giacimento in cavità  naturale frequentazione antropica

Bisceglie, PERIODIZZAZIONI/ ARCHI DI PERIODI/ Paleolitico-Neolitico-Età del Bronzo

Gli spazi interni alla grotta sono piuttosto ampi, con una volta che raggiunge i 10 m, e particolarmente interessanti si mostrano le evidenze archeologiche messe in luce che occupano un arco cronologico compreso tra il Paleolitico medio e il Paleolitico superiore (complessivamente tra 130.000 e 20.000 anni fa), cui si aggiungono una lunga frequentazione nell’ambito del Neolitico (tra 8000 e 5000 anni fa) e tracce sporadiche inquadrabili nell’età del Bronzo (più di 3000 anni fa). Le prime indagini archeologiche sono state condotte nel 1939 dallo scopritore della grotta, il biscegliese F.S. Majellaro, in seguito riprese da quest’ultimo, tra il 1954 e il 1958, assieme a L. Cardini e a P.F. Cassoli dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana di Roma. Dopo lunghi anni di oblio, le ricerche nel sito sono ricominciate sistematicamente a partire dal 1997 sotto la direzione del Dipartimento di Scienze fisiche, della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Siena e dell’allora Soprintendenza archeologica della Puglia, in collaborazione con il Gruppo Scout di Bisceglie. I primi sondaggi eseguiti all’esterno della grotta permisero già nel 1939 di verificare la presenza di deposito archeologico inquadrabile nel Musteriano (Paleolitico medio; 130.000-35.000 anni fa) e nel Neolitico. Almeno quattro trincee di scavo furono aperte nel 1954 all’interno della grotta, intercettando un discreto numero di strumenti litici, riferibili nuovamente al Paleolitico medio, associati a ossa animali, tra i quali sono stati riconosciuti resti pertinenti a rinoceronte, iena macchiata (Crocuta crocuta), orso, uro, cavallo e cervo. Tali rinvenimenti furono confermati più o meno negli stessi anni con l’apertura di un saggio posto all’esterno della cavità (cosiddetta “trincea H”), dove ossa animali erano nuovamente associate a industria litica del Paleolitico medio, periodo in cui visse l’uomo di Neanderthal. L’ultima fase di frequentazione del Paleolitico è, invece, inquadrabile nell’Aurignaziano e nel Gravettiano (Paleolitico superiore; complessivamente tra 35.000 e 20.000 anni fa circa) e vede la comparsa di Homo sapiens (‘uomo sapiente’). Attualmente queste due culture paleolitiche sono poco documentate sia all’interno che all’esterno della grotta. Tuttavia, uno dei rinvenimenti più importanti avvenne nel 1955, quando nel corso delle attività archeologiche condotte nella porzione centrale della cavità, si rinvenne un femore di Homo neanderthalensis. All’epoca si ritenne che l’individuo non doveva appartenere ad una sepoltura e venne interpretato quale resto di pasto di un predatore. Un’altra importante scoperta avvenne nel 1997, quando in un’area di soli 4 mq, ubicata all’interno della grotta di Santa Croce, a circa 60 m dall’ingresso, è stata messa in luce una sequenza di deposito archeologico che, spessa circa 1,20 m, permise di riconoscere livelli riferibili al Neolitico (VI millennio a.C.- inizi del IV millennio a.C.). Coperti da strati fortemente rimaneggiati, che hanno restituito ceramica dell’età del Bronzo (II millennio a.C.), essi erano costituiti da sabbie grigie, compatte, con elementi di origine vulcanica, intervallati da sottili strati con carboncini. Alla base della sequenza neolitica di particolare importanza fu il rinvenimento di una stuoia in fibre vegetali, inquadrabile in un momento antico del Neolitico (VI millennio a.C.). Al contrario, non si mostrano integri i rinvenimenti riferibili al Paleolitico medio, messi in luce al di sotto della sequenza neolitica in questa porzione della cavità, in quanto fortemente disturbati da tane e da scavatori non autorizzati che, durante gli anni di abbandono tra le due fasi di ricerca, devastarono gran parte del deposito archeologico. Per questo, dal 1998 le indagini archeologiche, che ancora oggi interessano il sito, si sono concentrate all’esterno della cavità fino a comprendere la trincea H aperta da L. Cardini in un’area che, situata a circa 20 m dall’attuale ingresso della grotta, ha rivelato la presenza di evidenze riferibili al Paleolitico medio e al Paleolitico superiore. In quel tempo molto probabilmente questa zona doveva trovarsi vicino all’antico accesso della cavità, la quale avrebbe subito un notevole arretramento in conseguenza dei frequenti crolli che interessarono la volta

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