Lo spostamento della Pietà di Palestrina

a cura di Dalila Segoni, pubblicato il 05/02/2021

Nella prima metà del Novecento, a causa di una grave crisi finanziaria, la famiglia Barberini intraprese delle negoziazioni al fine di vendere parte della prestigiosa collezione di famiglia. Nel 1937, Maria Barberini, discendente della nobile famiglia, si accordò con il noto mercante d’arte Rudolf Heinemann per vendere la Pietà di Palestrina al Metropolitan Museum di New York. Per la vendita del gruppo scultoreo fu stabilita una cifra irrisoria; tanto che l'Ufficio esportazione di Roma bloccò la trattazione. Infatti, per i funzionari era assolutamente irragionevole pagare quella cifra per un pezzo artistico del genere - soprattutto perchè all'epoca era ancora attribuito a Michelangelo. Da questo momento in poi divenne un fatto politico, in quanto fu coinvolto il ministro dell'Educazione Nazionale Bottai e lo stesso capo di Stato, Benito Mussolini.

Regia Soprintendenza ai Monumenti del Lazio, Chiesa di S. Rosalia, Cappella funeraria Barberini, Pietà di Palestrina, oggi nella Galleria dell'Accademia di Firenze, trasporto, 1939-1940, gelatina ai sali d'argento, MPI6099511 Fondo MPI, Archivi Fotografici ICCD
Regia Soprintendenza ai Monumenti del Lazio, Chiesa di S. Rosalia, Cappella funeraria Barberini, Pietà di Palestrina, oggi nella Galleria dell'Accademia di Firenze, trasporto, 1939-1940, gelatina ai sali d'argento, MPI6099511

dal Catalogo

dagli archivi fotografici ICCD IIIF

I funzionari dell'Ufficio esportazione inviarono una relazione scritta al Ministero dell'Educazione Nazionale, in quel periodo assegnato a Giuseppe Bottai: emergeva con chiarezza l'importanza della vicenda sul piano della politica estera in quanto la vendita di un così pregevole pezzo avrebbe diffuso l'idea della debolezza a livello internazionale dell'Italia, nonché avrebbe significato la perdita di un'opera di uno dei giganti dell'arte italiana. Per questo motivo, Mussolini fu informato della vicenda e decise di cogliere al volo l'opportunità, utilizzando la questione a suo favore in un abile mossa di propaganda utile al suo regime. Compromise nella faccenda Gerolamo Gaslini, un industriale genovese coinvolto in un processo per frode fiscale: Gaslini avrebbe pagato la cifra per l'acquisto del gruppo scultoreo dalla famiglia Barberini. Così, nel 1938, l'opera fu definitivamente acquistata dallo Stato italiano grazie ad una ingente somma versata dall'industriale genovese. Naturalmente, anche il Vaticano era interessato alla vicenda ma arrivò troppo tardi: nonostante le indicazioni del diritto canonico, nel Novembre del 1938 la Pietà fu staccata e rimossa dalla nicchia dove era stata posta da tempo immemore. 

L'opera fu scolpita in un blocco di marmo di notevoli dimensioni. Secondo Toesca, il blocco marmoreo fu in precedenza un grande frammento di un'architettura antica: forse un pezzo di architrave o cornicione spezzato; inoltre, in alcuni punti, è possibile osservare come l'opera non sia stata lavorata completamente ma lasciata abbozzata. 

Secondo lo storico Leonardo Cecconi (1691 - 1774), vescovo di Montalto che scrisse la storia di Palestrina nel 1756, l'opera si trovava nella chiesa di Santa Rosalia: era all'interno della cappella funeraria della famiglia dei Barberini, posta sull'altare marmoreo e all'interno di una nicchia, incastonata nella roccia viva. 

Pietro Toesca fu incaricato dal Ministero di seguire il trasferimento della Pietà: con le dovute precauzioni, il gruppo scultoreo fu distaccato e imballato in una cassa di legno.

Come dimostra un breve filmato dell'Istituto Luce , l'opera fu esposta presso il Padiglione dell'Arte durante la Mostra Autarchica del Minerale Italiano, che si tenne al Circo Massimo di Roma dal novembre del 1938 al mese di maggio dell'anno successivo. Organizzata dal Partito fascista e inaugurata dallo stesso Duce, la mostra mirava a mettere in luce la ricchezza del sottosuolo italiano attraverso documenti fotografici, modelli e plastici; ogni padiglione era dedicato ad uno specifico materiale - dalla lignite allo zinco, dal piombo alla grafite. Alla base di questa grande esposizione, vi era la volontà da parte del Regime di promuovere la grandezza della Nazione attraverso padiglioni dedicati a temi più ampi: dalle Armi alle Invenzioni, fino ad arrivare all'Arte. Proprio in questo padiglione, fu esposta la Pietà di Palestrina: l'Istituto Luce conserva delle fotografie che immortalano il Ministro Bottai che presenzia al collocamento del celebre gruppo scultoreo.

Al termine dell'Esposizione, la scultura fu trasferita presso le Gallerie dell'Accademia di Firenze, dove ancora oggi è esposta.

La Pietà di Palestrina, nonostante la sua attribuzione incerta, può essere considerata una splendida scultura marmorea. Nonostante in passato si era certi della sua paternità michelangiolesca, non sono mancati i pareri contrari. Oggi, la questione non si è ancora risolta e lascia aperta a tutti la possibilità di continuare l'attività di studio e ricerca per svelare nuove informazioni.

 

 

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Fotografo non identificato, Chiesa di S. Rosalia, Cappella funeraria Barberini, Pietà di Palestrina, oggi nella Galleria dell'Accademia di Firenze, trasporto, 1939-1940, gelatina ai sali d'argento, MPI6099507 Fondo MPI, Archivi Fotografici ICCD
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Bibliografia

P. Toesca, Un capolavoro di Michelangelo. La "Pietà di Palestrina", Le Arti, Roma, Anno I, 1938 - 1939 - II

Adriano Amendola, M. Giulia Aurigemma (a cura di), Michelangelo: un affare di Stato, Dal Razionalismo al Rinascimento. Per i quaranta anni di studi di Silvia Danesi Squarzina, Roma, 2011