie di ambienti di forma rettangolare piuttosto irregolari attorno a un cortile dotato di un sistema di canalizzazione delle acque; fra questi ambienti uno «ha restituito un forno circolare, grandi vasi interrati» ed inoltre pesi da telaio e oggetti da toilette femminile. Per quanto riguarda il secondo tipo di insediamento, che nelle valli dell'Agri e del Sinni sembra costituire «una serie di sistemi complessi di difesa territoriale», un eccellente esempio è stato rinvenuto sempre in contrada San Marcellino, ma questo centro fortificato è ancora poco indagato. Il paramento esterno della fortificazione sembra formato da una fondazione di blocchi di puddinga piuttosto regolari; al di sopra si imposta un filare di blocchi vicini all'opera quadrata. Il paramento interno sembra meno curato, mentre l'emplekton è composto da un ammasso di scaglie di pietra e ciottoli. Oltre ai resti di questa fortificazione vanno ricordate sempre in contrada San Marcellino due necropoli, una in uso fra il VII e il VI sec. a.C., analoga a quella di contrada Serre, e una seconda connessa all'impianto fortificato di IV sec. a.C. Anche in questo contesto sono attestati alcuni sarcofagi in legno. Per le tombe enotrie, cioè di una fase ancora poco conosciuta in questo territorio, i corredi erano costituiti per la maggior parte da ceramiche: oltre a quelle di produzione indigena sono da ricordare le coppe ioniche, di probabile provenienza sirita, molto diffuse oltre che in Lucania anche in Campania. Ciò ha fatto ipotizzare una circolazione di questi prodotti «fra il litorale ionico e quello tirrenico lungo le valli dell'Agri e del Sinni, da una parte, e quella del Noce, dall'altra». Nei corredi numerose sono anche le fibule in bronzo ad arco con tre bottoncini applicati e staffa lunga mentre le inumazioni femminili sono segnalate per le ricche parures ornamentali. Nelle tombe di IV sec. a.C. il corredo funerario distingue nettamente gli individui maschili da quelli femminili e rivela una società conservatrice nell'uso di deporre ancora le armi o di sottolineare il legame con l'oikos. Nel caso delle sepolture maschili è ancora comune la presenza del cinturone bronzeo, della punta di lancia di ferro e del coltello oltre che dello strigile, considerati espressione di distinzione di funzioni e non simbolo di stratificazione sociale. In alcune tombe sono presenti gli spiedi, gli alari e il candelabro bronzeo, ormai solo simboli dell'oikos, che possono quindi rinvenirsi anche in alcuni corredi femminili di rilievo. Il servizio maschile sembra comprendere forme quali oinochoai, skyphoi, gutti, piattelli e tazze; risulta assente il cratere. Indifferentemente sembrano usate pelikai, lekythoi e forse le bottiglie. L'hydria sembra invece caratterizzare solo qualche tomba più importante. In contrada Battifarano scavi abusivi nel 1924 portarono al rinvenimento di una necropoli databile intorno alla metà del IV sec. a.C., probabilmente da riferire ad un insediamento di non grossissime dimensioni. Le tombe sono a camera sotterranea, dotata di ricchi corredi: recipienti ceramici a figure rosse italioti, recipienti in bronzo e ornamenti in oro. Da questa contrada proviene molto probabilmente anche un elmo corinzio di fine VIl-inizi VI sec. a.C., sequestrato «ad un ben noto scavatore di frodo». In contrada Tre Confini è stato rinvenuto un centro difeso da mura (forse a doppia cortina in opera quadrata), costruite su tombe degli inizi del VI sec. a.C. e probabilmente databili alla seconda metà del IV sec. a.C. Infine sono segnalate come provenienti da Roccanova non meglio precisati frammenti di statue di notevoli dimensioni
- OGGETTO insediamento
- LOCALIZZAZIONE Roccanova (PZ) - Basilicata , ITALIA
- TIPOLOGIA SCHEDA Siti archeologici
- INTERPRETAZIONE necropoli; insediamento
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CONDIZIONE GIURIDICA
dato non disponibile
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1700221798
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio della Basilicata
- ENTE SCHEDATORE Museo Archeologico Nazionale della Siritide
- DATA DI COMPILAZIONE 2023
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0